“Il team Trump vuole liberarsi di Volodymyr Zelensky“. E’ un titolo che ha i toni di una sentenza quello con cui l’Economist, settimanale britannico di lunga tradizione e punto di riferimento dell’establishment occidentale, dà voce oggi senza giri di parole alle intenzioni attribuite alla nuova amministrazione Usa sul dossier ucraino: intenzioni che d’altronde sembrano trapelare apparentemente palesi dietro le ultime mosse della Casa Bianca e le contestate dichiarazioni di fuoco di Donald Trump contro il “dittatore” Zelensky.
Chi è Valery Zaluzhny, già popolare comandante delle forze ucraine
Il retroscena dell’Economist trae alimento da un reportage realizzato a Kiev e fa riferimento esplicito al nome dell’uomo che sulla carta ha i numeri per poter subentrare “all’ex comico” ritrovatosi presidente: quello del generale Valery Zaluzhny, già popolare comandante delle forze ucraine destituito ex abrupto l’anno scorso dallo stesso Zelensky.
A pochi giorni dal terzo anniversario della guerra
Gli umori raccolti sul terreno sono quelli di una nazione ancora animata da sentimenti di spirito patriottico a tre anni tondi “dall’aggressione russa” iniziata il 24 febbraio 2022. Ma anche in larga parte “esausta”, si legge nell’articolo. Di qui il richiamo ad un sondaggio di gennaio stando al quale il presidente in carica registrava un calo di consensi al 52%, suo minimo storico nel triennio bellico dopo aver toccato oltre due anni or sono un plebiscitario 90%.
I sondaggi: Poroshenko, travolto da Zaluzhny
Accompagnato da un’ulteriore rilevazione secondo cui Zelensky potrebbe tenere ancora testa al suo chiacchierato predecessore Petro Poroshenko, oligarca visceralmente anti-russo impegnato adesso a tentare di riciclarsi quale interlocutore di The Donald; ma verrebbe travolto da Zaluzhny (con appena il 30% delle intenzioni di voto contro un 65%) nel caso di un’ipotetica sfida elettorale a due con il massiccio ex generalissimo.
Zaluzhny “Salvatore dell’Ucraina”: i giorni decisivi
Zaluzhny, che ha 49 anni, è stato del resto accreditato a suo tempo da media e commentatori locali e internazionali come “il salvatore dell’Ucraina”, in quanto artefice della strategia che si ritiene abbia contribuito a far fallire l’iniziale avanzata verso la capitale dei reparti di Mosca nei primi giorni dopo l’invasione su vasta scala ordinata da Vladimir Putin.
E rimane una figura forte nell’immaginario collettivo di tanti connazionali. Figura che potrebbe assumersi l’onere d’un accordo di pace in cui Putin, nelle parole di Trump, sembra destinato a “dare le carte” vista la situazione sul terreno, mantenendo un margine di credibilità dinanzi alla popolazione; e che tuttavia non è chiaro se – da militare tutto d’un pezzo, non certo sovrapponibile all’immagine del leader fantoccio – sia disposto a capitolare sia sulle concessioni economiche che gli Usa si mostrano decisi a imporre, sia soprattutto sulle pretese dal Cremlino: sui territori ormai occupati, come pure sulla neutralità futura ucraina fuori dalla Nato. Di certo c’è che Zaluznhny con Zelensky ha comunque il dente avvelenato.
Volodymyr Zelensky con Oleksandr Syrskyi (AFP)
Il comandante Oleksandr Syrskyi incontra gli ufficiali a Lyman ( Oleksandr Syrskyi / Telegram)
Sostituito da Oleksandr Syrskyi
Promosso capo di stato maggiore della Difesa nel 2021, appena 45enne, fu infatti da lui inopinatamente rimosso nel febbraio 2024 per far posto ad Oleksandr Syrskyi. Nonostante la nomea di “eroe nazionale” e le aperte riserve del Pentagono. O forse proprio per questa e quelle.
Oleksandr Syrskyi, comandante dell’esercito ucraino (Wikipedia)
Un ricambio giustificato con le resistenze a una “riforma” strutturale delle forze armate, e sfociato poi nella marginalizzazione a Londra dell’indocile generale: retrocesso in abiti civili ad ambasciatore nel Regno Unito, quasi sotto la sorveglianza del governo alleato britannico.
Ma in effetti un ricambio frutto secondo vari analisti del fastidio del capo di Stato di fronte alla popolarità personale di Zaluzhny e al suo atteggiamento più attendista rispetto al cerchio magico presidenziale sui piani di guerra da adottare dopo lo scacco della controffensiva del 2023. Atteggiamento più cauto – e forse più attento alle perdite di vite umane fra i soldati – che verosimilmente si sarebbe rivelato incompatibile anche con l’idea dell’incursione nella regione russa di Kursk: azzardata in seguito senza apprezzabile successo.
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