Antonio Patuelli (Abi): ecco perché il risiko bancario non ha bisogno di un regista

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L’Europa, vista dal presidente dell’ Abi Antonio Patuelli, è un condominio. Come tale ognuno può esprimere la propria voce. Un po’ come sta accadendo per il risiko bancario italiano. Ognuno dice la sua. Quando si parla di risiko, però, il numero uno dell’Associazione bancaria italiana è perentorio. Non c’è bisogno di alcuna regia. Ogni Autorità ha il suo ruolo.

Domanda. Presidente, come si traduce l’appello del governatore di Banca d’Italia Fabio Panetta a semplificare le regole per le banche ?

Risposta. Condividiamo molto il suo monito e l’abbiamo fatto nostro già da qualche tempo. Nei mesi scorsi abbiamo approvato un documento completo che abbiamo portato a Bruxelles. La nostra richiesta è di una semplificazione normativa: sono state emanate da più soggetti regole, norme, regolamenti, policy con definizioni, che si sono sovrapposte le une alle altre. Abbiamo chiesto quindi un metodo di emanazione delle norme che presuppone che, quando arriva una nuova norma ci sia l’abrogazione esplicita della vecchia, non l’abrogazione implicita che produce incertezza.

D. L’ Europa continua a fare pressing sul consolidamento bancario, sottolineando l’importanza della diversificazione geografica. L’Italia sta più che rispondendo….

R. È chiaro che dal 4 novembre 2014 è operativa l’Unione bancaria europea e in più avevamo Schengen già da prima. È più che ovvia la constatazione che è arrivata dalla Commissione europea: ragionare in logica europea. Non ci sono i confini economici finanziari all’interno dell’Unione Europea.

D. Potrebbe essere necessaria una regia in riferimento a tutte le offerte che sono arrivate?

R. La regolamentazione c’è, ci sono le autorità indipendenti di vigilanza e di garanzia che si debbono esprimere, come ha detto anche il governatore Panetta al Forex. Man mano che arriva il compimento della raccolta dei documenti, la Bce ha un ruolo eminente in proposito. Ha uno statuto costitutivo che è la conseguenza di un trattato europeo dove viene garantita la sua indipendenza, rifiutando l’influenza di qualsiasi altro soggetto. Quindi la regolamentazione c’è. C’è una certezza del diritto. Ci sono anche altre Autorità oltre alla Bce, che non mi metto ad elencare, ma chiaramente è una procedura giuridica che ha tutta la certezza degli attori che si dovranno esprimere.

D. Qual è il ruolo della normativa del Danish Compromise che, come ha anticipato da Milano Finanza, potrebbe fermare o vanificare alcune opa/ops del risiko?

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R. È un’innovazione importante che è stata introdotta nelle normative europee per alleggerire l’assorbimento patrimoniale nei rapporti fra banche e assicurazioni. È chiaro che, essendo una normativa che non ha avuto molte applicazioni fino ad ora, e dovendo essere fra i primi ad applicarla, ci sia anche un dibattito. Vedo anche questo in termini fisiologici e non traumatici. Libertà di pensiero e libertà di opinione sono sempre più che tutelate e ben volute.

D. In che fase è l’Europa? L’incertezza che arriva dagli Stati Uniti che cosa può comportare nei prossimi mesi?

R. L’Europa è varia. La formazione delle opinioni non è automatica. Solo i dittatori e gli autocrati decidono tutto per tutti. Per fortuna, quindi l’Unione Europea è in fase di maturazione. Aveva ragione Jean Monnet nel sostenere che l’Unione Europea si unisce e matura soprattutto nei momenti di difficoltà. A questo proposito vorrei dire una cosa che è sfuggita alla gran parte dei commentatori: il vertice di Parigi, convocato dal presidente francese Macron, pur non avendo il titolo giuridico di una riunione dell’Unione Europea, ha avuto istituzionalmente, moralmente ed anche indirettamente finanziariamente una grandissima importanza: per la prima volta dopo la Brexit, la Gran Bretagna era rappresentata al massimo livello.

D. Come procede il dialogo tra imprese e famiglie con le banche? Segnali di qualche stretta?

R. No, non c’è nessuna stretta. Per essere precisi c’è più offerta che domanda di credito. Se da 23 mesi la produzione industriale ristagna o si riduce, è difficile che si possa pensare che il credito aumenti. Le banche seguono e assistono per le attività a cui sono preposte in via ordinaria. Quindi c’è meno domanda di credito per le imprese e c’è invece una ripresa di domanda di credito per le famiglie per mutui, per la casa, perché c’è una maggiore effervescenza in proposito. Siamo in una fase in cui i tassi non sono più a zero e vi è un’attenzione a risparmiare. A non prendere a prestito e a costi più elevati dei rendimenti dei depositi. Non c’è alcun credit crunch. (riproduzione riservata)



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