“La Regione Emilia-Romagna ritira la proposta di autonomia differenziata, una scelta che avviene in totale trasparenza, dato che lo avevamo già indicato durante la campagna elettorale”. Ad annunciarlo, intervenendo in Assemblea Legislativa, il presidente della Regione, Michele de Pascale, che ha aperto la discussione in Aula sul tema dell’Autonomia differenziata in base all’articolo 116 della Costituzione, procedura avviata in Emilia-Romagna nel 2017.
“Non azioneremo quella leva, perché trovo sia la strada sbagliata. E quindi non lo dico in tono polemico verso il Governo- ha spiegato de Pascale-. Lavoreremo, invece, per un’autonomia amministrativa e funzionale, a realizzare un’amministrazione di prossimità, che avvicini il momento decisionale ai cittadini, e penso soprattutto alle sindache e ai sindaci dell’Emilia-Romagna: se di autonomia vogliamo parlare, deve vedere come protagonisti assoluti Comuni e Province, che sono i veri enti di prossimità”.
L’auspicio del presidente della Regione è che questo percorso “possa essere trasversale e coinvolgere altre Regioni, anche perché penso sia chiaro ormai a tutti che non ci sarà alcuna autonomia differenziata. Ormai l’autonomia differenziata viaggia su un binario morto, un rigoroso e serio piano B deve essere un tavolo per la riforma del Titolo V”. Dunque, ha concluso de Pascale, “penso che in questo Paese non serva maggior autonomia legislativa, serve invece avvicinare l’amministrazione al territorio e si può fare con una legge ordinaria.
Le reazioni del consiglio regionale
In linea con le parole del Presidente de Pascale, Partito democratico, Allenza Verdi Sinistra, Civici con de Pascale e Movimento 5 Stelle hanno presentato e approvato una risoluzione che sostiene la decisione della giunta di ritirare le proposte di autonomia differenziata esistenti e impegna l’esecutivo regionale a promuovere la riscrittura del Titolo V della Costituzione in coerenza con la recente sentenza della Corte costituzionale in materia di autonomia regionale e rapporto Stato-Regioni.
L’Assemblea legislativa, invece, ha respinto la risoluzione presentata da Lega e Fratelli d’Italia (e votata anche da Forza Italia e Rete civica) in cui si sottolinea come la giunta de Pascale non abbia prodotto alcun atto formale per ritirare il progetto sull’autonomia presentata negli anni scorsi e invita la giunta stessa a procedere sul percorso dell’autonomia come previsto dagli accordi tra l’Emilia-Romagna e il governo nazionale sottoscritti nel 2018. Le parole del presidente della Regione hanno dato vita a un dibattito fra i gruppi consiliari. “Accogliamo la richiesta di interrompere il percorso per l’autonomia differenziata. Il processo politico ha negato l’obiettivo teorico di creare ulteriori forme di autonomia. La legge Calderoli rende impossibile ogni passo ulteriore e sostanzialmente divide il Paese, accentua le differenze fra cittadini e territori. Lo dice anche una sentenza della Corte costituzionale. Chiediamo quindi alla giunta di dire no: questa non è autonomia ma uno scambio politico che fa saltare l’unità del Paese. I nostri territori hanno una grande storia di autonomia ma la cultura di questa terra è di una autonomia solidale. Chiediamo di revocare gli accordi preliminari del 2018. Questa risoluzione chiede di non dividere il Paese”, spiega Paolo Trande (Avs) che boccia l’intero impianto delle riforme costituzionali portate avanti dal governo Meloni (autonomia differenziata, premierato, separazione delle carriere dei magistrati).
Vincenzo Paldino (Civici con de Pascale) aggiunge: “La Corte costituzionale prevede particolari forme di autonomia ma mantenendo l’unità della Repubblica. Pur non rinnegando i ragionamenti dell’Emilia-Romagna sull’autonomia riteniamo non si debba procedere su questa riforma che non trova supporto nella stessa maggioranza di governo. Ci sono diversi rischi sull’autonomia, a partire dalla competizione sleale fra territori. Attraverso l’unità del Paese dobbiamo far sì che tutte le Regioni abbiano gli stessi diritti, mettendo al centro i cittadini”. “Non stiamo parlando di una bandierina ideologica, né di un salto nel buio, ma di un diritto previsto dalla Costituzione italiana: chiediamo che la Regione operi per garantire l’autonomia differenziata ai cittadini dell’Emilia-Romagna”, ha spiegato Tommaso Fiazza (Lega) per il quale ‘il nuovo corso del Pd imposto dalla segreteria nazionale ha determinato un cambio di rotta.
Un ritorno alla logica della contrapposizione tra nord e sud, con la sola finalità di rianimare una mobilitazione politica basata sul conflitto e sulla buona amministrazione. L’Emilia-Romagna – spiega Fiazza- è una delle Regioni più efficienti di Italia, lo riconosciamo tutti, eppure oggi il suo governo vuole rinunciare all’autonomia non per ragioni economiche o tecniche, ma per un calcolo politico miope. È un cambio di rotta. È una scelta che contraddice otto anni di lavoro: è ora che la Regione torni a fare ciò che aveva deciso di fare con il sostegno della maggioranza di questa assemblea e che si riprenda il confronto con il governo sulla base del pre-accordo del 2018: chiediamo semplicemente coerenza e serietà’. Interviene, poi, Ferdinando Pulitanò (FdI) che critica la linea del presidente de Pascale: “L’Emilia-Romagna da sempre chiede maggiore autonomia. Solo nel 2022 dalla maggioranza si chiedevano più materie di competenza. Spesso abbiamo sentito dire che la nostra Regione è la migliore in Italia e quindi pronta per maggiori spazi di autonomia. Oggi si cambia invece rotta, serve quindi chiarezza; resta fermo il fatto che l’autonomia differenziata è la soluzione”.
Luca Sabattini (Pd) sul lavoro portato avanti in Assemblea negli ultimi anni: “Abbiamo analizzato minuziosamente funzione per funzione, per comprendere chiaramente cosa poteva essere utile al nostro ordinamento. Non abbiamo mai parlato di risorse economiche e l’obiettivo è sempre stato quello di rendere più efficace il nostro livello istituzionale. Serve però correre tutti assieme, perché un’autonomia differenziata che non si basa su livelli uniformi delle prestazioni e dei servizi in tutto il territorio nazionale è per noi dannosa”.
Per Valentina Castaldini (Forza Italia) “al di là dell’esito della proposta va ricordato che è stato il centrosinistra a modificare il titolo V della Costituzione e considerare questa opzione. Il Paese è chiamato a far fronte a tantissime sfide e per questo ha bisogno di unità e coesione con un processo di riforma ampiamente condiviso e risolvendo il problema delle materie concorrenti. Il rapporto Stato-Regioni non si può risolvere solo in tema di deleghe. Oggi lo strumento di tale rapporto è la Conferenza Stato-Regioni, troppo debole in questo momento così importante. Serve solidarietà per le zone in difficoltà per non accentuare le differenze”.
Luca Pestelli (FdI) ha sottolineato: “La coesione territoriale e sociale del Paese sono valori condivisi. La sussidiarietà è prima di tutto responsabilità istituzionale che con questa riforma viene espresso in modo negoziale e condiviso. Non c’è rischio di compromettere coesione sociale e unità nazionale. Le motivazioni addotte per lo stop ai negoziati sottendono una volontaria confusione tra i poteri esecutivo e legislativo dello Stato. Nessuno vuole mettere in discussione l’unità del Paese e con questa riforma non si corre il rischio di cessione di sovranità verso il basso“.
Per Gian Carlo Muzzarelli (Partito democratico) “serve ritrovare un senso di appartenenza in Italia e in Europa per affrontare le sfide future, servono forme di autonomia in cui tutti si devono sentire responsabili, comprendere quelle che sono le esigenze dei cittadini per non commettere errori. Serve responsabilità, è sbagliato pensare di abbandonare il sud e non devono esserci rotture sociali“.
Per Lorenzo Casadei (Movimento 5 stelle) “non c’è più interesse sul tema autonomia indifferenziata, serve invece affrontare il tema per definire un quadro chiaro su come l’Emilia-Romagna intenda muoversi. L’Italia non deve essere trasformata in un Paese Arlecchino ed è sbagliato spaccare l’Italia. Il progetto Calderoli è un disastro annunciato, si vuole condannare chi ha di meno e a tutti gli italiani devono essere assicurati gli stessi diritti. L’Italia non si vende a pezzi”.
Paolo Burani (Alleanza Verdi Sinistra) ha criticato la riforma Calderoli: “La riforma nazionale rischia di peggiorare la situazione, sbagliato frammentare ulteriormente. La Costituzione sancisce, al contrario, i principi di equità e coesione, garantendo gli stessi diritti a tutti i cittadini. La riforma alimenta un modello di sviluppo squilibrato e iniquo, proponendo una secessione economica. Il rischio è di trasformare l’Italia in un mosaico di disuguaglianze”. Per Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia) “oggi si vuole mettere fine in Regione al progetto di autonomia differenziata, c’è un evidente cambio di rotta. L’Emilia-Romagna si era accodata a Veneto e Lombardia con istanze autonomiste e Bonaccini arrivò addirittura a firmare un accordo preliminare con il governo Gentiloni, un’intesa con sedici materie. Poi nel 2023, con l’avvento di Elly Schlein alla guida del Pd, c’è stato il ‘contrordine’: così il Pd si riscopre antiautonomista e, oggi, assistiamo in Assemblea a un’evidente inversione a ‘U’: così si prendono in giro gli emiliano-romagnoli”.
Per Paolo Calvano (Pd), “è giusto definire la strada che l’Emilia-Romagna vuole intraprendere. Il Presidente de Pascale è stato chiaro sui motivi dello stop, ci saremmo attesi, però, più solidarietà dalle opposizioni, a partire da Fratelli d’Italia. L’autonomia così come è concepita disgrega il Paese: tutti i cittadini dalla Valle d’Aosta alla Sicilia devono avere le stesse opportunità, serve una riscrittura della riforma, lo strumento proposto da Calderoli è anticostituzionale, per questo ci sfiliamo. L’Emilia-Romagna si ferma”. Calvano ha anche osservato come il governo da un lato approva norme come la legge Calderoli in cui si parla di autonomia, dall’altro, con la legge di Bilancio 2025, ‘approva una manovra che si fonda su 8 miliardi di tagli alle Regioni, su oltre un miliardo e mezzo di tagli agli Enti Locali e su altri tagli al sistema delle autonomie’. Alle osservazioni dei gruppi consigliari ha replicato il presidente de Pascale che ha ribadito: “L’autonomia differenziata è su un binario morto.
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