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Stando a una definizione di Max Weber, “lo Stato è quella comunità umana che, nei limiti di un determinato territorio, esige per sé il monopolio della forza fisica legittima”; pertanto un governo, che esercita il potere esecutivo in uno Stato, è legittimato all’uso della forza fisica.

L’attuale Governo italiano, con la maggioranza politica che lo sostiene, fin dal suo insediamento ha esibito una forma esasperata di esercizio dell’autorità, scadendo in un bieco autoritarismo. Agendo in tal modo, ne ha perso in autorevolezza, la quale invece implica il prestigio, il credito, la stima attribuiti a un’istituzione tenuta in gran conto dai cittadini.

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Ebbene, in questi giorni il Governo Meloni ha perso altri punti in tema di autorevolezza. Ci riferiamo alla condanna del deputato Andrea Delmastro Delle Vedove, Sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, condannato in primo grado dal tribunale di Roma per rivelazione di segreto d’ufficio, il quale non ha ravvisato l’opportunità politica di rassegnare le proprie dimissioni dall’importante incarico di governo ricoperto. In effetti, il deputato Delmastro Delle Vedove, avvocato penalista, piuttosto che esprimere fiducia nella possibilità di far emerge la propria innocenza nei successivi gradi di giudizio, ha preferito urlare al “complotto politico” di una magistratura che sarebbe “buona”, quando chiede – nella figura del pubblico ministero – la sua assoluzione, ma “cattiva” – nella figura del Tribunale giudicante – quando ne sancisce la colpevolezza; l’attuale Sottosegretario alla giustizia non si perita di argomentare sulle violazioni addebitategli e sulla convinzione che successivi gradi di giudizio potrebbero riconoscere la sua innocenza; per giunta l’avvocato Delmastro Delle Vedove sembra trascurare il fatto che in una società civile la dialettica processuale è l’unico topos in cui dirimere questioni di rilevanza giuridica: l’essere organici al potere esecutivo di uno Stato non può implicare automaticamente l’esenzione dal sottoporsi alle legittime attività del potere giudiziario statale.

Il sostegno “garantista” che tutti i partiti di maggioranza hanno espresso al deputato Delmastro Delle Vedove era prevedibile, data la prassi adottata in analoghe circostanze dalle stesse forze politiche. Si pensi alla vicenda della deputata Augusta Montaruli, dimessasi dall’incarico di Sottosegretaria di Stato al Ministero dell’università e della ricerca nel febbraio 2023 a seguito della condanna in via definitiva a 1 anno e 6 mesi: le sono state contestate spese per 25.000 euro, valutate come non attinenti alla funzione istituzionale di consigliera regionale esercitata all’epoca dalla Montaruli in relazione alle vicende del caso “Rimborsopoli” piemontese; comunque la deputata Montaruli ha continuato a ricoprire delicati incarichi parlamentari anche dopo la condanna definitiva, tra i quali la vicepresidenza della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai.

Per non parlare poi della vicenda giudiziaria in itinere dell’imprenditrice Daniela Garnero Santanchè, Ministro del turismo, rinviata a giudizio per falso in bilancio e in attesa della decisione del Giudice per le indagini preliminari per un altro filone di indagini relative a ipotesi di reato di truffa allo Stato sui fondi INPS per l’emergenza Covid; la senatrice Garnero Santanchè ha ripetutamente esplicitato la propria indisponibilità a dimettersi dall’incarico ministeriale, se non previa richiesta della premier Meloni.

Ora mettiamoci nei panni di quel 30% e passa di disillusi cittadini italiani ormai adusi a disertare le urne in occasione di elezioni politiche: quale effetto avrebbe avuto su costoro una scelta di dimissioni, dettate da motivi di opportunità politica, da parte dei tre menzionati soggetti istituzionali? le dimissioni avrebbero fatto guadagnare autorevolezza alla compagine governativa dimostrando, almeno nel loro caso, che il rispetto per la Politica avrebbe prevalso sull’opportunismo, quest’ultimo inteso come “comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni del momento” (Vocabolario on line Treccani).

È di palmare evidenza che il saper esporre problemi complessi così da renderli accessibili a una mente incolta ma capace d’intendere e da mettere questa stessa mente in grado di farsene un’idea propria, rappresenta forse uno dei più difficili problemi di comunicazione; tuttavia una rigorosa cultura della responsabilità politica non strettamente collegata a pronunce giudiziarie sarebbe un buon viatico per il recupero alla partecipazione civica di una bella porzione di italiani disillusi e amareggiati, a prescindere dall’alfabetizzazione funzionale di ciascuno: politici “occasionali” lo siamo tutti quando deponiamo la nostra scheda elettorale nell’urna o quando manifestiamo la nostra approvazione o protesta in un’assemblea condominiale, sindacale, o politica.

Sia chiaro che non stiamo discutendo del tipo di serietà politica mostrata dall’attuale classe dirigente né da quelle che l’hanno preceduta; la questione è ben più profonda: chi fa azione politica aspira al potere, o come mezzo al servizio di altri fini – ideali o egoistici – o per il potere in se stesso, per godere del senso di prestigio che ne deriva.

Troppo spesso si parla di politicanti piuttosto che di politici perché la “professione” di politico si fonda su un’intima “vocazione” animata dalla “causa” per cui si opera: l’interesse superiore della collettività al cui miglioramento si aspira; chi vive “per” la politica, fa di questa, in senso interiore, la propria vita, alimenta il sentimento della propria dignità con la coscienza di dare un senso alla vita per il fatto di servire una “causa”.

Purtroppo, è sotto gli occhi di tutti la constatazione di quanto in basso sia caduto il senso dello Stato e il riguardo per condotte motivate da una rigorosa etica politica, nonostante quanto da tempo il presidente Mattarella vada predicando circa il “bisogno di riorientare la convivenza, il modo di vivere insieme. … Il rispetto verso gli altri rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà” (Messaggio di fine anno 2024). Quanta adeguatezza politica e senso dello Stato o quanta civile riprovazione si rinvengono nei non pochi esempi di politicanti di cui si occupano le cronache giornalistiche? È possibile credere che persone del genere nutrano una nobile, disinteressata “vocazione” per la politica? Le risposte spettano a chi legge.

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