Digitale, istruzioni per l’uso – Parole di Management

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Anche le sorprese dell’ovetto Kinder si sono digitalizzate. Oggi sul foglietto a corredo della sorpresa si trova un QrCode da scansionare per ottenere un’animazione della sorpresina, un effetto ‘plus’ rispetto al banale oggetto ‘inanimato’ che i bimbi ottengono una volta seguiti i vari step di assemblaggio. Considerato che l’ovetto Kinder ha verosimilmente per target primario bambini della fascia scolare (4-10 anni), trovo abbastanza fuori luogo inserirci il riferimento all’utilizzo di un device digitale che normalmente non fa parte (si spera) della dotazione personale dei bambini di queste età.

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Perché quindi collocare in un oggetto dedicato a loro, di cui potrebbero essere semplicemente fieri autonomi costruttori o collezionisti, il riferimento all’utilizzo di un oggetto da adulto quale è lo smartphone? E inoltre, esiste un effettivo benefit nell’esperienza ‘sorpresa’ che i bambini vivono quando entrano nella dimensione digitale? Mi sento di dire di no, anche se mi sono sempre rifiutata di inforcare il cellulare come da ‘istruzioni’, per evitare che le mie bambine considerassero indispensabile il ‘passaggio digitale’ per elevare la loro esperienza di gioco. Loro si cimentano nel montaggio della sorpresa alla vecchia maniera, spesso rifiutando di leggere le istruzioni, combinando i pezzi per prove ed errori, sfruttando l’umana combinazione di mani, occhi e cervello.

Pochi giorni fa ho aiutato mia figlia quattrenne a fare degli origami. Alle istruzioni illustrate per piegare il foglio secondo determinati passaggi era affiancato un bel QrCode per visionare un video tutorial dei vari passi. Il livello di difficoltà tra il saper interpretare dei disegni di piegature e guardare il video dell’intero processo di realizzazione non è proprio lo stesso: quante risorse si risparmia di mettere in campo ai bambini con la modalità video? Troppe. Eppure, sono davvero molti i giochi, anche definiti “educativi”, che prevedono l’utilizzo di un device digitale per ‘arricchire’ (o impoverire?) l’esperienza ludica. Una nuova dimensione si dischiude e finisce per rappresentare il fulcro dell’esperienza di gioco. Prima di inquadrare il QrCode ciò che si trova ‘dall’altra parte dello stargate’ non dà segno di sé. Non lo intuisco esperendo con i sensi, analizzando indizi, segni, stimoli, non colgo nulla osservando e toccando dei pezzi o gettando sguardi diversi su una forma che esiste nello spazio. L’universo digitale si attiva, secondo la logica binaria dell’on-off, solo grazie al mezzo smartphone che diventa appendice della corporeità umana pur senza stabilire un dialogo diretto con i nostri sensi. Come una protesi che non sperimenta il tatto e non manda stimoli sensoriali al cervello.

Ocse: un adulto sue tre in Italia è analfabeta funzionale

L’intrusione del digitale a tutti i costi, laddove non porta alcun valore aggiunto a un’esperienza o all’esistenza è una delle piaghe del nostro tempo. Gli stimoli a cui siamo sottoposti per mera ‘idolatria del mezzo’ si moltiplicano e drenano attenzione reale, dispendio di risorse per l’utente che non può permettersi, in nome della Fear of missing out (Fomo), di perdere una notifica, un post, di non rispondere a un like. Il digitale spinge alla reattività immediata, all’essere sempre disponibili, costantemente online, vigili. Alla fermata del bus, sulla metro, durante il lavoro, lo studio, in bagno. Ma si tratta di una sovrastimolazione, comunque, superficiale e paradossa poiché fondata sulla volatilità del dato: condivisioni e reazioni si avvicendano talmente tanto velocemente da esistere per un tempo brevissimo. L’iperstimolazione viaggia sulla retta orizzontale del tempo a tutta velocità, rimane sulla superficie delle cose, le sfiora senza penetrarle, senza consentirne un’analisi in profondità poiché questo richiederebbe di fermarsi e perdersi il fluire di altri milioni di bit che proseguono nella loro incessante corsa verso la caducità.

Una recente analisi dell’Ocse dice che un adulto su tre in Italia è analfabeta funzionale: ha difficoltà di apprendimento e, la capacità di comprensione, elaborazione e utilizzo delle informazioni risulta al di sotto degli standard internazionali. I giovani tra i 16 e i 24 anni mostrano risultati più incoraggianti, probabilmente perché ancora stimolati dalla scuola che in qualche maniera compensa il dilagante utilizzo di device digitali e il grande impoverimento cognitivo in questa fascia d’età. Un ulteriore motivo per sviluppare una maggiore consapevolezza nel ricorso acritico all’utilizzo di strumenti digitali in ogni dimensione del nostro vivere: impariamo a mettere da parte l’automatismo che ci fa inforcare il telefono per scansionare un QrCode solo perché ce lo dice un gioco, un manifesto pubblicitario, un’App che vuole essere scaricata. Torniamo a chiederci il perché delle nostre azioni, a rivolgere la curiosità dove ci conducono i nostri sensi (anche il sesto, irreplicabile da qualsiasi macchina) e non dove ci trascinano i percorsi preconfezionati dagli algoritmi delle piattaforme. Mettiamo in tasca il telefono. Leggiamo e annusiamo la carta, usciamo all’aperto, alziamo la testa e guardiamo i passeggeri del vagone, impariamo poesie a memoria, costruiamo sorpresine senza leggere le istruzioni.

L’articolo è pubblicato sul numero di Dicembre 2024 di Persone&Conoscenze.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

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Martina Galbiati

Martina Galbiati è Responsabile Marketing della casa editrice ESTE




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