«Siamo un mondo di vecchi», è questo l’esordio del direttore del Consorzio del Prosecco Doc Luca Giavi agli Stati generali del vino che si son tenuti lo scorso 17 febbraio a Roma. Efficacie la sua metafora generazionale per parlare del cambiamento dei consumi di vino: «Io a quasi 53 anni vengo considerato un giovane direttore. E questo non va bene. Il vino oggi parla con un tone of voice vecchio e con temi vecchi. Se non sapremo cambiare, saremo destinati a perdere».
Svecchiarsi per il mondo vitivinicolo significa anche accettare che nuovi modelli di consumo si facciano largo. E di questo la Doc del Triveneto – con più di 650 milioni di bottiglie – ne sa qualcosa.
Il Prosecco contro la supponenza del mondo del vino
Se l’export di vino italiano potrà raggiungere il nuovo record degli 8 miliardi di euro, non si può ignorare che il merito va proprio alla locomotiva Prosecco, che da sola vale più di 1,7 miliardi di euro (+11,9 per cento da gennaio a novembre 2024).
Ma per Giavi, il nuovo traguardo, è anche il momento di togliersi qualche sassolino dalle scarpe: «Mi sono infastidito con i colleghi che guardano con supponenza al mondo del Prosecco che, oggi, è diventato un vero driver per tutto il settore. Ma quella supponenza è data da una mentalità legata a vecchi stereotipi. D’altronde, se sei un filosofo scrivi libri, ma se fai l’imprenditore devi fare in modo che il tuo vino venga venduto e bevuto. Ma oggi il nostro mondo è fatto di enofighetti».
Non le manda di certo a dire Giavi: «A chi dice che la chiave del nostro successo sia solo il prezzo, rispondo con una recente ricerca di Nomisma che riguarda i consumi di Prosecco in Francia, dove la leva del prezzo è solo la sesta motivazione di acquisto dopo le caratteristiche del prodotto e la versatilità». Non si dimentichi, a tal proposito, che proprio la Francia per le bollicine del Triveneto rappresentano, a sorpresa, il mercato più promettente e più in crescita negli ultimi quattro anni: «La Francia, dove di bollicine ne capiscono, rappresenta oggi il nostro quarto mercato e con questa crescita raggiungerà a breve la nostra prima piazza, la Germania».
Mondo del vino troppo autoreferenziale
L’invito del direttore è, quindi, di «uscire dai luoghi comuni e dalla supponenza che spesso contraddistingue il settore. Sono stato a Wine Paris – racconta al Gambero Rosso – e ogni espositore era pronto a giurare che il suo vino fosse il migliore. Ma il migliore rispetto a cosa? La classifica la fa il consumatore e la fa il periodo storico in cui si vive. Siamo sicuri che un Suv o un fuori strada siano meglio di una macchina sportiva? Dipende da dove vogliamo parcheggiare e più in generale da quali strade vogliamo percorrere. Questo per dire che il mondo del vino è troppo autoreferenziale e incapace di parlare ai giovani: ce la cantiamo tra di noi senza andare incontro a chi davvero consuma il vino».
Il bisogno di andare oltre le mode
Poi il direttore del Consorzio Doc si sofferma su un altro tema da non trascurare: le mode. «Noi godiamo di un momento di grande (ancora) espansione – continua il direttore del Consorzio – Un momento che, come tutti i momenti vanno letti. Noi probabilmente interpretiamo un gusto giovanile, ma non possiamo solo basarci sul fatto di essere di moda, perché le mode passano. Chi è andato solo dietro alle mode, vedi Bordeaux, oggi soffre, al contrario della Borgogna che è rimasta fedele al suo stile. Dobbiamo avere altri strumenti. Nel nostro caso, mi piace parlare di durabilità, ovvero capacità di durare nel tempo nei gusti del consumatore».
Un Prosecco low alcol e low sugar
Ma in che modo si può parlare ai nuovi consumatori, evitando di seguire soltanto le mode? «Senza snaturarsi» è la risposta di Giavi, che ricorda come il Prosecco, in questo momento, rispecchi i gusti contemporanei: «Fresco, poco alcolico e versatile. Caratteristiche – ribadisce il direttore – che di fronte ad ogni innovazione devono rimanere invariate. È questo il nostro mantra: lo era quando abbiamo lanciato il nostro Prosecco rosé e lo è anche adesso che stiamo studiano una versione light a 8,5 gradi. Se capiremo che questa non sarà una strada percorribile perché mette a rischio la bevibilità del prodotto o la sua conservazione, allora saremo pronti a fare un passo indietro». Come il presidente del Consorzio Giancarlo Guidolin aveva raccontato al settimanale Tre Bicchieri qualche mese fa, l’idea di un Prosecco light parte dal presupposto che si riesca ad abbassare anche il residuo zuccherino. Al momento, infatti, senza modificare il disciplinare si potrebbe già fare una versione aromatica a 8,5% vol, ma con un grado zuccherino alto (11 gradi di alcol svolto), tecnicamente un demi-sec. La sfida, invece, è ottenere un low alcol che sia allo stesso tempo low sugar.
Prosecco Doc rose – calice – foto Consorzio Prosecco Doc
Al via la ricerca su varietà resistenti per il Prosecco Doc
E sempre in fase di studio è la possibilità di inserire vitigni resistenti dentro al disciplinare del Prosecco Doc. Ad aprire la strada anche per le denominazioni d’origine è stata la Doc delle Venezie con il suo Pinot Grigio (come annunciato in una recente intervista al Gambero Rosso). Procedura non ancora consentita dal Testo Unico del vino, ma su cui si è aperta una discussione – con tanto di proposta di bozza di legge – in Commissione agricoltura.
«In questo caso non siamo noi gli apripista, ma non abbiamo detto no a priori alla novità», così Giavi conferma al Gambero Rosso la possibilità di seguire a ruota il Pinot Grigio qualora la legge lo permettesse. «Non provarci sarebbe un errore – continua il direttore, che però precisa: «La ricerca in tal senso è partita, ma bisogna prima verificare che ci siano delle varietà resistenti capaci di preservare le caratteristiche del Prosecco. Siamo contrari alle fughe in avanti: prima verifichiamo, poi aderiamo. Chiaramente la ricerca, specie se deve verificare la resistenza di un vitigno, ha bisogno di tempo. Quindi nessuna fretta al momento».
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