dall’olio alla pasta, la lista dei rincari in Friuli

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Il costo della vita continua a salire in Friuli Venezia Giulia, con un impatto particolarmente evidente sui beni di prima necessità. Secondo una rilevazione del Centro Consumatori Italia, i prezzi di alcuni prodotti alimentari di largo consumo hanno registrato aumenti a doppia cifra tra il 2021 e il 2024, con punte che superano il 100 per cento.


Il paniere

L’olio extravergine di oliva è il prodotto che ha visto il rincaro più elevato: nel 2021 costava in media 5,20 euro al litro, mentre oggi sfiora gli 11,50 euro (+121%). Anche la frutta ha subito un’impennata: le mele sono passate da 1,12 a 2,52 euro al chilo (+125%). Il prezzo del pollo è aumentato del 74%, da 4,22 a 7,37 euro al chilo, mentre le cosce di pollo sono cresciute addirittura dell’80%, passando da 3,70 a 6,68 euro. Anche alimenti di base come il pane e la pasta non sono stati risparmiati dai rincari. Il prezzo del pane è aumentato del 35%, passando da 3,03 a 4,08 euro al chilo, mentre la pasta è cresciuta del 60%, da 1,34 a 2,15 euro. Il latte, fondamentale per molte famiglie, ha subito un rincaro del 43%, salendo da 1,29 a 1,85 euro al litro. Questi aumenti hanno avuto un impatto significativo: nel 2021 la spesa media annua per generi alimentari era di circa 5.400 euro. Oggi, a causa dell’inflazione, si stima un incremento annuo che varia tra i 2.430 e i 2.970 euro, per una media di circa 2.700 euro in più all’anno, pari a 225 euro al mese.

 
Il nodo

A fronte di questi rincari, il potere d’acquisto delle famiglie italiane continua a erodersi: mentre i prezzi dei beni essenziali crescono in maniera vertiginosa, gli stipendi restano pressoché invariati. La crescita salariale non tiene il passo con l’inflazione, lasciando molte famiglie in difficoltà nel far quadrare i conti. Il divario tra il costo della vita e i redditi percepiti si allarga sempre di più, con una crescente pressione economica sulle fasce più vulnerabili della popolazione. Questo meccanismo inflazionistico non si ferma ai consumatori finali: l’aumento dei prezzi al dettaglio è la diretta conseguenza di un rialzo generalizzato dei costi all’ingrosso, che mette sotto pressione interi settori, come quello della ristorazione e dei pubblici esercizi. Molte forniture di prodotti alimentari vengono aumentate di pochi centesimi al chilo, un rincaro che può sembrare irrilevante, ma che sul lungo periodo diventa insostenibile per gli esercenti. Bar e ristoranti si trovano così costretti a ritoccare i listini per far fronte all’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia, con il rischio di ridurre la clientela e comprimere ulteriormente i margini di guadagno.

 
La testimonianza

«Se prima i clienti facevano due “giri” di aperitivi, ora ne fanno uno solo o spesso lo saltano. Questo perché gli stipendi sono fermi da anni, mentre tutto il resto continua ad aumentare», ha spiegato il presidente della Fipe di Pordenone, Fabio Cadamuro. In Friuli Venezia Giulia, il rito dell’aperitivo è un vero e proprio elemento culturale e identitario. Il bar è un luogo di socialità, un punto di riferimento per la comunità. «Non si tratta solo del costo di un caffè o di uno spritz – ha sottolineato Cadamuro – ma del valore che questi luoghi hanno nel tessuto sociale delle nostre città e paesi». Nei piccoli centri, in particolare, il bar è spesso luogo di ritrovo per la comunità, un punto di aggregazione essenziale per la vita sociale.

Gli esercenti si trovano a dover fare i conti con un doppio problema: da un lato l’impennata delle spese – dalle materie prime all’energia, dagli affitti alle imposte – dall’altro la necessità di non allontanare la clientela con aumenti troppo elevati. «Noi non vogliamo parlare di rincari, ma di adeguamenti dei prezzi. Nessuno vuole alzare i listini per il gusto di farlo, ma è una necessità economica: dobbiamo far quadrare i conti, altrimenti le attività rischiano di non reggere». Non per niente, ha rilevato Cadamuro, il 50% delle attività di ristorazione chiude entro i primi cinque anni, segno di una difficoltà strutturale che il caro prezzi sta aggravando. L’incognita più grande resta l’andamento delle bollette nei prossimi mesi: le previsioni parlano di aumenti tra il 20% e il 30%, un ulteriore colpo per un settore già in difficoltà. «Se queste previsioni saranno confermate – ha aggiunto Cadamuro – sarà inevitabile un’ulteriore revisione dei prezzi».





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