Nell’estate del 1982 uno strampalato gruppo tedesco, gli Spliff, aveva stregato le radio italiane con una canzone pop reggaeggiante dall’emblematico titolo “Carbonara”.
Il testo era un trionfo di luoghi comuni sul Belpaese: “Io voglio viaggiare in Italia / il paese dei limoni / Brigate Rosse e la Mafia sulla strada del sole / distruzione della lira gelati Motta con brio / appuntamento con ragazza / ecco la mamma di amore mio”. E poi spaghetti, carbonara, Asti spumante e via andare così, giusto per dire il livello. Potete immaginare l’indignazione della politica nostrana, appena baciata dalla vittoria nel Mundial di Spagna e come si permettono di infamarci e abbiamo il presidente partigiano e il primo premier non democristiano e la Borsa va a mille e siamo in pieno boom economico e adesso basta con questa fandonia dell’Italia familista, spaghettara e mandolinara e bla bla bla.
Messaggio ricevuto dagli infidi teutonici. E infatti, giusto un anno dopo, un ancor più strampalato gruppo bavarese, gli Schrott nach 8, aveva pubblicato un altro tormentone estivo di altissimo livello – “Zuppa romana” – dal quale, fior da fiore, si potevano cogliere prelibatezze tipo: “Fritti scampi e chianti calamari / ecco per me la Zuppa Romana / maccheroni cannelloni peperoni / ecco per me la Zuppa Romana / Bella donna mamma mia Roma Roma Napoli amore mio / zabaione minestrone fettuccine scaloppine..” e tutto un elenco infinito di primi, secondi e contorni perché, si sa, gli italiani pensano soltanto a mangiare. E pure qui, apriti cielo. C’era il governo Craxi e la Milano da bere e la moda italiana regina nel mondo e la Borsa che andava ancor più a mille e l’Italia nuova locomotiva d’Europa e come si arrogavano questi crucchi di insultarci e basta ed è una vergogna ed è ora di finirla e di nuovo bla bla bla.
Ora, passate svariate ere geologiche, siamo di nuovo allo stesso punto. Uno strampalatissimo cantante (?) estone, tale Tommy Cash, che non si sa se sia più inguardabile o più stonato, in questi giorni sta facendo razzie in rete con la sua canzone – “Espresso Macchiato” – che scolpisce nella pietra il seguente, irresistibile, tormentone: “Mi amore, mi amore / espresso macchiato, macchiato, macchiato, per favore, per favore / Ciao bella, I’m Tomaso, addicted to tobacco, I like my coffee very importante”. Immaginatevi gli ululati, gli strepiti, le maledizioni, gli occhi di bragia dei meglio statisti e dei meglio intellettuali del bigoncio. E questa che cos’è? Sfiducia nel centrodestra? Propaganda sovversiva? Complotto contro la bella ed eroica Italia meloniana che sta facendo l’Italia grande ancora? Chi paga Tommy Cash? Chi lo guida? Chi c’è dietro? A chi giova? Con tanto di dissertazioni sul sovranismo, la patria, la nazione e infine, giusto per dare quel tocco di grottesco, la denuncia del Codacons che chiede l’esclusione immediata della canzone dall’Eurovision.
Insomma, passa il tempo, cambiano le mode, si alternano gli stili musicali, si succedono le repubbliche, che ormai siamo alla terza con tendenza verso la quarta, tutto il mondo è talmente impazzito che sembra di essere in un remake di “Tutti a casa” di Comencini con Alberto Sordi – “Colonnello, accade una cosa incredibile! Gli americani si sono alleati con i russi e sparano addosso agli ucraini!” – ma una cosa non cambia mai. Il vizio degli stranieri, un po’ di tutti, ma generalmente dei paesi nordici, quelli ricchi, quelli evoluti, quelli sviluppati, di trattarci sempre come delle macchiette a forza di frasi fatte, banalità e luoghi comuni. Cosa piuttosto fastidiosa, ovviamente, anche perché da Trieste a Lampedusa ci sono mille tipi di italiani, e allora uno si domanda come mai stiamo sempre lì, cosa c’è dietro questo pensiero così radicato, inscalfibile, diffamatorio. E’ tutta colpa loro, dei mangia hamburger americani, dei mangia rane francesi, dei mangia crauti tedeschi, dei mangia patate inglesi eccetera eccetera? Ci invidiano forse? Ci vogliono imitare senza riuscirci? Sono gelosi di noi, della nostra storia, della nostra cultura, della nostra bellezza venerea callipigia?
Deve essere così. Non può che essere così. E’ senz’altro così. Questi odiosi stereotipi sarebbero giustificati solo se ce li meritassimo. Allora sì, ma solo in quel caso. Per essere chiari, giusto per fare degli esempi assurdi e mai e poi mai accaduti nella nostra storia patria: se avessimo iniziato la prima guerra mondiale con degli alleati e l’avessimo finita con degli altri, se avessimo iniziato la seconda guerra mondiale con degli alleati e l’avessimo finita con degli altri, se avessimo fatto un colpo di Stato pagliaccesco e un Re Sciaboletta avesse detto, ma sì, sono ragazzi, se fossimo quelli che noi stiamo con gli americani, ma anche con i russi, ma anche con i cinesi, ma anche con gli israeliani, ma anche con i palestinesi, se avessimo mandato in pensione per decenni le persone a quarant’anni, se avessimo creato l’undicesimo comandamento “fattura, questa sconosciuta”, se i concorsi universitari e sanitari li decidessero i partiti e i baroni, se avessimo continuato a fare debito che intanto chissenefrega, qualcuno pagherà, se fossimo quelli delle sovvenzioni, delle elargizioni, del reddito di cittadinanza, dell’Alitalia, della Fiat, dell’Ilva, delle Poste, di Trenord, dei forestali calabresi, della Variante della Tremezzina, se fossimo quelli di Fantozzi, del mi manda Picone, del lei non sa chi sono io, qui è tutto un magna magna, Franza o Spagna basta che se magna, il primo che si alza comanda, il più pulito c’ha la rogna, e, soprattutto, del piagnisteo sullo Stato dov’è? lo Stato cos’è? lo Stato non c’è!
Bene, se noi fossimo questa cosa qui, allora avrebbe ragione Tommy Cash a prenderci per i fondelli. Ma visto che noi non siamo, assolutamente non siamo, questa cosa qui e siamo invece onesti, trasparenti, meritocratici e incorruttibili – praticamente degli spartani, praticamente dei corazzieri di Westfalia – come si permette di sbeffeggiarci, quell’insopportabile cialtrone? Chi crede di essere, un italiano?
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