Con la Risoluzione n. 13 del 19 febbraio le Entrate hanno replicato a dubbi sul concordato fallimentare con terzo assuntore.
L’Ordine istante ha chiesto di chiarire la tassazione applicabile, ai fini dell’imposta di registro, al decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, disciplinato dall’articolo 124 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 estensibile anche al concordato nella liquidazione giudiziale prevista dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d’impresa), agli artt. 240-253.
Come ricordato dall’istante il concordato fallimentare «rappresenta una particolare modalità di chiusura del fallimento a mezzo della quale l’imprenditore fallito definisce i rapporti pregressi con il pagamento, anche parziale, dei creditori e ottiene la liberazione dei beni soggetti alla procedura fallimentare» e che «la proposta di concordato può essere presentata sia dal fallito (a determinate condizioni), da parte di uno o più creditori o da un terzo, e deve essere approvata dai creditori e poi omologata dal Tribunale».
A tale riguardo, l’Ordine precisa che la fattispecie oggetto di quesito concerne i decreti di omologa del concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore, procedura nella quale «quest’ultimo si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo (art. 1273 c.c.), dietro la cessione delle attività fallimentari».
Vediamo i chiarimenti ADE.
1) Concordato fallimentare con terzo assuntore: imposizione di registro
La problematica interpretativa riguarda la determinazione della base imponibile dell’imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, disciplinato dagli articoli da 124 a 140 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 [cd. legge fallimentare (LF)].
Tale procedura si caratterizza per la duplice circostanza che l’assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo, e dall’altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.
In particolare, nel concordato fallimentare con terzo assuntore è possibile distinguere due effetti:
- uno obbligatorio, che si realizza con l’assunzione degli obblighi derivanti dal concordato da parte del terzo e si sostanzia in una sorta di accollo dei debiti dell’imprenditore fallito da parte dell’assuntore;
- uno traslativo, ossia il trasferimento all’assuntore del patrimonio fallimentare.
La Suprema Corte ha stabilito che «al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all’art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al cit. d.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti
fallimentari trasferiti, tenuto conto che l’aliquota applicabile dipende dalle voci dell’attivo trasferito (cessioni di crediti, cessione di beni, trasferimento dell’attivo) – mentre il contestuale accollo dei debiti – collegato a detta cessione dei beni fallimentari – è escluso dalla tassazione ex art. 21 comma 3, cit. e dalla base imponibile»
La tesi della Corte muove dalla considerazione che gli effetti del concordato con assuntore derivano direttamente dalla legge, tale per cui non può essere paragonato ad un accordo negoziale siglato tra le parti.
In particolare, la Corte ha osservato che nel concordato fallimentare, gli obblighi di pagamento del terzo assuntore, «non possono intendersi alla stregua del prezzo dei beni ceduti (d.p.r. n. 131 del 1986, art. 43, c. 2) in quanto l’assunzione di detti debiti costituisce effetto legale naturale ed imprescindibile, del mezzo di liquidazione alternativo alla procedura fallimentare (mezzo che, come tale, rimane sottoposto al controllo degli organi fallimentari) e, tenuto conto che nella fattispecie in esame non siamo in presenza di un mero contratto con correlativi corrispettivi, per il quale vigono le diverse regole di cui alla citata disposizione. (…).
In altri termini, analizzando la disciplina fallimentare, si osserva come l’assunzione delle passività rappresenti un effetto fisiologico del concordato con terzo assuntore, in quanto disposta direttamente dalla legge e correlata anche all’interesse del terzo assuntore che, animato da intenti legittimamente speculativi, mira a conseguire, dal ricavato della vendita dei beni e dall’esperimento delle azioni, un quid, economicamente apprezzabile, rispetto ai debiti
che si è accollato»
Pertanto, secondo la Cassazione, alla fattispecie in esame deve trovare applicazione la disposizione di cui all’articolo 21, comma 3, del T.U.R., ai sensi del quale «non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (…)» e l’imposta di registro in misura proporzionale deve dunque essere applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.
Alla luce dell’indirizzo assunto dalla Suprema Corte, che viene recepito in questa sede, si devono ritenere superati i chiarimenti forniti sulla questione in esame dalla richiamata circolare n. 27/E del 2012.
In conclusione, il decreto di omologa di un concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore disciplinato dall’articolo 124 e seguenti della Legge Fallimentare, deve essere ricondotto all’ambito applicativo del citato articolo 21, comma 3 del TUR, e quindi l’imposta proporzionale di registro troverà applicazione sui beni dell’attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono ed applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l’imposta di registro prevista nella tariffa.
Le medesime conclusioni valgono anche per quanto concerne il trattamento dell’imposta di registro alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, agli articoli 240-253, in quanto tale istituto non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente ”concordato fallimentare’.
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