Ma il modello Caivano funziona?

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Da anni si parla di modello Caivano. È nato nel 2023 in risposta alle vergognose vicende successe a Caivano, periferia di Napoli, non per ultimo il caso delle cuginette abusate nell’estate del 2023. Da lì è nata l’emergenza, portata a galla grazie alla richiesta rivolta a Giorgia Meloni da Don Maurizio Patriciello. È stato un susseguirsi di viaggi di Ministri con passerelle e spot pubblicitari per il governo e elezioni europee stanziando diversi milioni di euro per riqualificare il territorio.

Tra i progetti simbolo spicca la riqualificazione dell’ex centro sportivo Delphinia, luogo degli abusi, trasformato in pochi mesi in un moderno impianto intitolato a Pino Daniele e restituito alla comunità.

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A Caivano è stato inaugurato anche un polo universitario con corsi di laurea in Scienze Motorie e Scienze Infermieristiche, laboratori di restauro artistico e progetti per la messa in sicurezza di opere d’arte. Sul fronte della sicurezza, le operazioni “ad alto impatto” hanno portato a un calo medio del 20% dei reati, con punte del 40% per quelli legati a droga e rapine.

Anche Nicola Gratteri, procuratore a Napoli, si ricrede e spiega ciò che è stato fatto in una audizione in commissione antimafia:

“Caivano non è stato uno spot. All’inizio quando vedevo arrivare ogni tre giorni i ministri pensavo fosse un’esagerazione, ma adesso a Caivano ci sono stato più volte e posso dire che sono state fatte cose concrete. Intanto ci sono quella palestra e quella piscina ristrutturate e gestite dalla Polizia di Stato. Poi nel comune non c’era un’assistente sociale, ora ce ne sono otto, ma è chiaro che qualcosa è stato fatto. In Italia però ci sono tante Caivano anche alla periferia di Milano e Roma, ci sono baraccopoli dove nessuno va”.

Nel corso del tempo, oltre all’implemento delle forze dell’ordine presenti compresi di militari, sono stati fatti diversi sgomberi di case occupate abusivamente da camorristi. Ma tutto questo ha portato alla mancata celebrazione della messa di Natale del 2024 a mezzanotte nella parrocchia guidata proprio da Don Patriciello. Non era mai successo al Parco Verde. Il clima era teso e il sacerdote ha detto all’Avvenire:

“Ci sarebbe potuto essere qualche incidente. Voglio che nessuno si faccia male, da prete devo tutelare tutti. La frequenza in chiesa s’è più che dimezzata. Il dolore più grande sono i bambini, tante famiglie non ce li mandano né all’oratorio, né al catechismo”.

Sembra che tutto fili liscio, che tutto sia regolare. Addirittura il parroco, audito in commissione antimafia, dice che “Il Parco Verde non è più piazza di spaccio”. Ma nel frattempo arrivano denunce di attivisti e associazioni presenti nel territorio che non è tutto così bello: infatti le piazze di spaccio si sono solamente spostate e che molto di ciò che è stato creato al parco verde è impossibile da far partecipare agli abitanti della periferia, a causa dei costi elevati. E quindi è stato costruito tutto questo per far venire persone da fuori, anche da Napoli.

Un’inchiesta è stata fatta pure da Report, andando al parco verde parlando degli sfratti e della situazione creatasi, che ha avuto una risposta cruda anche da Don Patriciello. Infatti dall’inchiesta veniamo a sapere che la tanto “cacciata dei camorristi” invocata da Giorgia Meloni ad Atreju, con tanto di attacco a personaggi dell’antimafia, in realtà non è avvenuta perché i boss presenti a Caivano ancora sono lì e sono stati spostati solamente di qualche metro.

Nel frattempo il Governo ha deciso di esportare questo modello in altre periferie d’Italia. La decisione arriva nel Consiglio dei Ministri del 23 dicembre, dove viene deciso di esportare il modello Caivano in altre 7 periferie d’Italia. Parliamo di quartieri difficili: Rozzano (Milano), Alessandrino-Quarticciolo (Roma), Scampia-Secondigliano (Napoli), Orta Nova (Foggia), Rosarno-San Ferdinando (Reggio Calabria), San Cristoforo (Catania) e Borgo Nuovo (Palermo).

Per replicare il modello, il governo ha stanziato 180 milioni di euro per il triennio 2025-2027: 100 milioni entro il 2025, 50 milioni per il 2026 e 30 milioni per il 2027. Il piano d’azione sarà definito entro due mesi dal Commissario straordinario, Fabio Ciciliano, già responsabile del progetto Caivano e ora anche capo della Protezione Civile. Sarà supportato da sei subcommissari, esperti aggiuntivi e da enti tecnici come Invitalia e Sport e Salute.

Gli interventi si concentreranno sulla riqualificazione infrastrutturale, il recupero di immobili pubblici per scopi sociali e il miglioramento della sicurezza. Particolare attenzione sarà data alla concessione di spazi a enti del terzo settore per iniziative culturali, sportive, sociosanitarie e di formazione.

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Con l’estensione del modello, il governo punta a migliorare le condizioni di vita in alcune delle aree più difficili del Paese. Gli interventi non si limiteranno alla sicurezza, ma si concentreranno sulla promozione dell’integrazione sociale e sul rafforzamento del tessuto economico e culturale locale. Grazie ai poteri commissariali e alle procedure in deroga, si accelererà la messa a disposizione di spazi per attività sociali e culturali. L’obiettivo è replicare su scala nazionale i risultati positivi già ottenuti, dimostrando che rigenerare il tessuto sociale delle periferie è possibile con una strategia mirata e coordinata.

Ma già da diverse aree arriva la protesta, perché ritengono che non si può esportare il modello Caivano che prevede tempi brevissimi per la realizzazione delle opere e la riqualificazione del territorio. Dal Quarticciolo, il comitato Quarticciolo ribelle denuncia:

“Ci abbiamo messo quasi 10 anni a costruire il nostro piano. Per questo non possiamo lasciare in mano a una progettazione da realizzare in 60 giorni e al commissariamento il cambiamento di Quarticciolo, come vorrebbe il modello Caivano. Perché il problema della sicurezza, della difficoltà di vivere il nostro quartiere sempre crescente, non si può risolvere con le operazioni ad alto impatto e il giorno dopo tutto ritorna come prima”

portando avanti un documento di quattordici pagine con diversi interventi da realizzare per migliorare la condizione di vita, comprendendone alcuni già iniziati da decenni ma mai finiti da nessuna amministrazione comunale di Roma.

Diverse proteste arrivano pure da Catania e dagli altri centri, denunciando tutti la possibilità molto alta del fallimento degli interventi in programma.

Immagine di copertina da free images




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