“Non sfruttare il gas italiano è una follia”. Parla Davide Tabarelli

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“Gli aumenti ci sono. Ma la situazione non è drammatica”. Sintetizza così Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, il 2025 dell’energia in Italia e l’aumento dei prezzi del gas di inizio anno.

Niente a che fare con il 2022, quindi, ma lo stop del flusso di gas russo attraverso l’Ucraina ha sicuramente avuto delle conseguenze: per le imprese, le stime parlano di decine di migliaia di euro in più in bolletta, mentre per le famiglie i rincari viaggiano nell’ordine delle centinaia di euro.

Il professore ed esperto di energia parla di bicchieri mezzi pieni e vuoti a seconda di come si guardano i dati, ma con una certezza: non sfruttare le riserve italiane di gas “è una follia”.

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Come descriverebbe la situazione attuale dei prezzi dell’energia in Italia?

I prezzi sono sicuramente più bassi rispetto al picco del 2022, ma restano elevati rispetto ai minimi dell’anno scorso. Se guardiamo il bicchiere mezzo pieno, possiamo parlare di un assestamento dopo il terremoto energetico del 2022.

Il lato positivo è che i prezzi stanno lentamente scendendo, e il peggio sembra essere passato. Tuttavia, il bicchiere mezzo vuoto ci dice che i costi sono ancora del 20-30% più alti rispetto ai minimi del 2023.

Per una famiglia media, parliamo di una spesa annua di circa 2.100-2.500 euro per il gas. Non è una tragedia, ma è comunque un peso da non sottovalutare.

Ci sono rischi di scarsità di gas nei prossimi mesi?

Al momento no. Le scorte sono a livelli buoni rispetto alla media storica, anche se leggermente inferiori rispetto agli ultimi due anni, che erano eccezionali.

Qualche segnale di potenziale scarsità c’è, ma nulla di drammatico. Anzi, prevediamo che entro la primavera i prezzi possano scendere sotto i 40 euro per megawattora.

Tuttavia, bisogna sempre considerare l’incertezza legata a eventi geopolitici, come la guerra in corso.

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Il tema delle riserve di gas in Italia è molto discusso.

È una follia. Abbiamo riserve di gas sotto il nostro territorio che potremmo sfruttare, eppure continuiamo a importare gas, soprattutto dagli Stati Uniti.

Negli ultimi tre anni abbiamo importato circa 60 miliardi di metri cubi di gas all’anno, con un valore medio di 0,5 euro al metro cubo.

Se avessimo prodotto anche solo 10 miliardi di metri cubi in più, avremmo risparmiato 5 miliardi di euro che invece abbiamo speso all’estero.

Questo è un vero delitto economico, soprattutto considerando le difficoltà economiche del Sud Italia e i costi ambientali legati al trasporto del gas.

Il problema principale è l’ambientalismo diffuso e una gestione politica frammentata. Abbiamo demandato troppo potere alle Regioni e agli enti locali, creando un cortocircuito istituzionale.

Nel 2016, per esempio, alcune Regioni hanno promosso un referendum contro la valorizzazione delle risorse nazionali di gas e petrolio. Così abbiamo bloccato lo sviluppo di risorse che potrebbero essere fondamentali.

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Qual è il valore stimato delle riserve di gas italiane?

In via cautelativa stimiamo circa 40 miliardi di metri cubi di gas estraibili, basandoci su valutazioni vecchie di 30 anni e senza considerare le moderne tecnologie di estrazione.

Con tecnologie avanzate, potremmo estrarre molto di più. Al valore attuale di 0,4 euro al metro cubo, parliamo di circa 16 miliardi di euro di riserve inutilizzate. Non sfruttarle è un errore gravissimo.

Alla luce delle difficoltà legate al gas, quanto è importante per l’Italia puntare sull’energia nucleare?

Il nucleare è fondamentale, non solo per il futuro, ma anche per il presente. Oggi importiamo circa il 15% dell’energia elettrica, e nel Nord Italia si arriva anche al 30% in certi giorni, principalmente dalla Francia, che la produce con il nucleare.

Serve una capacità di produzione di base che le rinnovabili, da sole, non possono garantire, soprattutto quando non c’è sole o vento.

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Realizzare impianti nucleari in Italia è complicato, ma dobbiamo essere ambiziosi e provarci.

Quali strategie consiglia alle famiglie italiane per risparmiare sul gas?

Chi ha un reddito basso dovrebbe verificare se ha diritto al bonus sociale sul sito dell’Arera, ma non è facile dare consigli agli italiani su come risparmiare, visto che da sempre pagano gas ed energia elettrica tra i più cari in Europa.

Consiglio di prestare attenzione alle offerte più vantaggiose sul mercato libero e valutare sistemi di riscaldamento alternativi, come biomasse o legna, dove possibile.

E per le imprese italiane?

Le imprese stanno soffrendo molto. Nel 2022 e 2023 sono state aiutate con fondi pubblici, riduzione di tasse e agevolazioni.

Senza questi aiuti, le difficoltà si faranno sentire. Nei due anni passati lo Stato ha investito circa 70 miliardi di euro in aiuti.

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Senza nuovi interventi, molte aziende rischiano di non reggere l’impatto dei costi energetici.

Si parla molto di idrogeno come soluzione futura. Qual è la sua opinione?

L’idrogeno in piccole quantità si può miscelare con il metano, ma trasportare e gestire grandi quantità di idrogeno è quasi impossibile.

Annunciarlo come soluzione imminente è pericoloso perché distoglie l’attenzione dai problemi reali.

Dobbiamo concentrarci su soluzioni concrete e immediate, come il gas domestico e le energie rinnovabili, senza perderci in promesse futuristiche.

Qual è il vero nodo da sciogliere nella transizione energetica italiana?

Il nodo principale è l’equilibrio tra sicurezza energetica, costi sostenibili e riduzione delle emissioni di CO₂. Dobbiamo investire nelle rinnovabili, ma anche nel gas e nel nucleare.

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Non possiamo competere con Paesi come gli Stati Uniti, che hanno energia a basso costo grazie al gas domestico, o con la Cina, che utilizza il carbone.

Puntare solo sulle rinnovabili non basta: servono politiche energetiche pragmatiche e integrate.

Quale futuro vede per l’Italia sul piano energetico? E quale posto ha la sostenibilità, e la lotta alla crisi climatica, in questo futuro?

Dobbiamo essere realistici e pragmatici. Serve un mix energetico equilibrato che includa gas domestico, nucleare e rinnovabili.

Non possiamo permetterci di dipendere solo dalle importazioni o da tecnologie non ancora mature.

È necessario investire in infrastrutture, semplificare le procedure e affrontare con decisione le sfide energetiche per garantire competitività e sostenibilità al nostro Paese.

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