Il TAR su inerzia amministrazione in una procedura espropriativa

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Approfondimento, a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca, su una sentenza del TAR che riguarda l’inerzia dell’amministrazione in una procedura espropriativa.


Il primo comma dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge n. 241/1990, nella sua chiarezza espositiva e sequenziale, dispone un dovere per le PA di pronunciarsi (clare loqui) con un provvedimento espresso, quando il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio.

Condotta equivalente anche nel caso che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata: il provvedimento sarà redatto «in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».

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L’inerzia oltre a violare una regola posta dall’Ordinamento a tutela degli interessi generali ad un’Amministrazione efficiente ed efficacie al servizio dei cittadini (ex art. 98), registra la violazione di un dovere di diligenza, sotteso alla condotta inerte.

Il caso

La sez. II Brescia, del TAR Lombardia, con la sentenza 17 febbraio 2025 (Estensore Cappelli), dichiara quindi illegittimo il silenzio servato dal Comune, a fronte di una richiesta di pronunciarsi sull’acquisizione sanante o restituzione di terreni occupati in relazione alla realizzazione di un’opera pubblica, una scelta discrezionale della PA tra:

  • l’acquisizione dell’area con decreto di esproprio sanante, ex 42-bis DPR 327/2001, con corresponsione dell’indennizzo,
  • ovvero la restituzione del bene con pagamento del relativo risarcimento.

I ricorrenti, al tempo, avevano sottoscritto un verbale di cessione volontaria (c.d. bonaria) delle predette aree, con liquidazione definitiva dell’indennità di occupazione e di esproprio:

  • per prima cosa non seguiva alcuna formalizzazione (trascrizione) del trasferimento dei beni patrimoniali;
  • e neppure alcun riscontro onde addivenire alla conclusione dell’iter amministrativo (c.d. procedura ablativa) e negoziale.

In presenza di una condotta omissiva, ai sensi della norma speciale e della regola generale della legge sul procedimento amministrativo, la parte ricorrente si rivolge al TAR per accertare l’illegittimità del comportamento, nonché la fondatezza della pretesa, con richiesta di nomina, in caso di inosservanza, di un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva.

Il ricorso viene accolto.

Acquisizione sanante

In primo luogo l’art.  42-bis, d.P.R. n. 327/2001, delinea un procedimento amministrativo volto ad eliminare le situazioni di incertezza determinata da un’occupazione sine titulo (ovvero, al di fuori di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità), dando vigore (veste giuridica) agli atti materiali dell’Amministrazione, riconducendoli nel contesto del principio di legalità, costituendo (tale fonte) l’unico strumento previsto dall’ordinamento per la regolarizzazione dell’utilizzo di beni privati, detenuti senza titolo dall’Amministrazione per scopi di interesse pubblico [1].

La cit. disciplina non prevede che il procedimento sia ad istanza del privato ma pur sempre è possibile sollecitare l’esercizio del potere amministrativo, indi la PA ha l’obbligo di provvedere al riguardo, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l’eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

Il TAR potrà accertare l’inadempimento (il silenzio colposo), non potendo sostituirsi nella scelta riservata alla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione, tra restituzione o acquisizione o (anche mediante accordi procedimentali, ex art. 11 della legge n. 241/1990) o cessione volontaria o decreto di esproprio, non potendo il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle dell’Autorità competente; Autorità che dovrà terminare il procedimento in modo definitivo [2].

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Inoltre, viene esclusa l’usucapione dei beni, contraria alla disciplina nazionale e comunitaria [3], dimostrando inequivocabilmente il riconoscimento del diritto di proprietà in capo alla parte ricorrente.

Il Tribunale conclude dunque che la procedura per l’ipotesi di utilizzo “senza titolo” di un bene privato a scopi di interesse pubblico, rientra nella norma dell’art. 42 bis del TU sugli espropri [4].

Il silenzio inadempimento

Pertanto, dal quadro normativo, dagli accordi sottoscritti, dalle diffide inoltrate dalla parte privata, finalizzate a sollecitare l’Amministrazione alle opzioni di acquisizione, di cui all’art. 42 bis del DPR n. 327/2001 (compreso il valore concordato in sede preliminare di sottoscrizione degli accordi bonari di cessione, rilevando che la quantificazione del valore venale o specifiche voci di indennizzo rientrano nella giurisdizione ordinaria, ex art. 53, comma 2, del DPR n. 327/2001) [5], in assenza di alcuna determinazione al riguardo, il GA non può che dichiarare la sussistenza dell’obbligo della PA di pronunciarsi con un provvedimento espresso, acclarando il silenzio – inadempimento.

Il giudice amministrativo con la sentenza accerta quindi la sussistenza, in capo all’Ente pubblico interessato, dell’obbligo di provvedere [6].

Il provvedimento da adottare non potrà che essere l’acquisizione dei terreni, compresa ovviamente la loro trascrizione, valutazione già operata a monte, con la sottoscrizione degli accordi bonari di cessione: la scelta ex ante contenuta negli atti sottoscritti (un autovincolo): da qui l’ordine alla PA di provvedere con provvedimento espresso [7].

Il silenzio inadempimento, in violazione della regola generale (ex art. 2 della legge n. 241/1990), viene dunque superato con l’adozione dell’atto nei termini definiti dal Tribunale (provvedere con l’acquisizione o restituzione dei terreni), ponendo fine (superando) l’attuale situazione di incertezza da parte dei privati, confermando l’obbligo di provvedere a fronte dell’inerzia della PA [8].

L’obbligo di provvedere

In effetti, l’obbligo di provvedere sussiste, non solo, in tutti i casi in cui il diritto di iniziativa procedimentale sia accordato da espresse disposizioni di legge, ma anche, allorquando l’Amministrazione si sia a ciò vincolata, come deve ritenersi nel caso in esame, in ragione dello stato di avanzamento procedimentale, verificandosi, pertanto, l’ipotesi in cui l’interessato è titolare di un interesse differenziato e qualificato (il c.d. interesse pretensivo) ad un bene della vita per il cui conseguimento è necessario l’esercizio del potere amministrativo [9].

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Pertanto l’azione del giudice accerta l’inerzia colposa dell’Amministrazione, e un conseguente obbligo di attivarsi per esercitare un potere affidato dalla legge (la competenza), con uno spirito (quello delle leggi) proattivo, assicurando il bene della vita, quella legittima aspettativa di dare riscontro alle richieste, con un rapporto è improntato alle regole di buona fede (correttezza: i principi di buon andamento, ex art. 97 Cost.) e collaborazione [10]: urpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit [11].

Note

[1] Un istituto che assolve l’agire pubblico senza l’osservanza delle norme sull’espropriazione per pubblica utilità, costituendo «un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale e da peculiari e autonomi presupposti… il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano l’acquisizione del bene utilizzato al patrimonio indisponibile in funzione del mantenimento dell’opera pubblica realizzata (o, comunque, delle modificazioni apportate al bene) sine titulo», Cons. Stato, Ad. Plen., 20 gennaio 2020, n. 4.

[2] Le pretese di carattere patrimoniale (riguardanti la spettanza di un indennizzo o di un risarcimento, e la loro relativa quantificazione) possono essere anche esaminate (dal giudice avente giurisdizione, a seconda dei casi) solo una volta chiarito quale sia il regime proprietario del terreno e, di conseguenza, quale sia il titolo in base al quale sono formulate le medesime pretese, TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 18 ottobre 2024, n. 1488.

[3] In violazione della Convenzione ed in particolare dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu, a mente del quale «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale», cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, 30 maggio 2000, n. 31524/96; sez. III, 12 gennaio 2006, n. 14793/2002; Cons. Stato, sez. IV, sentenze n. 3988/2015 e n. 3346/2014.

[4] Prima di allora risultava radicalmente preclusa l’azione di restitutio in integrum da parte del destinatario dell’occupazione preordinata all’esproprio, qualificandosi l’occupazione acquisitiva, più che un mero fatto illecito, una vera e propria “fattispecie ablatoria seppur atipica”, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3346; Corte Costituzionale, 23 maggio 1995, n. 188 e 30 aprile 1999, n. 148; Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2000, n. 7583.

[5] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 giugno 2020, n. 4025 e 23 dicembre 2021, n. 8559.

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[6] Anche TAR Toscana, sez. I, 22 gennaio 2018, n. 96.

[7] L’azione avverso il silenzio inadempimento di cui all’art. 117 cpa è esperibile solamente quando l’Amministrazione sia tenuta ad adottare un atto di natura provvedimentale e non, invece, nelle ipotesi in cui una norma di legge imponga l’adozione di un regolamento o di un atto amministrativo generale, TAR Lazio, Roma, sez. I bis, 6 novembre 2024, n. 19541.

[8] Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4696.

[9] Poi TAR Veneto, sez. II, 6 novembre 2023, n. 1576; idem TAR Puglia, Bari, sez. I, 31 marzo 2023, n. 582.

[10] In questo senso, non è possibile, da parte del privato, invocare i principi di collaborazione e di buona fede che consentono la formazione del silenzio assenso in ipotesi in cui siano stati evidenziati profili di criticità da parte della PA, atteso che in questi casi non ricorre alcuna inerzia amministrativa che giustifichi il meccanismo di semplificazione, ossia in quelle volte che non si è dato riscontro ad un preavviso di rigetto, ex art. 10 bis, della legge n. 241/1990, TAR Umbria, sez. I, 15 febbraio 2025, n. 145, Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2024, n. 7768.

[11] Infine, l’obbligo giuridico di provvedere, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento e, quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione, Cons. Stato, sez. IV , 29 maggio 2015, n. 2688.


Fonte: articolo dell’Avv. Maurizio Lucca – Segretario Generale Enti Locali e Development Manager

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