Banche, ecco il piano della Bce meno regole per farle crescere

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È in arrivo un “piano Draghi” per le banche in Europa, alla stregua del dossier predisposto dall’ex presidente Bce sull’economia. Nei giorni scorsi, Francoforte ha ricevuto da un campione dell’industria bancaria, le risposte a un testo di consultazione “riservato” con le «possibili aree di intervento nella regolamentazione e nella vigilanza bancaria per promuovere la competitività delle banche dell’Ue», si legge nel documento di cui il Messaggero è venuto in possesso. Il rapporto è arrivato ai vertici del colossi europei: Intesa Sanpaolo e Unicredit per l’Italia; Bnp Paribas e Credit Agricole in Francia; Deutsche bank e Commerzbank in Germania; Bbva e Santander in Spagna per citare le più significative. In Italia coinvolta l’Abi.

L’obiettivo «è definire una semplificazione delle regole per ridurre il disallineamento normativo fra Europa e Usa», si legge nel paper. E di semplificazione ha parlato di recente Fabio Panetta. Si parte dalla “Regolamentazione e vigilanza prudenziale”. «Information tecnology: nell’Ue esiste una regolamentazione per garantire la resilienza informatica delle banche. È essenziale che le aspettative della Bce in materia di cloud non aggiungano ulteriori requisiti e vincoli, che non solo aumenterebbero i costi informatici, ma di fatto comporterebbero l’impossibilità per le banche Ue di sfruttare appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie aumentando lo svantaggio rispetto ai concorrenti extra-UE», si legge.

Microcredito

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Quadro macroprudenziale (requisiti patrimoniali e governance): «Le banche europee «sono vincolate da un’ampia gamma di misure macroprudenziali, che non trovano riscontro in altre giurisdizioni. Il quadro normativo dovrebbe essere semplificato e chiarito, partendo dal presupposto che, non essendo necessari livelli più elevati di capitalizzazione delle banche, la revisione non deve aumentare il livello dei requisiti patrimoniali».

Ancora, “Operazioni infragruppo”. Nelle regole Ue sono «ancora presenti vincoli che limitano il libero flusso di capitali e liquidità tra entità dello stesso gruppo (in particolare nel caso in cui siano situate in paesi diversi)». Si prosegue con le segnalazioni sul rischio tasso di interesse (Irrbb) dove gli istituti «soffrono di due livelli di svantaggio competitivo, in quanto, da un lato, il quadro prudenziale dell’Irrbb è più severo nell’Ue che in qualsiasi altra giurisdizione e, dall’altro, gli Stati Uniti non hanno mai attuato gli standard del Bcsb».

AUTONOMIA STRATEGICA

Uno dei punti cruciali è “l’Esposizione delle banche in azioni delle imprese”. Obiettivo del Piano d’azione dell’Unione dei mercati dei capitali era garantire che la revisione di Basilea III evitasse un impatto eccessivo sugli investimenti delle banche in azioni a lungo termine delle pmi. Tuttavia, una nuova norma penalizza le esposizioni in strumenti di capitale da parte delle banche.

Esposizioni delle banche nel debito subordinato: una norma europea stabilisce che gli strumenti di debito che soddisfano le condizioni relative agli elementi e alle passività computabili nel patrimonio di base degli enti creditizi anche ai fini della TLAC (requisito patrimoniale), sono trattati come esposizioni in debito subordinato».

Autonomia strategica: un altro obiettivo della Bce, così come della Commissione Ue, nel delineare le strategie di pagamento al dettaglio e nello sviluppare il progetto dell’euro digitale, è quello di raggiungere un livello più elevato di autonomia strategica e di sovranità nei pagamenti. Tuttavia, questo obiettivo è messo a repentaglio da dipendenze presenti e rischiano di avere un ruolo maggiore in futuro, quando sarà emesso l’euro digitale: a) le piattaforme online di grandi dimensioni possono facilmente acquisire una licenza di istituto di pagamento e diventare distributori di euro digitali; b) il ruolo cruciale dell’elemento sicuro nel futuro euro digitale offline, è prodotto fuori dall’Europa. È fondamentale salvaguardare la competitività delle banche dell’area euro che saranno obbligate a distribuire l’euro digitale, mentre rischiano di limitarsi al ruolo di “fornitore di liquidità”.

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