Un braccio teso è troppo anche per Le Pen. E Meloni resta sola

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“L’unico modo con cui possono vincere è se noi ci ritiriamo. Ma noi non ci ritireremo, non ci arrenderemo. Combattere, combattere, combattere!”, urla Steve Bannon dal podio del National Harbor nel Maryland, di fronte alla folla urlante della Conservative Political Action Conference (Cpac), l’adunata delle destre mondiali riunite in nome di Donald Trump. Mentre conclude il discorso, alle parole “Fight, fight fight!”, il motto che il presidente Usa ha coniato dopo essere rimasto ferito nell’attentato in Pennsylvania durante la campagna elettorale, Bannon alza il braccio destro, mano tesa, saluto nazista. Ed è il secondo tra i trumpiani nel giro di un mese. All’inauguration day del 20 gennaio fu Elon Musk a provarci. Un caso? Chissà. Ma Jordan Bardella decide che è troppo: il giovane leader del Rassemblement National annulla il suo intervento alla convention nazionalista. In un colpo secco, scelta lampo, il partito di Marine Le Pen conferma la linea: mantenersi a distanza dal nazismo, le persone che lo evocano, i luoghi dove la simbologia del Terzo Reich trova ancora spazio. Gli alleati restano col cerino in mano: soprattutto Giorgia Meloni, che interviene al Cpac sabato. Mentre scriviamo, la premier conferma la sua partecipazione in videocollegamento.

L’anno scorso è stata Le Pen ad avviare le pratiche per espellere l’Afd dal gruppo di Identità e democrazia, tre settimane prima delle europee di giugno. Le polemiche scoppiate intorno alle dichiarazioni dell’allora capolista dell’Afd alle elezioni, Maximilian Krah, uno convinto che non si possa generalizzare sulle responsabilità delle SS, sono l’ultima goccia che fa traboccare il vaso per la leader del Rassemblement National. Qualche mese prima, a gennaio, Le Pen aveva preso le distanze dagli ultra-nazionalisti tedeschi dopo l’incontro organizzato insieme ai cugini austriaci dell’Fpo a Potsdam. Riunione semi-clandestina. Doveva restare segreta ma uno scoop giornalistico la porta all’attenzione del pubblico. Al centro dei lavori, la remigrazione, teoria dell’espulsione dalla Germania dei cittadini di origine straniera che delinquono. Presenti anche esponenti della Cdu, cioè i Popolari tedeschi, oltre che militanti dell’Afd, dell’Fpo e rappresentanti dell’alta borghesia tedesca.

Ancora oggi Le Pen mantiene le distanze dall’Afd e la sua leader Alice Weidel. Il secondo posto che i sondaggi le riconoscono alla vigilia del voto in Germania domenica prossima non convince la francese a riammettere l’ultradestra tedesca in famiglia, nonostante lo sdoganamento dell’Afd da parte della nuova amministrazione Usa e le pressioni nel gruppo dei Patrioti. Per Viktor Orbàn, per esempio, il tempo è maturo per riaccogliere i tedeschi. La scorsa settimana, il premier ungherese ha ricevuto Weidel a Budapest. Ma non ha potuto invitarla alla kermesse dei Patrioti a Madrid, proprio per il veto di Le Pen. Anche Matteo Salvini ormai non ha nulla in contrario contro gli alleati teutonici, ammesso che il leader della Lega abbia mai avuto remore contro di loro. Prima delle europee il vicepremier ha sostenuto la scelta dell’espulsione pensata da Le Pen, ma solo in maniera tattica: in quel momento di sondaggi magri rispetto alle percentuali dell’avversaria nostrana Meloni, avere una sponda francese era scelta obbligata.

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La vittoria di Trump sconvolge anche il panorama delle destre in Europa, normalizzando ciò che prima sembrava reietto anche nella stessa galassia sovranista. Il nuovo presidente Usa e il suo braccio destro Musk puntano sull’Afd per avere una Germania allineata al verbo di Washington e di Mosca allo stesso tempo, in perfetta sintonia con la trattativa appena avviata con Putin sull’Ucraina e sulla costruzione di un nuovo ordine mondiale in cui l’Unione Europea conti poco. In un’intervista al Corriere della sera ieri, è lo stesso Bannon a spiegare che “la conquista dell’Europa da parte del movimento Maga comincia domenica, con le elezioni in Germania, dove i nostri alleati otterranno un chiaro e significativo successo”. Il progetto è di “prendere il continente europeo Paese dopo Paese”, continua l’ex consigliere di Trump che ora non è più nel cerchio magico del presidente, ma non per questo è meno generoso di analisi che descrivono uno scenario verosimile almeno nelle intenzioni dei Maga (Make America Great Again).

Proprio il Make America Great Again mette in guardia Le Pen. Dopo la vittoria di Trump, il Rassemblement National è l’unico partito della galassia sovranista europea che lasci trapelare  preoccupazione per gli interessi nazionali che la dottrina del tycoon potrebbe mettere in sofferenza: gli interessi francesi. Una posizione distaccata che riconosce un’unica bussola: l’elettorato francese.

Ed è così che Bardella non ci pensa più di tanto a operare quello strappo che mette in imbarazzo la nazionalista italiana Meloni, premier che finora è rimasta zitta mentre l’alleato Trump stravolge l’Alleanza Atlantica, ricerca accordi con Putin, attacca il presidente ucraino Zelensky e tutta l’Unione europea. Sabato, parlando alla stessa folla urlante che oggi accoglie Bannon e il suo saluto nazista, Meloni farà la sua scelta di campo, qualunque cosa dica.



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