di Davide Achille Daolio*
IL 2024 SI È CHIUSO CON INCERTEZZE
Il 2024 si è concluso in un clima di incertezze che permea il panorama economico e sociale. Tuttavia, in un contesto complesso, esistono strumenti capaci di offrire una visione più chiara del futuro. Tra questi, la demografia si distingue come una delle discipline più affidabili per prevedere, con alto grado di certezza, i cambiamenti della società e del mercato del lavoro nei decenni a venire.
L’IMPATTO DEL DECLINO DEMOGRAFICO SULL’ITALIA
I dati parlano chiaro: l’Italia vive un calo demografico inarrestabile da oltre quindici anni. Dal 2006 la popolazione residente non cresce più naturalmente e, al dicembre 2022, il numero di abitanti è sceso sotto i 59 milioni, registrando un calo di oltre un milione e mezzo rispetto al picco del 2014.
Parallelamente, il tasso di natalità è tra i più bassi al mondo, con una media di 1,20 figli per donna, ben lontano dalla soglia di sostituzione generazionale di 2,1 figli.
Questo fenomeno è accompagnato da un invecchiamento marcato della popolazione: l’età media ha superato i 48 anni, posizionando l’Italia tra i paesi più anziani insieme a Germania e Giappone. Tale squilibrio comporta conseguenze profonde sul sistema pensionistico, sul mercato del lavoro e sulla forza lavoro disponibile.
LA FORZA LAVORO: DATI STORICI E SCENARI FUTURI
Negli ultimi tre decenni il calo delle nascite ha creato uno squilibrio crescente tra coloro che entrano (15 anni) ed escono (65 anni) dalla fascia di età lavorativa.
Il saldo demografico negativo è una costante dal 1995, quando i quindicenni erano già meno dei sessantacinquenni.
Tuttavia, per anni l’effetto negativo è stato compensato da due fattori:
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Saldo migratorio positivo:
- Nei primi anni Duemila, la migrazione netta ha giocato un ruolo chiave nell’aumentare la forza lavoro.
- Nei cinque anni precedenti la crisi del 2007-2008, il saldo migratorio medio era di 313.000 unità annue; recentemente, tale saldo si è ridotto a una media di 160.000 unità.
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Aumento della partecipazione al lavoro:
- Dal 1990 al 2019 il tasso di partecipazione (percentuale di persone dai 15 ai 64 anni che lavorano o cercano attivamente un impiego) è salito dal 60% al 66%.
Nonostante questi fattori compensativi, il futuro appare più problematico. Secondo le proiezioni ISTAT, tra il 2025 e il 2040 il saldo demografico peggiorerà ulteriormente, con un deficit medio di oltre 400.000 persone l’anno tra chi entra e chi esce dall’età lavorativa. Anche il saldo migratorio, nello scenario mediano, si stabilizzerà su livelli inferiori, aggravando il calo della forza lavoro.
EFFETTI SUL MERCATO DEL LAVORO E SULLE IMPRESE
L’impatto del declino demografico si manifesta già oggi:
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Tasso di occupazione:
- Il tasso di occupazione italiano ha raggiunto il record del 62,2% nel 2024, ma questo miglioramento è in parte illusorio, essendo dovuto più alla contrazione della popolazione complessiva che a un incremento reale dei posti di lavoro.
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Sfide principali:
- Squilibrio tra domanda e offerta di lavoro:
- La carenza di giovani qualificati rende più difficile per le imprese reperire personale con competenze aggiornate, aumentando la necessità di investire in formazione interna o attrarre lavoratori dall’estero.
- Ridefinizione dei ruoli lavorativi:
- La scarsità di manodopera potrebbe accelerare l’adozione di tecnologie e automazione, portando alla scomparsa di professioni tradizionali e alla nascita di nuove opportunità in settori innovativi.
- Pressioni sul sistema di welfare:
- L’aumento del rapporto tra pensionati e lavoratori attivi richiederà riforme strutturali, potenzialmente con un incremento della tassazione o una revisione delle prestazioni pensionistiche.
- Squilibrio tra domanda e offerta di lavoro:
STRATEGIE PER IL FUTURO
Per mitigare l’impatto del declino demografico è necessario un intervento coordinato su più fronti:
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Incentivare la partecipazione al lavoro:
- Colmare il divario di genere nella partecipazione al mercato del lavoro, attualmente con un differenziale di quasi 20 punti percentuali, potrebbe aumentare significativamente la forza lavoro complessiva e portare l’Italia ai livelli occupazionali delle economie del Nord Europa.
- Il supporto all’inserimento di giovani, Neet (Not in Employment, Education or Training) e lavoratori over 65 sarà determinante, come dimostra l’esperienza giapponese.
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Promuovere la natalità:
- Incentivare politiche familiari efficaci, nonostante l’impatto sull’aumento delle nascite si manifesti solo a lungo termine, è essenziale per garantire la sostenibilità demografica e la continuità socio-culturale del Paese.
- Interventi mirati sui servizi educativi, congedi parentali e sostegni economici per le famiglie sono fondamentali.
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Investimenti in formazione e innovazione:
- La formazione continua e l’adozione di nuove tecnologie saranno cruciali per aumentare la produttività e affrontare le trasformazioni del mercato del lavoro.
- Le imprese dovranno creare ambienti di lavoro attrattivi per i giovani talenti e sfruttare appieno le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e dall’automazione.
L’obiettivo non è solo contenere i danni, ma costruire un sistema più resiliente, dinamico ed inclusivo. Il declino demografico non può essere ignorato: va governato con decisione e coraggio, trasformandolo in un’opportunità per ripensare le priorità, valorizzare il capitale umano e rilanciare il Paese con nuove strategie di sviluppo.
CONCLUSIONI
Siamo uno dei Paesi alla frontiera della transizione demografica. Essere la prima nazione a trovare soluzioni efficaci per il futuro del lavoro consentirà all’Italia di primeggiare nella vendita ed esportazione di rimedi a un problema secolare, che ben presto interesserà tutti gli Stati.
*Corporate Sales Manager
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