La Regione Piemonte si appresta a finanziare con un nuovo bando il Fondo “Vita nascente”, anche quest’anno con un milione di euro. Molte associazioni femministe hanno chiesto un accesso agli atti per capire come siano stati utilizzati i fondi erogati con i precedenti bandi, per un totale di 2.460.000 euro
Dall’analisi dei documenti del bando del 2022 appare chiaro che siamo di fronte ad un vero e proprio spreco di denaro pubblico e all’inesistenza di criteri di erogazione delle risorse: in che modo e con quale criterio viene assistita una donna piuttosto che un’altra? La legge 194 è chiara: sono i consultori a dover informare la donna sui servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture del territorio, attuando direttamente o tramite gli enti pubblici gli interventi per aiutarla, nel caso sia lei stessa a richiederlo.
La collaborazione di associazioni del volontariato può avvenire con appositi regolamenti solo con idonee formazioni sociali, che dimostrino quindi un’adeguata formazione. Di questo non c’è traccia né nel bando né nella documentazione.
Quello che appare dalle varie rendicontazioni è di fatto una raccolta di dati disomogenea e imprecisa che non segue criteri univoci e determinati e non si capisce con quale principio vengano erogati i fondi.
La cosa più grave però è che non viene posta attenzione al contesto nel quale la donna vive, non c’è un percorso per far emergere quali sono le vere cause della fragilità sociale ed economica e quindi quali strumenti individuare per far sì che la donna affronti una maternità consapevole e una pianificazione familiare.
Le relazioni che hanno analizzato i singoli casi offrono uno spaccato della vita di donne e di bambini che vivono in situazioni di grande difficoltà, deprivati di risorse economiche e sociali: tra i bisogni espressi che emergono dalle relazioni ci sono il lavoro, la casa e la custodia dei figli.
A difficoltà di questo tipo, le soluzioni offerte sono assolutamente inadeguate e incongrue: il problema della casa non si risolve pagando qualche mensilità di affitto, ma con l’assegnazione di una casa popolare. Così come la presenza di condizioni economiche di povertà non si risolve con l’erogazione di qualche prodotto per l’infanzia che può solo supplire a necessità emergenziali, ma con la possibilità per le donne di ottenere un lavoro.
Tutti gli studi indicano infatti come fattore di fragilità dei nuclei familiari la presenza di un unico percettore di reddito. Questo dato però è totalmente ignorato: il tema della maternità mancata per tante donne che madri vorrebbero esserlo, e quindi della denatalità, sta principalmente nell’assenza di un lavoro stabile e adeguatamente retribuito per le donne, nella carenza di aiuti concreti per conciliare il lavoro familiare e la cura dei figli. Gli asili nido gratuiti con orari flessibili sono un sogno nel nostro Paese e invece permetterebbero a molte famiglie di affrontare con fiducia e tranquillità la maternità.
Quello che risulta chiaro è che per dare una risposta a questi problemi è necessario l’intervento e la presa in carico dei servizi pubblici strutturati, con professionisti di certificata competenza.
Ma come possono oggi i Consultori, i Comuni, i Consorzi socio assistenziali dare delle risposte concrete se i tagli orizzontali per i soli Comuni e le Province da qui al 2028 sono pari a 250 milioni l’anno sulla base dell’ultima legge di Bilancio?
Sorge quindi spontanea una domanda: perché i soldi del Fondo
“Vita Nascente” non sono stati dati alle strutture pubbliche per potenziarle?
Cosa si potrebbe fare con quelli sinora erogati dalla Regione agli antiabortisti lo hanno quantificato le Non Una Di Meno che hanno promosso la campagna “e tu cosa faresti con 2,34 milioni di euro?”. Si potrebbero assumere per un anno 66 ostetriche oppure 31 ginecologhe. Con la stessa cifra si attiverebbero 210 posti in asili nido o l’assunzione di una mediatrice per ogni ospedale del Piemonte per un anno a tempo pieno, in modo da semplificare l’accesso alle cure da parte di persone che si trovano in situazioni di maggiore difficoltà per la barriera linguistica.
Si potrebbero avviare 3900 progetti di educazione affettiva e sessuale nelle scuole superiori, o incrementare i finanziamenti a favore delle attività dei centri antiviolenza, che, attraverso la presa in carico e la rete dei servizi pubblici, sostengono percorsi strutturati di fuoriuscita dalla violenza.
E allora ci chiediamo: perché sprecare queste risorse? La risposta è solo una: questo è un provvedimento ideologico e strumentale. Lo si comprende anche dalle risposte delle rendicontazioni, incomplete, non dettagliate e sommarie che non permettono neppure di capire quante, tra le 450 donne assistite, fossero in gravidanza o già neomamme.
Il vero obiettivo di questo provvedimento è da un lato compiacere le associazioni antiabortiste che sono un bacino elettorale caro a questa destra, e dall’altro dimostrare quanto il patriarcato e il disprezzo dell’autodeterminazione delle donne sia la rotta delle loro politiche, incuranti delle proteste e delle manifestazioni che da mesi le donne hanno messo in atto. Tanto che ieri, alla fine di un Presidio organizzato dalla Rete+di194voci e dalle Nudm per contestare il nuovo finanziamento al fondo “Vita Nascente” è stata negata, dal Presidente del Consiglio Regionale, l’audizione richiesta dalle manifestanti, respingendo così il confronto che è alla base della democrazia.
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