ecco perché è incostituzionale – Notizie Cristiane

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Nei giorni scorsi, una nuova legge, votata a maggioranza dal Consiglio Regionale, ha reso la Toscana la prima regione italiana a legalizzare il suicidio assistito. Un’approvazione avvenuta, per ironia della sorte o forse – chissà – per malafede, proprio l’11 febbraio, Giornata Mondiale del Malato.

Perché una legge

Il testo della legge regionale recepisce la sentenza n° 242/2019 della Corte Costituzionale, legata al caso Dj Fabo-Cappato, e mira a fornire un servizio pubblico che accompagna alla morte chi rientra nei criteri stabiliti dalla sentenza. Gli estensori della nuova normativa si sono premurati di presentare il testo come una “semplice” disciplina del fine-vita, evitando qualunque allusione terminologica al suicidio assistito e presentando tale legge come un realistico recepimento di una realtà fattuale storico-antropologica, ovvero l’aumento – vero o presunto – del numero di pazienti (non necessariamente malati terminali) che versano in condizioni di sofferenza psico-fisica così acuta da giustificare un desiderio di porre fine alla vita stessa. Come già spiegato da Pro Vita & Famiglia, tuttavia, si tratta di una “foglia di fico” finalizzata a (mal)celare la quasi totale mancanza di applicazione della legge 38/2010, che disciplina la somministrazione delle cure palliative.

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I dettagli della norma

Sul piano pratico, la nuova legge toscana stabilisce un tempo di 20 giorni, nel corso del quale – previo parere preliminare del Comitato per l’etica nella clinica – andrà stabilito se sussistono o meno i requisiti per l’accesso al suicidio assistito secondo i criteri fissati dalla menzionata sentenza della Consulta: chi ne farà richiesta dovrà quindi essere «una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». Se i requisiti vengono riconosciuti, seguiranno ulteriori dieci giorni, utili a definire le modalità del “servizio”, a partire dalla scelta del farmaco. Trascorso questo tempo, la norma garantisce l’esecuzione della procedura di morte, con il benestare del sistema sanitario regionale. Una norma, va da sé, che è ipocrita e crudele in quanto – implicitamente – considera i malati gravi come un costo sociale, eludendo l’applicazione delle già citate cure palliative, che continuano a non ricevere il supporto economico che meriterebbero, con buona pace di chi – anche a ragione – si fa sostenitore del progresso scientifico a servizio dell’umanità.

Perché è incostituzionale

La legge della Toscana sul suicidio assistito, comunque, non è soltanto ingiusta sul piano etico, ma imprime anche un serio vulnus giuridico. Sono numerosi, infatti, gli esperti che ritengono tale norma incostituzionale. Tra questi ultimi, figura Aldo Rocco Vitale, Visiting Professor presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e dottore di ricerca in Storia e Teoria generale del diritto europeo presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma. Raggiunto telefonicamente da Pro Vita & Famiglia sul testo recentemente approvato, Vitale mette innanzitutto in luce l’assenza di un «potere di legittimazione», trattandosi di una materia «di competenza statale e non regionale». Le regioni, osserva il docente, «non hanno nessuna legittimità costituzionale per disciplinare in ambito penalistico» materie come quelle attinenti al fine vita. Sotto un altro profilo, la nuova legge toscana si presenta «in contrasto proprio con la stessa sentenza che i suoi sostenitori pretendono di attuare». Un terzo profilo di cui va tenuto conto, secondo Vitale, risiede nel fatto che, pur avendo la Corte Costituzionale richiesto l’intervento del legislatore in tema di fine vita, «è anche vero che il legislatore gode di una sua autonomia e di una sua discrezionalità. Quindi è sempre il legislatore statale nazionale, ovvero il Parlamento, a dover stabilire se e come e quando intervenire da un punto di vista normativo». In questa libertà riconosciuta dalla Corte al Parlamento, «rientra anche la possibilità concreta legittima di non legiferare». Dinnanzi al proliferare di leggi analoghe (da ricordare anche i tentativi falliti in Lombardia, Piemonte, Veneto), conclude Vitale, è auspicabile che il governo, quanto prima, impugni tali normative davanti alla Corte Costituzionale, la quale «quasi sicuramente dichiarerà l’incostituzionalità per mancanza di legittimazione competenza dei Consigli regionali a legiferare su questo genere di materie».

https://www.provitaefamiglia.it/blog/suicidio-assistito-in-toscana-ecco-perche-e-incostituzionale


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