In quasi trent’anni di indagini si è giunti a una sola condanna, quella di un poliziotto per la manomissione di una prova. Ora la prescrizione è quasi certa, Unabomber, colui (o coloro) che per anni ha terrorizzato il Nord Est non pagherà il conto con la giustizia, le vittime non saranno risarcite e chi per anni è stato oggetto di infamanti sospetti non avrà modo di sigillare, anche agli occhi dell’opinione pubblica, la propria innocenza.
L’ultimo rinvio
C’è ancora da attendere. A oltre trent’anni dal primo attentato. Se il Dna ricavato dal riesame, con le nuove tecnologie, dei reperti probatori a carico di Unabomber corrisponda, o no, a una delle undici persone iscritte sul registro degli indagati dopo la riapertura dell’inchiesta.
Se dalla banca dati nazionale del Dna, all’epoca dei fatti non esistente, sia affiorato un profilo genetico compatibile con quello del criminale che tra il 1994 e il 2006 disseminò di ordigni il Nord Est. O ancora se per altre vie sia saltato fuori un nome completamente nuovo e a sorpresa non lo si saprà lunedì 24 febbraio.
Unabomber, trent’anni di misteri: l’identikit dell’uomo senza volto in cinque domande
Per quella data era stato fissato a Trieste dal gip Luigi Dainotti l’incidente probatorio volto a conoscere se il lavoro dei periti fosse sfociato in un nome e un cognome. La risposta non è stata un sì, ma non è ancora un no definitivo.
I periti Giampietro Lago, ex comandante del Ris di Parma, ed Elena Pilli, la consulente del caso Yara Gambirasio, nota per le particolari abilità nell’esame del Dna mitocondriale, hanno chiesto e ottenuto ulteriore tempo. Altri tre mesi. Se ne riparlerà dopo il 24 maggio.
Dall’incarico affidato loro, nel marzo 2023, sono passati quasi due anni, ma il loro lavoro non è finito, anche perché nel frattempo è stato esteso ad altre persone, investigatori compresi, per escludere l’ipotesi che possano aver avuto contatti accidentali con i reperti, inquinandoli.
Fra tanti dubbi una certezza: si avvicina ulteriormente il decorso dei 20 anni anche per gli ultimi 5 dei 29 attentati attribuiti a Unabomber. Dal 2026 in poi qualunque reato eventualmente contestato al criminale non sarà punibile perché coperto dalla prescrizione.
In parole più semplici, anche qualora si scoprisse chi è Unabomber, e se ve ne siano stati più d’uno, nessuno, alla fine dell’iter giudiziario, pagherà il conto.
In 30 anni lo Stato è riuscito a incriminare una sola persona: un poliziotto per la manomissione di una prova
Non una buona ragione per smettere di cercare la verità, come sosteneva a ragione l’ex procuratore della Repubblica di Trieste Antonio De Nicolo, a cui si deve la riapertura dell’inchiesta (oggi proseguita dal suo successore Federico Frezza) a seguito degli input del giornalista Marco Maisano e di due delle vittime, Francesca Girardi e Greta Momesso. Nel rispetto di chi è stato ferito e mutilato e per la dignità di uno Stato che sinora, dall’apertura delle indagini ai giorni nostri, nonostante una spesa monumentale, ha ottenuto in quasi 30 anni una sola condanna: quella di un poliziotto per la manomissione di una prova.
Francesca ancora in attesa di giustizia
Francesca Girardi aveva 9 anni quando, il 25 aprile 2003, raccolse dal greto del Piave, a Fagarè (Treviso), un evidenziatore che si rivelò un ordigno. Esplose mentre lo maneggiava. Perse una mano e un occhio e fu costretta a lunghe operazioni per salvare l’altro.
Quel giorno, prima della detonazione, vide un uomo che la guardava e sorrideva in modo strano. Nella serata di giovedì 20 febbraio è comparsa su Raidue per continuare a chiedere giustizia attraverso la trasmissione Detectives. Ma per il suo reato, già andato in prescrizione, non potrà essere punito nessuno. Se anche la Dea bendata per una volta si girasse dalla parte giusta, tutto questo non basterebbe alle vittime per incassare anche un solo euro.
Niente risarcimento per le vittime
Chi ha subito danni, tanto più se irreparabili, in una società di diritto ha anche la legittima aspettativa a essere risarcito. Stavolta, purtroppo, non andrà così. Ed è la stessa legge a stabilirlo.
Per le vittime il nemico attuale non si chiama più Unabomber, il cui ultimo attentato risale a 16 anni fa. Si chiama prescrizione. A 20 anni di distanza da un reato di attentato per finalità di terrorismo o di eversione o, in ipotesi alternativa, di strage, non è più possibile infliggere una pena al colpevole, nè chiedergli i danni.
Il nemico attuale per le vittime non si chiama più Unabomber, ma prescrizione
Sono già in questa condizione, nella materiale impossibilità di pretendere un solo euro all’attentatore, se individuato, gli aventi diritto di 24 su 29 attentati compiuti tra il 1994 e il 2007, gli altri tre lo saranno nel 2026. E visto questo ulteriore, ennesimo, rinvio, è plausibile che il colpevole, semmai venisse incriminato, non dovrà risarcire nessuna della persone a cui, negli anni, ha fatto del male.
Le indagini
Nella prima ondata di indagini, a finire sul banco degli imputati fu l’ingegnere bellunese Elvo Zornitta, oggi residente a Corva di Azzano Decimo, ma la falsificazione di una prova a suo carico mise la pietra tombale sul procedimento, finito in archivio.
Correva l’anno 2009 e il gip di Trieste Enzo Truccellitto tagliò corto: «Non ci sono elementi per sostenere l’accusa». Oggi Zornitta è stato nuovamente indagato, a distanza di decenni, all’interno del gruppo degli undici. Nel primo caso non andò mai a giudizio, il che rende possibile una nuova iscrizione nel registro degli indagati, altrimenti esclusa dall’ordinamento italiano. Ciò significa che un uomo, innocente fino a prova contraria, si è ritrovato a vivere più di 15 anni della sua vita con addosso il peso dell’infamante accusa di un crimine simile. Non proprio un vanto per uno Stato di diritto.
I fatti
Tra il 1994 e il 2006 il Nord Est è avvolto nel terrore. Trappole esplosive e conseguenti mutilazione in serie iniziano a sconvolgere la provincia di Pordenone, poi si allargano a tutto il territorio tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il primo attentato attribuito a Unabomber risale al 21 agosto 1994, a Sacile, durante la sagra degli Osei. Esplode un cilindro metallico, riempito di polvere da sparo. Il bilancio è di tre feriti lievi. Poi tra il 1994 e il 1996 alcuni attentati in serie: colpite, tra le altre, Pordenone, Aquileia, Latisana, Bibione, Claut e Lignano.
Poi una misteriosa pausa, che dura quattro anni. Nel 2000 il ritorno: un tubo abbandonato sulla spiaggia di Lignano esplode, mandando in coma un carabinieri in pensione, che si salva rimanendo sfigurato in volto. Da lì ancora attentati in serie, dalle conseguenze più o meno gravi.
Si arriva così all’ultimo episodio, del 6 maggio 2006. Nella zona del litorale di Caorle una coppia di fidanzati trova una bottiglia. Lui la raccoglie, la bottiglia esplode, facendogli perdere due dita. Da lì in poi, di attentati riconducibili a Unabomber, più nulla.
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