il Ministero della Giustizia dispone il carcere duro per due esponenti del clan Mancuso

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Nei loro confronti la Dda di Catanzaro ha già formulato richiesta di condanna a 20 anni di reclusione a testa nel processo con rito abbreviato

Carcere duro, così come previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, nei confronti di due soggetti di Nicotera Marina ritenuti dagli inquirenti organici al clan Mancuso. E’ quanto deciso dal Ministero della Giustizia. In particolare, la decisione riguarda Assunto Natale Megna, 67 anni, e Francesco Mancuso, 54 anni, detto “Bandera”, di Limbadi, ma residente a Nicotera Marina. I due si trovano ristretti in carcere dal luglio del 2023 in quanto arrestati nell’ambito dell’operazione antimafia Imperium, portata a termine dallo Scico della Guardia di Finanza con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Proprio la Procura distrettuale ha chiesto nei confronti di Mancuso e Megna la condanna a 20 anni di reclusione ciascuno nel troncone del maxiprocesso, ancora in corso, che si sta celebrando con rito abbreviato.

Le accuse per Francesco Mancuso

Francesco Mancuso è accusato del reato di associazione mafiosa ed in particolare di far parte dell’articolazione dell’omonimo clan diretta dallo zio Luigi Mancuso. Avrebbe rappresentato e preso il posto del fratello Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, a partire dal momento di carcerazione di quest’ultimo. Secondo l’accusa, «simulando una posizione defilata» avrebbe «intrattenuto costanti rapporti con lo zio Luigi Mancuso per il tramite di Assunto Natale Megna, Pasquale Gallone e Gaetano Molino, al quale palesava in più occasioni gli interessi “di famiglia” nel villaggio Sayonara di Nicotera Marina e nella riscossione degli introiti derivanti dalla sua gestione». Francesco Mancuso si sarebbe poi adoperato nelle iniziative volte al «riciclaggio dei proventi illeciti della cosca, rilevando, per il tramite del suo prestanome Paolo Mercurio, una serie di attività economiche tra cui una piadineria ubicata a Milano ed un’attività ittica ubicata prima a Vibo Valentia e poi a Marcellinara». Le condotte contestate partono dal 16 marzo 2005. Francesco Mancuso è anche fratello di Giuseppe Mancuso, 64 anni, detto “Pino Bandera”, libero dal settembre 2022 dopo aver scontato una condanna definitiva per narcotraffico internazionale (operazioni Decollo, Smirne e Grandi firme).

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Le contestazioni per Assunto Megna

E’ il padre del collaboratore di giustizia Pasquale Megna. Per la Dda di Catanzaro è un partecipe del clan Mancuso, «punto di riferimento dei vertici apicali della cosca sul comprensorio di Nicotera Marina, inizialmente sotto le direttive di Giuseppe Mancuso (cl. ’49, detto “Peppe Mbroglia”) ed in seguito sotto le direttive di Luigi Mancuso». Assunto Megna avrebbe sfruttato la forza di intimidazione della consorteria di appartenenza, nonché il vincolo di affinità che lo lega al cognato Pantaleone Mancuso (detto “Scarpuni”) ed a suo fratello Francesco Mancuso (detto “Bandera”). Assunto Megna vanterebbe poi pregressi rapporti con Pantaleone Mancuso (detto “l’Ingegnere”) ed il fratello Diego Mancuso. Forte di tali legami, Assunto Megna avrebbe assunto per assunto una posizione commerciale dominante sul territorio, specie nelle relazioni con altri imprenditori del settore ittico e con i gestori delle strutture ricettive alle quali avrebbe imposto l’esclusività nelle forniture. Quale amministratore di fatto ed effettivo dominus delle società “Ittica Nicotera sas” (formalmente amministrata dal figlio Giuseppe Megna), Assunto Megna avrebbe veicolato agli altri sodali le direttive e le “ambasciate” di Luigi Mancuso, oltre ad assumere, di concerto con lo stesso, iniziative nel settore turistico-ricettivo.

Assunto Natale Megna è quindi accusato di aver esercitato il controllo di fatto del villaggio Sayonara di Nicotera Marina e dell’Hotel Cliffs di Joppolo. Sarebbe stato proprio lui – ad avviso degli inquirenti – il soggetto che avrebbe ricevuto e consegnato periodicamente al boss Luigi Mancuso le somme di denaro elargite dai soggetti incaricati della gestione del villaggio Sayonara. In esecuzione delle direttive impartite da Luigi Mancuso e da Pasquale Gallone (ritenuto il braccio destro di Mancuso), Assunto Megna si sarebbe inoltre adoperato – unitamente a quest’ultimo ed al figlio Pasquale Megna – per favorire la latitanza di Marcello Pesce, elemento di spicco dell’omonimo clan di Rosarno, offrendo un significativo contributo al rafforzamento della storica alleanza tra la famiglia Mancuso e la famiglia Pesce. Infine, Assunto Megna è accusato di essere stato investito dagli altri esponenti del sodalizio per la risoluzione delle problematiche insorte con altre consorterie operanti nel Vibonese e nel Reggino.



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