Toni CastellanoRedattore lavialibera
19 febbraio 2025
La guerra nella Repubblica democratica del Congo non è “la solita guerra civile africana”. Ma è l’aggressione del gruppo paramilitare M23 che, spinto dal governo del vicino Ruanda, vuole controllare le terre ricche di coltan, minerale essenziale per l’industria. A raccontare a lavialibera la situazione è John Mpaliza, attivista di origine congolese, da circa venti anni in Italia, ex ingegnere informatico e portavoce della rete Insieme per la pace in Congo.
Il 16 febbraio, pochi giorni dopo la presa di Goma e subito dopo il cessate il fuoco, l’M23 è entrato a Bukavu, capitale della regione del Kivu Sud, mentre l’esercito congolese, per evitare vittime, ha lasciato campo libero all’avanzata e più di 10mila persone sono scappate attraverso il fiume Ruzisi verso il Burundi. “Mentre a nord l’esercito ruandese, con 4mila regolari, presidia Goma, i miliziani dell’M23 puntano su Uvira, una città strategica che si trova davanti al Burundi. Non è il primo cessate il fuoco che l’M23 dichiara e tradisce. La tregua è solo uno strumento per dare l’impressione che le acque siano calme. Serve a togliere l’attenzione dalle proprie mosse. Tant’è che due settimane dopo l’annuncio, M23 ha preso Bukavu che è più grande di Goma”. Qui l’Onu ha stimato almeno tremila vittime. Ma, spiega Mpaliza, “i miei contatti a Goma parlano del doppio: seimila morti, in una città di poco più di 700mila abitanti”.
Congo, fragile tregua nella guerra delle terre rare
“L’M23 è un vero esercito, non un gruppo di ribelli improvvisato. È nato dal Congresso nazionale per la difesa del popolo, composto da ex militari tutsi ruandesi che si sono ribellati per non essere stati integrati nei ranghi dell’esercito congolese. Chi addestra, arma e coordina i militari ‘ribelli’ è il governo di Kigali”John Mpaliza – Attivista
“L’M23 non è una formazione di ribelli congolesi e questa non è una guerra civile – Mpaliza prova a fare chiarezza –. M23 è il braccio armato dell’Alleanza del fiume Congo (Afc), fondata da Corneille Nangaa. Un vero esercito, non un gruppo di ribelli improvvisato, nato dalle ceneri del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), composto da ex militari tutsi ruandesi che si sono ammutinati nel 2012 al governo congolese dopo aver ritenuto non rispettato l’accordo sull’integrazione promessagli nei ranghi dell’esercito congolese, prevista dal patto di pace firmato, appunto, il 23 marzo 2009 tra il Cndp e Kinshasa”.
Non è una guerra civile né uno scontro tribale perché “si dice M23 ma si legge Ruanda. Chi addestra, arma e coordina i militari ‘ribelli’ è il governo di Kigali e questa non è, come l’Occidente vorrebbe, la solita guerra civile africana. Innanzitutto perché in Congo ci sono 450 gruppi etnici diversi e nessuno è prevalente e poi perché l’obiettivo è chiaramente quello di appropriarsi di risorse economiche congolesi”.
Il Congo, ricco da morire
“Incredibilmente il Ruanda è il più grande esportatore mondiale di coltan, ma in Ruanda non ce n’è”
“Questa è una guerra economica – precisa Mpaliza -. A mio avviso la motivazione sta nell’espropriazione e controllo di un territorio ricchissimo di risorse minerali e terre rare. Il Congo tutto, è ricco da morire. E le regioni attorno al lago Kivu sono note per essere il paradiso delle multinazionali estrattive. Tutti gli Stati circostanti ne vogliono un pezzo ma l’unico a possederle legalmente è il Congo”.
“Incredibilmente – spiega Mpaliza – il Ruanda è il più grande esportatore mondiale di coltan”, un minerale essenziale per l’industria elettronica moderna. Secondo lo stesso governo di Kigali nel 2023 ne ha esportato 2.070 tonnellate mentre il Congo, secondo, 1.918 tonnellate. “Dico che è incredibile perché di coltan in Ruanda non ce né nemmeno un’unghia”.
L’industria occidentale ha iniziato una nuova corsa all’approvvigionamento di risorse utili alla produzione di nuove tecnologie. “La guerra tra Russia e Ucraina è solo uno dei sintomi visibili di questa corsa – dice ancora Mpaliza -. Donald Trump ha di recente messo gli occhi sulla Groenlandia per lo stesso motivo. Ebbene, l’antefatto che riguarda lo scontro di cui stiamo parlando è l’accordo economico dell’Unione europea con Kigali, del febbraio 2024, per l’approvvigionamento di minerali critici come il coltan, ma anche di oro e tungsteno. Il problema è che il Ruanda non possiede questi minerali e, secondo alcuni rapporti del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, li esporta saccheggiando i territori nell’Est della Repubblica democratica del Congo”.
L’Onu si ritira dalla Repubblica democratica del Congo, per fallimento
La strategia Global Gateway dell’Ue
“Quando gli altri parlano di energia verde, per noi quella stessa energia è rossa, coperta del sangue di milioni di congolesi morti”Denis Mukwege – Premio Nobel per la pace nel 2018
Quando le potenze europee hanno abbandonato il continente africano gli Stati più intraprendenti hanno iniziato a guardarsi intorno alla ricerca di nuovi partner economici, oltre che della propria autonomia. Molti hanno sviluppato accordi con Cina e Russia. Accordi basati su concessioni per sfruttamenti di risorse naturali in cambio dello sviluppo di infrastrutture oppure di denaro e appoggio politico in cambio di formazione e sostegno militare. L’esempio più noto è quello del gruppo russo Wagner che in Africa, dopo due decenni di attività, è ora imprescindibile, oltre che intoccabile.
L’Europa è dovuta tornare sui propri passi ma non potendo farlo con i superati metodi coloniali, a suon di invasioni o colpi di Stato, ha sviluppato “strategie per realizzare connessioni sostenibili e affidabili per le persone e il pianeta e affrontare le sfide globali più urgenti”. Questo è il Global Gateway. Un pacchetto di accordi “per promuovere connessioni intelligenti, pulite e sicure nei settori digitale, energetico e dei trasporti e per rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca in tutto il mondo”. Come spiega il sito della Commissione europea: “La tappa inaugurale del Global Gateway è stata il pacchetto di investimenti Africa-Europa, con circa 150 miliardi di euro di investimenti destinati a rafforzare la cooperazione con i partner africani”. Uno di questi accordi di sviluppo è quello con il Ruanda. Un memorandum d’intesa per sviluppare le competenze nel settore minerario per “terre rare” e “materie prime critiche”, ossia il coltan. Che però il Ruanda non possiede.
“Questo accordo è stato presto denunciato da attivisti e voci autorevoli – spiega ancora Mpaliza – come quella di Denis Mukwege, premio Nobel per la pace del 2018: ‘Quando si parla di transizione energetica – aveva spiegato già nel giugno 2023 – si deve tenere conto che questa passa attraverso le batterie che hanno bisogno di cobalto e litio e il Congo è il primo produttore mondiale di cobalto. Per questo motivo, quando gli altri parlano di energia verde, per noi quella stessa energia è rossa, coperta del sangue di milioni di congolesi morti’”.
“Il Congo è invaso, come l’Ucraina”
Il Parlamento europeo vota la sospensione
Anche il Parlamento europeo si è reso conto dell’ambiguità del memorandum. Il 13 febbraio scorso, in una risoluzione non legislativa adottata con 443 voti favorevoli, 4 contrari e 48 astensioni, i deputati hanno condannato l’occupazione di Goma e di altri territori nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo da parte dei miliziani dell’M23 e delle forze di difesa ruandesi “in quanto violazione inaccettabile della sovranità e dell’integrità territoriale della RdC”.
Nella risoluzione hanno denunciato attacchi indiscriminati, uccisioni, stupri e altri palesi crimini di guerra. E hanno chiesto la sospensione immediata del memorandum d’intesa dell’Ue con il Ruanda “sulle catene del valore sostenibili delle materie prime, fino a quando il paese non cesserà tutte le interferenze nella RdC, compresa l’esportazione di minerali estratti dalle zone controllate dall’M23”.
Ci sarà sempre un M23
“Il problema è che al risultato si è arrivati, come succede spesso in politica, tramite numerose mediazioni, e anziché cancellare il memorandum, sono giunti a una sospensione”
“Il problema – dice Mpaliza – è che al risultato si è arrivati, come succede spesso in politica, tramite numerose mediazioni, e anziché cancellare il memorandum, sono giunti a una sospensione. Questo significa che se fra due anni le cose si sono stabilizzate l’accordo riparte. Ma se il Ruanda non li aveva dieci anni fa questi minerali, non li avrà nemmeno tra due anni. Ci sarà sempre un M23, un M24 o 25 pronto a essere armato e manovrato su un territorio straniero. Questo è l’aspetto più vantaggioso delle milizie ribelli: fanno da scudo alle responsabilità delle nazioni che li usano”.
Bisognerà tenere alta l’attenzione, conclude Mpaliza: “È importante che la comunità internazionale e l’opinione pubblica, che godono del beneficio tecnologico proveniente dall’uso di questi minerali, sappiano che dietro ai contatti dei loro smartphone o dei loro tablet, ci sono vittime, massacri, stupri usati come arma di guerra. Ci sono bambini che lavorano nelle miniere come degli schiavi e muoiono nei crolli o di malattie dopo tanti anni di esposizione alla radioattività. Questo per dare ai nostri figli, qui in Italia e nell’occidente del benessere, agi e modernità tecnologiche. È importante che la gente questo lo capisca”.
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