Tremano molti alberghi con spa in tutta Italia dopo che il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha emesso una sentenza che ridefinisce l’uso del termine “terme” in Italia. Secondo il tribunale, la parola “terme” può essere utilizzata esclusivamente per indicare centri che impiegano “acque termali aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela della salute”. Questa sentenza potrebbe avere un impatto significativo su numerose strutture nel Paese che attualmente utilizzano il termine senza impiegare vere acque termali, ossia quelle che sgorgano dal sottosuolo ad alta temperatura, spesso arricchite di sali minerali grazie a fenomeni vulcanici, e con una specifica concessione mineraria.
La pronuncia del TAR è scaturita da un ricorso presentato da Terme e Grandi Alberghi di Sirmione Spa contro un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust). L’Antitrust aveva archiviato una segnalazione riguardante una presunta pratica commerciale scorretta da parte dell’azienda QC Terme. Quest’ultima, infatti, utilizzava il termine “terme” anche per stabilimenti, come quelli situati nel centro di Milano, che non sono in prossimità di sorgenti termali autentiche. Il TAR ha stabilito che l’uso della parola “terme” da parte di QC Terme nelle proprie strutture, sia nelle brochure che online, può generare confusione tra i consumatori e per questo ha annullato il procedimento di archiviazione.
Il Presidente di Terme di Sirmione, Giacomo Gnutti, ha commentato: “Terme di Sirmione è impegnata per riportare all’attenzione degli stakeholder e della classe medica l’importanza del riconoscimento terapeutico delle acque termali, grazie alle quali vengono erogate cure scientificamente fondate e basate su una risorsa naturale ed in tal senso di grande attualità. In questo contesto, sia nella connotazione medicale che in quella del benessere, riteniamo siano fondamentali il rigore nella gestione delle acque termali, preservandone le caratteristiche, e la trasparenza nella comunicazione verso gli utilizzatori finali affinché possano scegliere le loro destinazioni in modo consapevole ed informati del fatto che un’acqua termale ed un’acqua riscaldata sono completamente diverse”.
Nelle motivazioni della sentenza, il TAR del Lazio ha osservato che nel provvedimento impugnato dell’Antitrust non è stato menzionato il fatto che tali strutture utilizzano il termine “terme” già nella loro denominazione. Secondo il tribunale, l’inclusione della parola “terme” nel nome delle strutture è idonea a far credere ai consumatori che il centro sia di natura termale e utilizzi acque termali in senso proprio. Il TAR ha inoltre rilevato che, sebbene la struttura QC Termegarda sia pubblicizzata sul sito della società QC Terme Srl nella sezione dedicata ai “centri benessere”, distinta da quella dei “centri termali”, e non vi sia menzione della presenza di acque o cure termali, tale distinzione non è sufficiente a evitare possibili fraintendimenti.
Questa sentenza potrebbe avere ripercussioni rilevanti, oltre che per QC Terme che rischia di dover cambiare nome, anche per molte strutture benessere in Italia che attualmente utilizzano il termine “terme” senza offrire servizi basati su acque termali riconosciute. Le aziende del settore potrebbero essere costrette a rivedere la propria comunicazione e denominazione per conformarsi a quanto stabilito dal tribunale, al fine di garantire una corretta informazione ai consumatori e prevenire pratiche commerciali potenzialmente ingannevoli.
La sentenza non è comunque ancora una condanna, trattandosi solo della revoca di un procedimento di archiviazione e per QC Terme c’è anche la possibilità di ricorrere dinanzi al Consiglio di Stato.
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