sconcertati da attacco del governo al giudice

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Tajani: scelta politica per dare colpo a riforma

«Non vedo un grande fondamento giuridico nella sentenza che ha condannato il sottosegretario Delmastro, mi sembra più una scelta politica finalizzata a dare un colpo alla riforma della giustizia. Andremo avanti, perché va nell’interesse dei cittadini e della stessa magistratura, per me può rimanere al suo posto». Così, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Torino, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

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Gasparri: è vittima di un’ingiustizia

«Per Delmastro il Pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione, ma alcuni magistrati hanno imposto la rarissima imputazione coatta. Il Pm Ielo, non suo cugino, ha chiesto poi in giudizio l’assoluzione, ma è arrivata la condanna a otto mesi. La Serracchiani si è costituita parte civile con altri capetti Pd, assistita dall’ex vice presidente del Csm. Pochi giorni fa la Serracchiani è andata in una sezione romana del Pd con un big della magistratura romana, Albamonte. Chi ha dato torto da sinistra a Berlusconi sull’uso politico della giustizia era in palese errore. Chi poi non sostenne con calore le sue battaglie ha oggi l’occasione per battersi contro una tragedia del Paese: le toghe che fanno politica non giustizia. Delmastro è vittima di una ingiustizia. Berlusconi profeta inascoltato da troppi. Oggi a destra al centro e anche a sinistra dovrebbero in scendere in piazza osannando il suo nome». Lo dichiara, in una nota, il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.

Delmastro, condanna a 8 mesi. Meloni: resta al suo posto

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro nel gennaio del 2023 diffuse notizie coperte dal segreto d’ufficio in relazione alla vicenda del caso dell’anarchico Alfredo Cospito. Lo hanno deciso i giudici della ottava sezione collegiale del Tribunale di Roma, che hanno condannato ad otto mesi l’esponente del governo. Una sentenza che fa esplodere l’ennesimo scontro tra toghe ed esecutivo. «Sono sconcertata, mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione» tuona la premier Giorgia Meloni che poi replica alle richieste di dimissioni che arrivano dall’opposizione: «il sottosegretario rimane al suo posto». «Spero ci sia un giudice a Berlino ma non mi dimetto», sono le parole dell’esponente di FdI subito dopo la pronuncia del tribunale, bollando come «politica» la sentenza e annunciando ricorso in appello. «Io non ho tradito – aggiunge -. Da domani avanti con le riforme per consegnare ai nostri figli una giustizia diversa». La decisione è arrivata dopo circa un’ora di camera di consiglio e ribalta quanto sollecitato dalla Procura, che al termine della requisitoria aveva chiesto per l’imputato l’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo, ossia del dolo: Delmastro, secondo il pm Paolo Ielo, non sapeva, quando le ha divulgate, che fossero notizie segrete. Una tesi già emersa nella richiesta di archiviazione dell’indagine poi respinta dal gip della Capitale. La maggioranza fa quadrato attorno al sottosegretario. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si dice «disorientato ed addolorato» per una condanna che «colpisce uno dei collaboratori più cari e capaci». «Totale fiducia al sottosegretario» aggiunge il capo del dicastero di via Arenula che poi avverte: «continueremo a lavorare insieme per le indispensabili e urgenti riforme della giustizia». Dall’altra parte dello schieramento politico, le opposizioni chiamano in causa la premier. «Lo deve far dimettere» dice la segretaria del Pd Elly Schlein mentre per il presidente del M5S Giuseppe Conte «la principale colpevole di questo grave andazzo è” la presidente del Consiglio. Per il leader di Iv, Matteo Renzi, la questione è che «uno come Delmastro non merita di stare al governo per quello che dice, non per le condanne che prende».

Dal canto suo Angelo Bonelli, il deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde e autore della denuncia da cui è partita l’indagine, taglia corto affermando che «questa destra non ha alcun rispetto delle istituzioni e, in questo caso, ha sfruttato il proprio ruolo per divulgare segreti con l’obiettivo di attaccare l’opposizione». Al centro del procedimento ci sono alcune dichiarazioni fatte in Parlamento dal vicepresidente del Copasir e responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli nel febbraio di due anni fa. Il collega di partito di Delmastro riferì alla Camera il contenuto di conversazioni avvenute nell’ora d’aria nel carcere di Sassari tra Cospito – poi protagonista di un lungo sciopero della fame per protestare contro il regime del carcere duro – e detenuti di camorra e ‘Ndrangheta, anche loro al 41 bis. Informazioni che Donzelli aveva avuto proprio dal compagno di partito, che ha la delega al Dap. Quanto riferito dal sottosegretario a Donzelli faceva parte di una informativa proveniente dalla amministrazione penitenziaria, su cui era apposta la dicitura «a limitata divulgazione», predisposta sulla base dell’osservazione in carcere dei detenuti e che lo stesso Delmastro aveva chiesto di visionare. I colloqui indicavano l’auspicio che quella contro il carcere duro diventasse una battaglia comune tra boss mafiosi e l’anarchico. I giudici hanno riconosciuto al sottosegretario le attenuanti generiche, la sospensione della pena e applicato l’interdizione di un anno dai pubblici uffici. Respinte, invece, le richieste di risarcimento avanzate dalle parti civili, quattro parlamentari del Pd che avevano incontrato Cospito nel carcere di Sassari ed erano stati attaccati in aula da Donzelli. Nel corso del processo è stato ascoltato lo stesso sottosegretario. «Se un documento mi arriva senza classificazione – ha detto nell’udienza del 12 dicembre scorso – io lo posso utilizzare, se arriva classificato io invece non posso utilizzarlo e quindi resto muto».

Anm: sconcerta attacco governo al giudice di Delmastro

 «Siamo sconcertati nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche». Lo afferma la giunta dell’Anm con riferimento alle reazioni del governo alla sentenza che ha condannato il sottosegretario Delmastro

 

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Anm, per aver un giudice terzo non occorre andare a Berlino

«Per aver un giudice terzo non occorre andare a Berlino». La giunta dell’Anm replica con una nota con questo titoli agli attacchi ai magistrati per la sentenza che ha condannato il sottosegretario Delmastro ed evidenzia che è proprio questo caso di giudiziario a evidenziare come non serva separare le carriere dei magistrati. «Per dimostrare l’inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro- scrive infatti la giunta – Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l’imputazione, ed alla richiesta di assoluzione di un pm il Tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l’Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l’assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm».





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