Tutela dei salari, accordo fra partner sociali e Cantoni

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Il consigliere federale, Guy Parmelin, e la Segretaria di Stato, Helene Budliger Artieda, mentre spiegano i contenuti dell’intesa fra partner sociali e Cantoni sulla protezione dei salari.

Keystone

«Si tratta di una svolta positiva, anche se rimane ancora del lavoro da fare». Così il ministro dell’economia, Guy Parmelin, ha commentato oggi davanti ai media la dichiarazione comune fra partner sociali e Cantoni per tutelare il livello di salari in Svizzera.

Si tratta di un’operazione richiesta a gran voce dei partner sociali dopo la conclusione dei negoziati fra la Svizzera e l’Ue sullo sviluppo delle relazioni bilaterali.

Il Consiglio federale, ha sottolineato il responsabile capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), ha preso nota con soddisfazione di questa intesa, giunta dopo oltre sessanta incontri fra i partner sociali e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) che preserva il livello di salari in vigore nel nostro paese e il partenariato sociale.

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Fine marzo

I colloqui proseguono ancora su alcuni aspetti ancora da chiarire, ha aggiunto il consigliere federale vodese, precisando che entro fine marzo si dovrebbero conoscere nei particolari tutte le misure interne volte a scongiurare casi di dumping sociale e salariale.

Parmelin si è voluto rassicurante anche bei confronti del mondo economico, precisando che i provvedimenti interni non peseranno sulle aziende – nessun onere supplementare – e che la flessibilità del mercato del lavoro è mantenuta.

Entrando più nei dettagli, Parmelin ha rammentato che, nel corso dei negoziati con Bruxelles, la Svizzera è riuscita senz’altro ad ottenere il riconoscimento di alcuni principi basilari (salario uguale per uguale lavoro, clausola di non regressione, per esempio), ma che ha dovuto fare anche delle concessioni.

Da qui il bisogno di misure interne, pensate soprattutto in relazione per le aziende Ue che distaccano personale in Svizzera onde ovviare ai timori dei lavoratori, specie quelli della costruzione, e dei datori di lavoro.

Concessioni e contromisure

Le concessioni riguardano, ha precisato Parmelin, il termine di notifica per i lavoratori distaccati (che dovrebbe passare dagli attuali 8 giorni a 4), l’obbligo di presentare i documenti per i fornitori di servizi indipendenti, e il fatto che la cauzione possa essere richiesta solo se è stata rilevata un’infrazione durante una prestazione di servizi precedente.

Per quanto attiene al primo aspetto, il Governo propone, per esempio, di sviluppare ulteriormente la procedura centrale di notifica (triage, automazione delle fasi del processo, adeguamenti organizzativi per evitare interruzioni del sistema), cui si aggiungerebbe l’obbligo per i fornitori di servizi transfrontalieri di designare una persona di contatto in Svizzera e di presentare i documenti sul posto per le aziende straniere che distaccano lavoratori.

Con questi provvedimenti, ha spiegato Parmelin, proponiamo di accelerare la trasmissione delle notifiche dei fornitori di servizi nell’Ue agli organi di controllo, migliorare la qualità dei dati, facilitare i controlli sul rispetto delle condizioni salariali e lavorative e rafforzare la prevenzione degli abusi.

L’esecutivo pensa anche all’introduzione di sanzioni amministrative, fino al divieto di fornire servizi, in caso di mancato pagamento della cauzione, se recidivo, e Certificazioni CCL come standard negli appalti pubblici come prova delle condizioni salariali e lavorative, nonché l’obbligo di portare con sé nei cantieri pubblici una tessera paritetica (denominata «Baucard» nella documentazione, n.d.r.), con informazioni sul rispetto delle condizioni salariali e lavorative.

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Sanzioni

Circa la possibilità di imporre il divieto di offrire servizi come sanzione – nel 2023 è stato imposto più di 600 volte – i partner sociali temono che possa essere messo in discussione da parte dell’UE poiché tale proibizione si applica solo ai fornitori di servizi stranieri.

Ebbene, da parte del governo si pensa a due misure: mantenimento dell’attuale regolamentazione sul divieto di offrire servizi nella legge sui lavoratori distaccati e partecipazione al sistema di informazione del mercato interno (IMI) dell’Ue. Lo scopo? Garantire il divieto di offrire servizi nella legislazione svizzera e facilitare l’esecuzione transfrontaliera della legge sui lavoratori distaccati attraverso la richiesta di informazioni ai Paesi di provenienza e l’applicazione transfrontaliera delle sanzioni amministrative.

Rimborsi spese

Altre misure interne riguardano i rimborsi spese, ha sottolineato il responsabile del DEFR. Su quest’ultimo aspetto, Bruxelles vuole applicare il proprio regolamento. Berna intende sfruttare al massimo il margine di manovra a livello di politica interna affinché venga applicato il diritto elvetico, ha precisato la segretaria di Stato all’economia, Helene Budliger Artieda, senza però entrare nei particolari. In particolare, si tratta di fare in modo che l’Ue non applichi contromisure (leggi sanzioni) qualora le regole elvetiche dovessero cozzare contro quelle comunitarie.

Il Consiglio federale propone anche misure per salvaguardare i contratti collettivi di lavoro già oggi dichiarati di obbligatorietà generale e preconizza una migliore protezione giuridica per le aziende svizzere che potrebbero essere assoggettate a un CCL di obbligatorietà generale.

Su quest’ultimo aspetto, senza entrare troppo nei dettagli, ancora oggetto di trattative fra i partner sociali, sia Parmelin che Budliger Artieda hanno evocato la possibilità di modificare il quorum necessario per fare in modo che un Contratto collettivo sia dichiarato di obbligatorietà generale.





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