Frosinone, Rally e fatture false, le menti sono ciociare

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Prima i bonifici sui conti delle società cartiere che, in precedenza, avevano emesso le fatture ritenute false, quindi i soldi finivano su conti correnti e carte postepay. I prelievi erano sistematici in Atm diversi, dislocati in gran parte in provincia di Frosinone, nell’immediatezza degli accrediti, fino al totale o quasi della somma bonificata. Sono alcuni dei passaggi che la Guardia di finanza contesta nell’ambito dell’operazione “Cash waterfall” che ha riguardato il mondo delle sponsorizzazioni delle gare da rally. Con le misure eseguite giovedì dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria del capoluogo, diretto dal tenente colonnello Diego Morelli, che hanno portato agli arresti domiciliari i piloti Andrea Minchella, di Cassino, ma residente a Minturno e Vincenzo Massa, di Castro dei Volsci nonché Lorella Rinna di Castro dei Volsci, considerati dall’accusa i primi due organizzatori e promotori dell’associazione, la donna anche promotrice e capo del sodalizio, si è chiuso il cerchio di un’indagine nata nel 2019 sugli sviluppi di una precedente. Indagine, che, anche 5 anni fa, aveva messo nel mirino le società cartiere, cioè operative sulla carta al solo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti. Tuttavia, da allora c’è stato un salto di qualità con l’intervento di altri soggetti con l’impiego di una serie di stratagemmi contabili. Tra l’altro alcuni dei partecipanti all’associazione operano nel mondo dei rally per cui – secondo quanto ricostruito dalle Fiamme gialle – alcune fatture erano riferite alla sponsorizzazione delle vetture partecipanti alle varie competizioni motoristiche.

Oltre ai tre arresti per i quali il gip del tribunale di Frosinone Ida Logoluso ha applicato anche le interdittive dall’esercitare funzioni direttive nelle imprese, risultano in totale 62 indagati tutti per associazione a delinquere (c’è poi un terzo filone per il quale si è proceduto a parte). Per la maggior parte residenti in Ciociaria tra Alatri, Arnara, Ceccano, Cassino, Castro dei Volsci, Ceprano, Ferentino, Fiuggi, Fontechiari, Frosinone, Isola del Liri, Morolo, Roccasecca, Sora, ma anche a Roma, Anzio, Ardea, Fondi, Sabaudia e poi nelle province di Brescia, Como, Varese, Reggio Emilia, Bologna, Livorno, Campobasso, Caserta, Benevento, Salerno, Messina, Catania e Caltanissetta.

Il gip ha disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, della somma di 5,6 milioni di euro nei confronti di 27 società e in caso di impossibilità nei confronti delle persone fisiche nonché il sequestro preventivo di 6,5 milioni a carico di Rinna. In base alle accuse sostenute dal pm Samuel Amari, nel corso delle attività l’organizzazione si sarebbe sempre più allargata con nuovi imprenditori coinvolti e anche nuovi prestanome per le cartiere. Secondo chi indaga, i vertici dell’organizzazione sceglievano le società che emettevano le fatture e gli importi per poi selezionare i soggetti che, materialmente, andavano agli Atm a fare i prelievi per la riconsegna, dietro il riconoscimento di una provvigione.

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L’attività di prelevamento era praticamente quotidiana. E avveniva non solo in Ciociaria, ma anche nelle vicine province di Latina e Roma. Tra gli indagati, invece, c’è chi era addetto ai prelevamenti del denaro, nonché gli amministratori delle società che effettuavano i bonifici che poi stornavano dagli utili. La procura, infatti, ha contestato anche una serie di reati tributari dal 2018 al 2023. E poi, a vario titolo, sono contestati i reati di appropriazione indebita, riciclaggio, autoriciclaggio, intestazioni fittizie di beni (con riferimento all’attribuzione di quote societarie a prestanome per sfuggire alle disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale). Infine, a tre indagati è contestato il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche connesse al Covid. Ma non solo, secondo la procura il sistema di fatturazione e restituzione degli importi in contanti sarebbe proseguito anche durante la pandemia.

I tre arrestati, difesi dall’avvocato Marco Maietta, saranno interrogati la prossima settimana. Avendo ravvisato il pericolo di inquinamento probatorio, infatti, il giudice ha deciso di non procedere con l’interrogatorio preventivo previsto dalla riforma e applicare subito le misure.



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