Le discriminazioni della Questura di Bologna verso chi chiede asilo

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Ogni giorno code di centinaia di persone, tra cui soggetti vulnerabili. E poi richieste illegittime per fornire i documenti, come il domicilio e un racconto dettagliato del proprio vissuto.

Non solo Torino, Roma, Firenze. Anche a Bologna, davanti all’ufficio immigrazione della questura, assistiamo a una situazione drammatica che si ripete ogni settimana. Durante le prime ore del mattino, infatti, si vengono a formare lunghe code di persone fuori dai cancelli dell’Ufficio Immigrazione. L’attesa è estremamente estenuante: le persone richiedenti asilo sono costrette a rimanere in fila a volte per oltre 12 ore senza potersi mai assentare, pena la perdita della propria priorità.

Perché accade questo? In via Bovi Campeggi, la questura riceve le domande di protezione internazionale solo il martedì pomeriggio, dalle 14,30 alle 16,30, e il venerdì mattina dalle 8,30 alle 13,30. Le domande vengono registrate solo in presenza, senza la possibilità di fissare appuntamenti tramite e-mail, telefono o sistemi di prenotazione on-line. In queste giornate, solitamente è concesso di presentare domanda di protezione solo alle prime 10-15 persone, a fronte di file che possono raggiungere anche le 100 persone.

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Queste modalità di prenotazione disumane rendono particolarmente proibitivo l’accesso alla procedura di asilo delle persone anziane, donne, migranti affetti da patologie, famiglie monoparentali, diversamente abili o vittime di violenza. Proprio le stesse categorie di richiedenti che la legge considera “vulnerabili” e a cui dovrebbe essere garantita una priorità nell’esame della domanda.

Alla maggioranza delle persone che non riesce ad entrare, non resta che ritentare la volta successiva, con il rischio di essere denunciate come irregolari nel frattempo, nonostante il loro chiaro intento di chiedere protezione. Oltretutto, a seguito della nuova normativa, superati i 90 giorni dall’ingresso in Italia, la procedura sarà considerata accelerata, con la conseguente restrizione delle garanzie di esame della domanda.

Una volta entrate in questura, poi, vengono avanzate una serie di richieste illegittime, pena la mancata acquisizione della domanda. In particolare, è richiesto di dichiarare un domicilio sul territorio, quando questo non sia un obbligo per legge. Per queste persone però è estremamente difficile ottenere un domicilio, in condizioni di irregolarità: un circolo vizioso.

Non solo. È richiesto di presentare una formale denuncia di smarrimento del passaporto presso altri uffici delle forze dell’ordine, senza alcuna prova documentale del tentativo di formalizzare domanda di asilo, esponendo le persone al rischio di venire denunciate per irregolarità dell’ingresso e soggiorno e di essere espulse. Tutto questo può avere gravi ripercussioni sulla domanda di protezione internazionale, perché la domanda presentata dopo un’espulsione può essere considerata strumentale e comportare la detenzione all’interno di un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) per un presunto rischio di fuga.

Inoltre, nonostante il ruolo della questura in questa fase sia esclusivamente quello di registrare la manifestazione di volontà di chiedere protezione internazionale, viene sempre chiesto di fornire una “memoria” relativa ai motivi di fuga dal paese di origine, da compilare in piedi e prima di accedere ai locali della questura. Queste informazioni dovrebbero invece essere acquisite solo successivamente con il supporto di interpreti, in un ambiente il più possibile riservato e rispettoso della privacy. In assenza della documentazione richiesta, viene sistematicamente impedita la registrazione della manifestazione di volontà di chiedere protezione, in maniera del tutto informale, senza alcun provvedimento da poter impugnare.

Tutto questo ostacola criticamente l’esercizio del diritto di asilo: sempre più persone si vedono precluse per mesi l’accesso a diritti fondamentali connessi allo status di richiedente protezione internazionale, come l’accoglienza, la tutela sanitaria e il diritto all’iscrizione anagrafica.
Pur di vedere registrata la propria domanda, molto spesso le persone richiedenti asilo, per tentare di superare questi ostacoli, si vedono costrette a pagare privatamente legali, nonostante l’accesso alla domanda di protezione internazionale sia un diritto internazionalmente tutelato e non richiede l’assistenza legale almeno per quanto riguarda la fase amministrativa.

Chiediamo pertanto:

  1. Che la questura permetta accesso quotidiano ai locali per la presentazione della domanda di protezione internazionale e che questa possa essere presentata anche attraverso l’invio di e-mail o pec;
  2. Che siano messi a disposizione locali idonei ad accogliere chi è in attesa, specialmente in presenza di condizioni climatiche avverse;
  3. Che sia garantito l’utilizzo dei servizi igienici e l’accesso all’acqua potabile;
  4. Che non venga richiesta documentazione non prevista da alcuna normativa;
  5. Che venga sempre messo per iscritto il rifiuto di formalizzare la domanda di protezione indicandone i motivi;
  6. Che venga garantita la piena e completa informazione del richiedente attraverso modalità di comunicazione dignitose con il personale della Questura, ad esempio attraverso la riapertura dell’info point attivo nel 2023.

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