Trump ordina a raffica: “La legge sono io”

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La storia raramente annuncia l’inizio di un terremoto politico con sirene e luci lampeggianti; al contrario, di solito si insinua silenziosamente, avvolta in termini come “efficienza” e “patria”. Ma alcuni momenti segnano l’inizio di qualcosa di grande e di pericoloso.

Uno di questi momenti è negli ultimi ordini esecutivi di Donald Trump: una direttiva radicale che concede al Presidente e al Procuratore generale il potere esclusivo di interpretare le leggi federali e pone le agenzie indipendenti sotto il controllo della Casa Bianca.

Sebbene possa sembrare solo un’altra manovra legale nell’infinita serie di azioni esecutive con cui il presidente repubblicano sta inondando gli Usa, le implicazioni di questo ordine sono profonde e minacciano le fondamenta stesse del sistema di controlli ed equilibri del governo Usa.

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Le agenzie come la Federal Communications Commission (Fcc), la Federal Trade Commission (Ftc) e la Securities and Exchange Commission (Sec), sono state istituite dal Congresso per operare indipendentemente proprio dall’influenza politica. Il loro scopo è quello di far rispettare le leggi, regolamentare le industrie e proteggere i consumatori senza essere influenzate dall’amministrazione in carica.

L’ordine di Trump, invece, regala alla Casa Bianca, tramite l’Office of Management and Budget (Omb), l’autorità di supervisionare le prestazioni delle agenzie indipendenti. Il direttore dell’Omb ha il compito di stabilire gli standard di prestazione e gli obiettivi di gestione per i responsabili di queste agenzie. Ciò significa che le loro decisioni sono ora soggette all’influenza diretta del Presidente.

Le agenzie indipendenti sono ora tenute a “consultare regolarmente e coordinare politiche e priorità” con il Domestic Policy Council e il National Economic Council. Ciò rimuove di fatto la parte “indipendente” della loro designazione, poiché le loro azioni devono allinearsi con l’agenda politica dell’amministrazione.

La parte forse più allarmante del decreto è la disposizione che stabilisce che nessun funzionario del ramo esecutivo può avanzare un’interpretazione legale che contraddica l’opinione del Presidente o del Procuratore generale. Ciò conferisce a Trump e al Procuratore generale da lui nominato, l’autorità esclusiva di decidere cosa significano le leggi federali e come dovrebbero essere applicate.

“La legge sono io”, ha praticamente detto Trump, questa volta esplicitamente, dopo tutta una serie di mosse che lo implicavano.

The Donald ha ribadito di non avere nessuna intenzione di revocare il bando contro l’Associated Press, bandita dallo Studio Ovale, dall’Air Force One e da alcuni eventi della Casa Bianca in quanto “si rifiuta di seguire la legge”, e continua a chiamare il Golfo del Messico, Golfo del Messico. “Ora si chiama Golfo d’America – ha ribadito Trump – Loro non ci fanno favori e nemmeno io faccio loro favori”.

In un altro scontro con i media, il Dipartimento di Stato ha ordinato a consolati ed ambasciate di cancellare di tutti gli abbonamenti a giornali considerati “non critici per la propria missione”.

La mossa è in linea con la repressione dell’amministrazione Trump contro i media e si applica a centinaia di ambasciate e consolati Usa, nonostante i team di sicurezza delle stesse ambasciate si affidino alla copertura delle notizie per preparare i viaggi diplomatici nelle zone di conflitto. Queste azioni hanno un effetto anche nelle politiche statali, e l’ostracismo dell’amministrazione Trump verso la stampa ha indirettamente legittimato un tribunale del Mississippi ad ordinare a un giornale locale di rimuovere un editoriale in quanto non allineato con il Gop trumpiano.

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E non finisce qui: Trump, con un’altra mossa, ha ordinato la rimozione di tutti i procuratori nominati da Biden, sempre per “ristabilire la legalità”. Poi ha sospeso per 6 mesi (più altri 6) il Foreign Corrupt Practices Act del 1977, incaricando la Procuratrice Generale Pam Bondi di scrivere le linee guida per la corretta applicazione della legge, colpendo un monumento dell’impegno americano per la trasparenza e la legalità.

In questo marasma di decreti ne spicca uno che sembra andare nella direzione opposta: l’ordine esecutivo a sostegno della fecondazione in vitro, che ne amplia l’accesso e riduce i costi a carico delle famiglie.

Non ci vuole molto per vedere dietro questa mossa che ha provocato l’ira dei movimenti pro life, la volontà di Elon Musk.

Musk, infatti, sostiene di aver messo al mondo 12 figli, come personale contributo alla crisi delle nascite che, secondo lui, minaccia la civiltà occidentale. Inclusi quelli avuti con la fecondazione in vitro, con lui semplice donatore, con il malcelato obiettivo di mettere al mondo creature col suo prezioso patrimonio genetico. Nel 2021 ha donato 10 milioni di dollari all’Università del Texas per studiare la fertilità e le tendenze demografiche, e ha offerto il suo sperma ad amici e conoscenti per ripopolare il mondo.

L’influenza di Musk è sempre più evidente: in pochi giorni ha affiancato Trump in 2 interviste con Fox News dove, sedendo uno accanto all’altro hanno parlato con entusiasmo della loro relazione e dei loro progetti per gli Usa e per il mondo.

Poche ore prima, durante una conferenza stampa, rispondendo a una domanda sul ruolo di Musk nell’amministrazione, Trump aveva detto: “Elon è, per me, un patriota. Chiamatelo dipendente, consulente, come volete, ma è un patriota”.



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