Mersiha Husagic, est e ovest si incontrano

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


Sono passati trent’anni dalla firma degli Accordi di Dayton che concludeva ufficialmente la guerra in Bosnia-Erzegovina, uno dei conflitti più sanguinosi e complessi della fine del XX secolo. Trent’anni dopo, il ricordo di quegli anni bui è ancora vivido nella mente di chi ha subito l’assedio di Sarajevo, generazioni che convivono con il trauma di aver perso i propri cari, la propria casa e un futuro sicuro; così la regista Mersiha Husagic si chiede, nella sua opera prima Cherry Juice, cosa rimane alla fine di una guerra. Attraverso l’incontro tra i protagonisti Selma e Nikla, la regista riflette sulle differenze tra chi ha vissuto la guerra e chi la osserva da lontano, tra ovest ed est Europa, creando una storia d’amore fuori dai soliti cliché. Con una narrazione che si articola su diversi livelli e linguaggi, come l’animazione e le immagini di archivio, Husagic costruisce una storia commovente che scivola a tratti nella dimensione del documentario, senza mai cadere però nel pietismo grazie a una sceneggiatura spiritosa e intelligente.

Il film parte da un momento particola della storia contemporanea, la fine della guerra in Bosnia – Erzegovina. Come nasce l’idea di questo film?

Avevo tre anni quando scoppiò la guerra in Bosnia che lasciò un segno profondo nella mia famiglia e in ogni bosniaco che conosco. Gli attacchi finirono nel 1995 con l’accordo di Dayton, ma la guerra continuò in una forma diversa, non solo attraverso le sue conseguenze come povertà, disoccupazione e corruzione, ma anche attraverso il trauma. Il trauma non è un ricordo del passato; è un’impronta sensoriale nella nostra mente e nel nostro corpo che plasma la percezione e l’identità del presente. Esplorare il trauma della guerra non era solo un’idea, ma ciò di cui avevo bisogno per comunicare e dare una forma alla realtà con cui sono cresciuta, un contributo contro l’oblio.

Il film ha diversi livelli di narrazione che si intrecciano tra loro grazie a diversi linguaggi come per esempio le immagini di archivio e l’animazione. Come hai lavorato alla sceneggiatura?

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Ho scritto la sceneggiatura in quattro settimane ad Amburgo durante l’ultimo anno della scuola di cinema. Doveva essere un cortometraggio, ma il mio professore mi ha incoraggiata a farne un film. Ero certa di strutturare il film attorno a tre livelli narrativi, ognuno dei quali riflette una fase del trauma: la guerra come punto di partenza e origine delle ferite emotive e psicologiche; realizzare un film come tentativo di elaborare e incanalare il trauma; i due protagonisti come allegoria della connessione umana, come guarigione attraverso le relazioni. Fin dall’inizio volevo integrare immagini d’archivio e l’animazione è emersa in post-produzione. Durante l’editing mi sono resa conto che a causa del budget non eravamo in grado di girare alcuni elementi chiave della storia. Così ho pensato di integrare gli storyboard nel film, poiché la protagonista pensa costantemente di fare un film e vede la storia svolgersi nella sua mente mescolata ai suoi ricordi. Oltre a ciò abbiamo aggiunto la miniatura di una strada devastata dalla guerra, come metafora visiva. Temevo che il film potesse avere troppi livelli narrativi ed elementi multimediali, ma alla fine ho deciso di abbracciare questo approccio frammentato perché riflette il trauma di Selma: un mosaico di ricordi, suoni ed emozioni.

I protagonisti, Selma e Nikla, sono opposti tra loro creando una storia d’amore fuori dai soliti cliché: lei è pessimista mentre lui è pieno di vita; lei appartiene all’Europa dall’est, mentre lui proviene da quella ovest. I due protagonisti incarnano il rapporto tra est e ovest?

Sì, volevo esplorare le due culture con cui sono cresciuta, il mondo occidentale e quello orientale, ma capovolgendo uno stereotipo comune: sento sempre dire che i tedeschi sono emotivamente distanti mentre i bosniaci sono accoglienti, così ho invertito i ruoli. Non volevo che Selma fosse accogliente, non mi interessa creare l’ennesimo personaggio femminile «carino». Volevo anche rompere un sentimento che porto da gran parte della vita: come rifugiata di guerra devi essere umile e simpatica affinché le persone ti accettino; e come donna c’è ancora questa aspettativa patriarcale che dovremmo essere piacevoli e affascinanti. Selma non è la ragazza perfetta: è goffa, ha paura del contatto umano ed è piena di contraddizioni. È solo attraverso Niklas, uno sconosciuto, che si apre di nuovo.

Quest’anno ricorre il trentennale dalla fine della guerra e di alcuni episodi che hanno segnato la storia Europea di fine ‘900 come il Massacro di Srebrenica. Come vive la comunità queste cicatrici?

È difficile. Prima che Hatidže morisse, era una delle Madri di Srebrenica, diceva che la cosa più difficili era il fatto di non poter seppellire i suoi figli; finché non trovò almeno un piccolo ossicino non smise di combattere. La sua rabbia non era rivolta solo ai serbi che avevano ucciso la sua famiglia, ma anche alle Nazioni Unite che erano diventate degli osservatori passivi più che una forza di aiuto. Ciò che rende difficile andare avanti è la negazione delle atrocità da parte dei politici serbi, in particolare del genocidio di Srebrenica. Propagano bugie e una popolazione non istruita ci crederà. Quindi come guarire le cicatrici in un paese in cui la verità è distorta, l’odio tra gruppi etnici è alimentato e il genocidio è negato? Guardando la mia amica e attivista Advija Ibrahimovic, la donna più forte che abbia mai incontrato, ho fiducia per il futuro: ha perso la sua famiglia nel genocidio di Srebrenica, eppure rimane un’anima piena di speranza; ma le bugie devono finire, i politici dovrebbero confrontarsi con la verità.

Dopo trent’anni dalla scoppio della guerra in Bosnia ed Erzegovina, è scoppiata la guerra in Ucraina, come ha percepito questo nuovo conflitto Europeo la società bosniaca?

Si sono tenute proteste a Sarajevo, dove i partecipanti hanno espresso solidarietà all’Ucraina e hanno esortato il mondo a imparare dal passato della Bosnia. Voglio aggiungere che molti studenti in Serbia stanno manifestando contro la corruzione nel loro paese. Hanno il mio più profondo rispetto, poiché le conseguenze delle proteste in Serbia sono molto più gravi che nei paesi dell’Ue. Eppure questi studenti sembrano aver superato la paura del governo e stanno lottando per il cambiamento. Tuttavia sentire alcuni politici tedeschi affermare che la guerra in Ucraina è stata la prima guerra in Europa dalla seconda guerra mondiale mi ha fatto arrabbiare. Questo tipo di cancellazione storica è esasperante.

Il film è la tua opera prima in cui hai rivestito diversi ruoli: regista, sceneggiatrice e attrice. Come è avvenuto il processo di produzione e quali sono state le difficoltà?

La sfida più grande è stata il budget ridotto. Cinquemila euro dalla mia università, parte dei soldi che avevo messo da parte mentre lavoravo come attrice in una serie TV e ho lanciato una campagna di crowdfunding per la post-produzione. Ma era comunque una cifra piccola. Quindi mi sono occupata anche della produzione, del montaggio e dell’animazione. Non era qualcosa che volevo fare, anche se è stata un’importante esperienza di apprendimento. Un film ha bisogno del suo team, di prospettive diverse e noi eravamo solo in cinque a ricoprire più ruoli. Quando guardo il film e penso alle sue imperfezioni, mi ricordo che è quasi un miracolo se siamo riusciti a realizzarlo. Alla fine non si tratta di fare un film perfetto, ma della passione che tutti mettiamo nel raccontare questa storia. Spero che questo amore arrivi al pubblico. È tutto ciò che voglio.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link