Trump e la preghiera nello Studio Ovale – evangelici.net

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La foto della settimana, ripresa da tutti i giornali – perfino quelli italiani – non poteva che essere quella: Donald Trump seduto alla scrivania presidenziale nello Studio ovale, tra due ali di pastori, predicatori, life coach evangelici che pregano per lui. L’immagine – che, hanno fatto notare diversi osservatori, richiama un po’ il Cenacolo vinciano – è stata pubblicata sul profilo Twitter della Casa bianca a margine di un commento firmato dallo stesso Trump: «Come dice la Bibbia, “Beati gli operatori di pace”. E a tal fine, spero che la mia più grande eredità, quando tutto sarà finito, sarà quella di pacificatore e unificatore».

In realtà la settimana evangelica di Trump era cominciata già qualche giorno prima, con la partecipazione del presidente al National prayer breakfast, iniziativa proposta ogni anno, da oltre mezzo secolo, il primo giovedì di febbraio da un’organizzazione cristiana con lo scopo di raccogliere trasversalmente politici e amministratori pubblici per una preghiera comunitaria.

In quell’occasione Trump ha annunciato l’intenzione di istituire una task force guidata dal ministro della giustizia Pam Bondi per “sradicare i pregiudizi anticristiani e la discriminazione all’interno del governo federale” e, contestualmente, “una commissione presidenziale per proteggere i cristiani dalla discriminazione religiosa”, riporta il Corriere.

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Iniziativa non del tutto nuova: «un consiglio per le iniziative legate alla fede era stato creato da George W. Bush nel 2001», ricorda la Stampa, ma il dipartimento venne poi accantonato dalle amministrazioni successive.

Qualche giorno dopo l’annuncio, ecco la foto nello Studio ovale, che i giornali in un primo momento hanno pubblicato senza particolari commenti, quasi a voler lasciare decantare la notizia prima di lanciarsi nelle analisi. Alla fine però i commenti sono arrivati.

Le reazioni

Franco Garelli sulla Stampa si chiede se si sia trattato di un’americanata o la foto ci ricordi «un aspetto del Paese a stelle e strisce che noi europei facciamo fatica a comprendere… L’immagine – spiega ancora – è da saldare ai tanti segni religiosi che attraversano la vita pubblica Usa, tra cui i presidenti che nella cerimonia di investitura giurano sulla Bibbia. A detta degli studiosi, si tratta della “religione civile” americana, dal carattere laico».

«Il momento di preghiera», questa è l’interpretazione di Garelli, «celebra la creazione da parte di Trump di un Dipartimento della fede che dovrà sviluppare la “teologia della prosperità”». Nell’immagine si percepisce una certa ostentazione politica del momento religioso, ma «non si può pensare che tutti gli esponenti delle fedi coinvolte nell’evento siano persone in malafede. C’è del raccoglimento in quelle figure e in quella foto, ci può essere una devozione nei confronti del capo in terra, con quelle mani protese verso Trump (al centro) che sembrano quasi i raggi di un ostensorio umano; ma nello stesso tempo ci sono le posture dei corpi, quei capi chini, quegli occhi socchiusi, che non possono non far pensare ad una devozione più alta». Sia come sia, rileva ancora Garelli, «credenti sufficientemente convinti, anche quelli che fanno del dubbio un motivo continuo di crescita spirituale, non possono fare a meno di interrogarsi sul significato o sul valore di una fede religiosa che oggi viene dichiarata o ostentata, in ogni dove».

Più critica Nicoletta Verna, che sempre sulla Stampa nota «le pose plastiche, i colori sgargianti, la scenografia pomposa, l’abito da soubrette di Paula White: tutto concorre a creare una parodia del sacro». E se «la strumentalizzazione della religione a fini politici è questione antica almeno quanto Costantino», aggiunge, «da laica, mi colpiscono i modi grossolani, sfacciatamente inautentici. Le espressioni oltremodo contrite degli astanti in preghiera non trasmettono alcuna emozione».

«L’impressione si fa più forte leggendo il testo che accompagna l’immagine», riflette Verna. «la foto dovrebbe rappresentare persone in preghiera, e dunque un senso comunitario, che è il principale e il più importante aspetto della preghiera… La preghiera di Trump, invece, è al singolare, in prima persona: Io spero che la mia più grande eredità sarà conosciuta come un pacificatore e unificatore». E allora, conclude Verna, «non è una preghiera, è uno spot elettorale come un altro».

Ancora più critico Marco Belpoliti che, su Repubblica, accenna scherzando a “una seduta spiritica”, “un rito con variegate valenze”. Nel suo intervento spazia da Alessandro Magno a Tolkien per concludere che «guardando questa immagine, che contiene qualcosa di grottesco, non si può fare a meno di provare una reazione a metà strada tra la risata e il brivido di spavento. Tutto qui appare insieme stravagante e assurdo, e alla fine tragicomico»; secondo Belpoliti infatti la scena rappresenta «una compagnia eteroclita d’apprendisti stregoni che inscena un pernicioso Carnevale sul palcoscenico del gran teatro del mondo destinato ancora una volta alla moltiplicazione visiva dei social».

Massimo Gaggi sul Corriere si concentra sul merito annunciando che il nuovo ufficio per la fede è stato affidato «alla telepredicatrice Paula White: personaggio controverso, pastore della cosiddetta teologia della prosperità, da molti anni suo consigliere spirituale». La scelta di Paula White, nota Gaggi, rischia di non essere unificante come Trump vorrebbe, «visto che molti cristiani conservatori la considerano addirittura un’eretica. Le tesi della teologia della prosperità (Dio premia chi ha una fede forte con ricchezza e salute) sono considerate blasfeme: una condanna nei confronti di chi rimane indietro, dei poveri». E a dare autorevolezza alla figura non aiuterebbero nemmeno altre uscite riportate dal Corriere, secondo cui il giorno dell’assalto al congresso la White avrebbe sostenuto che «opporsi a Trump equivale a opporsi a Dio».

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Il fenomeno, comunque, secondo il Corriere è tutto americano: «per gli italiani, Paula White è incomprensibile», chiosa con indulgenza la testata, evidentemente inconsapevole del fatto che questa americanata ha trovato discreta sponda anche nel nostro Paese.

Della svolta religiosa di Trump hanno scritto, in Italia, anche l’agenzia AGI e Lettera 43.

foto: x.com



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