Alta tensione tra governo e opposizioni sul caso Paragon. Tiene banco la vicenda della società israeliana e dello spyware che ha bucato i cellulari di sette giornalisti. Le opposizioni, con Italia Viva, chiedono se il software-spia è in uso alle procure e alla Polizia penitenziaria. Palazzo Chigi, tramite Alfredo Mantovano, autorità delegata all’intelligence, spiega che si tratta di informazioni «classificate» e annulla l’’interrogazione sul punto del Guardasigilli Carlo Nordio, prevista oggi alla Camera, scatenando l’ira delle minoranze. Giustizia, intelligence, diplomazia, tutto si intreccia in queste ore. Che riportano sotto i riflettori un altro caso: l’espatrio del libico Almasri sfociato in un’inchiesta della procura di Roma sulla premier Giorgia Meloni e un pezzo di governo nonché in uno scontro con la Corte penale dell’Aia.
A quanto risulta al Messaggero, ieri il Tribunale dei ministri ha acquisito presso il Viminale il fascicolo sull’espulsione del “torturatore” libico e sull’uso di un aereo dei Servizi segreti per riportarlo in patria. Insomma l’inchiesta – partita con un atto del procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi – va avanti e ora punta al ministero di Matteo Piantedosi. Andiamo con ordine. Dopo i chiarimenti di Palazzo Chigi dei giorni scorsi sul caso Paragon – il software di produzione israeliana è stato in uso ai Servizi di intelligence ma non è mai stato usato contro i cronisti e ad oggi il contratto è sospeso – si apre ora un nuovo fronte. Lo ha aperto Matteo Renzi, ex premier e leader di Italia Viva, che al suo partito ha fatto firmare un’interrogazione diretta a Nordio con la seguente richiesta: le procure e la polizia penitenziaria hanno in uso lo spyware? Ieri il governo ha fatto dietrofront sul question time previsto oggi.
Con una lettera al presidente della Camera Lorenzo Fontana, Mantovano ha spiegato che si tratta di informazioni «classificate» e dunque non ci saranno altri chiarimenti in aula sul Paragon-gate, se non nelle «sedi opportune». Cioè al Copasir, il comitato di controllo degli 007 che ieri ha ascoltato per due ore e mezzo il direttore dell’Aisi (l’agenzia per l’interno) Bruno Valensise, anche su questo caso. Attacca Renzi: «Io non so se ci rendiamo conto: il question time si fa solo se il governo gradisce le domande». E fanno muro tutte le opposizioni con una lettera firmata dai capigruppo e spedita a Fontana: «La mancata risposta» alle interrogazioni su Paragon «costituisce un grave vulnus al principio di trasparenza e alla funzione di controllo che il Parlamento è chiamato a svolgere sull’operato del governo».
Il caso dello spyware e dei giornalisti spiati, si diceva, è intanto atterrato al Copasir. Dopo l’audizione del direttore dell’Aise Giovanni Caravelli ieri è stato il turno di Valensise. Al governo – è la tesi di Palazzo Chigi – non risulta che la polizia penitenziaria utilizzi lo spyware Graphite. Semmai il Gruppo operativo mobile (Gom) può aver introdotto in carcere cellulari manomessi per spiare le conversazioni di boss mafiosi al 41-bis, e comunque senza far ricorso allo spyware. Valensise ha poi risposto a domande dei parlamentari sul presunto dossieraggio dell’Aisi a danno del capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi, emerso dalle carte della procura di Roma e in un articolo del Domani. Vicenda su cui oggi riferirà al Copasir il procuratore Lo Voi – sarà il primo attesissimo faccia a faccia con esponenti del centrodestra dopo l’avviso di garanzia alla premier – e che ha fatto scattare un esposto dei Servizi contro la procura di Roma per rivelazione di segreto.
IL CASO ALMASRI
Ore di tensione, di nuovo, sui fronti sicurezza e giustizia. Mentre va avanti l’inchiesta del Tribunale di Roma sul caso Almasri innescata dalla denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti, con le ipotesi di favoreggiamento personale e peculato per la scarcerazione del generale libico. Ieri i giudici hanno acquisito, presso il dipartimento Immigrazione del Viminale, il fascicolo relativo all’espulsione del generale, arrestato su mandato della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e, una volta scarcerato, espulso perché pericoloso per la sicurezza nazionale. Inoltre anche gli atti riguardanti la posizione dei tre compagni di viaggio di Almasri, anche loro libici, per i quali il prefetto di Torino aveva decretato l’espulsione ancora prima della scarcerazione del generale per favoreggiamento di un soggetto ricercato. Agli atti del fascicolo anche il carteggio tra il Viminale e Palazzo Chigi per la predisposizione del volo dei servizi segreti che avrebbe riportato a Tripoli il militare e il cui impiego potrebbe configurare il peculato a causa della distrazione di risorse pubbliche.
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