Nessuna stretta di mano a favore di telecamere e visi contratti al Diriyah palace di Riad, messo a disposizione dalla famiglia reale saudita. Ma l’incontro fra il segretario di Stato Usa, Marco Rubio e il ministro russo degli Esteri Sergeij Lavrov dura quattro ore e mezza, pranzo di lavoro compreso. Un «primo passo importante» di quello che necessariamente sarà un lungo percorso perché «una telefonata seguita da un incontro non è sufficiente» per stabilire una pace, precisa il Dipartimento di Stato Usa. Ancora troppo presto per avere una conferma e la data del vertice tra l’inquilino della Casa Bianca e quello del Cremlino, ma Mosca fa sapere – a colloqui in corso – che Vladimir Putin è disposto a negoziati con lo stesso Volodymyr Zelensky.
Un primo contatto, dopo tre anni, per normalizzare le relazioni, come auspicato dal russo Lavrov. Così Washington e Mosca nomineranno al più presto squadre «di alto livello» per negoziare una soluzione del conflitto in Ucraina «duratura, sostenibile e accettabile per tutte le parti», afferma la portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce.
È il primo scatto di un ingranaggio per forza lento e complesso, ma che si è smosso. Questo l’esito concreto del vertice di Riad: un “primo passo” che non può accorciare distanze né mutare prospettive. «Tutte le parti devono fare concessioni per la pace», afferma il segretario di Stato Marco Rubio che tuttavia intravede già «straordinarie opportunità» per i rapporti tra Russia e Stati Uniti dalla fine del conflitto in Ucraina. Questi, afferma il segretario di Stato, i quattro punti concordati a Riad tra Stati Uniti e Russia: avere strutture diplomatiche operative e normalmente funzionanti; nominare negoziatori di alto livello; esaminare la cooperazione geopolitica ed economica che potrebbe derivare dalla fine del conflitto in Ucraina. Il quarto punto, conclude Rubio, è l’impegno di tutti i presenti a Riad – con il segretario di Stato Usa, Mike Waltz e Steve Witkoff, con Sergeij Lavrov, Yuri Ushakov – di impegnarsi «in questo processo per assicurarci che proceda in modo produttivo». Secondo Fox gli Usa avrebbero pronto un piano di pace in tre fasi che prevede il cessate il fuoco, le elezioni in Ucraina e un accordo finale.
Il piano Usa in tre fasi è stato però smentito da Lavrov – «un falso» gli avrebbe risposto lo stesso Rubio – che ha invece confermato che Usa e Russia hanno concordato di iniziare il «prima possibile» il processo per i colloqui di pace in Ucraina. Il capo della delegazione russa ha percepito «un vivo interesse» a rimuovere «gli ostacoli artificiali allo sviluppo di una cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa» tra Russia e Stati Uniti, chiaro riferimento alle sanzioni economiche.
Per procedere la Russia aspetterà che gli Usa confermino i propri rappresentanti per i colloqui. Desiderio in parte già esaudito perché poche dopo Keith Kellogg, inviato speciale per l’Ucraina, era nominato rappresentante degli Usa nel negoziato sul conflitto in Ucraina. Ancora da definire, invece, il capo delegazione nel gruppo negoziale tra Usa e Russia.
A vertice appena concluso il ministro degli Esteri russo non ha mancato di definire subito alcuni “paletti”: per Mosca è inaccettabile lo schieramento in Ucraina di forze di Paesi Nato in operazioni di peacekeeping, mentre il leader ucraino Zelensky «e tutta la sua squadra vanno fatti ragionare e ricevere una bacchettata sulle mani» ha affermato riferendosi all’attacco ucraino alla stazione di Kropotkinskaya dell’oleodotto del Caspio, nella Russia meridionale.
Quello che si presenta come un nodo ancora inestricabile è il ruolo dell’Europa nei negoziati che, dopo Riad, si vanno ad avviare. «Anche l’Unione Europea ha imposto sanzioni» alla Russia e quindi «anche l’Europa dovrà sedersi al tavolo dei negoziati a un certo punto», ma solo Trump è in grado di «mettere fine a questo conflitto» ha affermato il segretario di Stato Usa, Marco Rubio. Presenza ai negoziati che il ministro degli Esteri russo Lavrov, alla vigilia del vertice di Riad, aveva totalmente escluso. A vertice in corso il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, affermava però che l’Ucraina ha il «diritto sovrano» di aderire all’Ue. Su sicurezza e alleanze militari «il nostro approccio è diverso e ben noto» ha ribadito Peskov escludendo una possibile adesione di Kiev alla Nato.
Sempre più sotto pressione Volodymyr Zelensky, che ad Ankara per colloqui con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha condannato i negoziati «sull’Ucraina senza l’Ucraina».
Il leader di Kiev è tornato a chiedere garanzie di sicurezza e negoziati aperti a tutti gli attori e non terreno esclusivo o quasi delle due superpotenze: «L’Ucraina e l’Europa in senso lato, e questo include l’Ue, la Turchia e il Regno Unito, dovrebbero essere coinvolte nei colloqui e nello sviluppo delle necessarie garanzie di sicurezza con l’America per quanto riguarda il destino della nostra parte del mondo», ha affermato Zelensky che non risponde all’apertura di Putin. E per non dare l’impressione di aver già aperto un negoziato ha rimandato la visita a Riad programmata per oggi. Ma tutto sembra correre troppo velocemente. L’inviato speciale Usa Kellogg, ieri sera era a Kiev, anticipando di 48 ore la sua visita.
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