Dal Gran Sasso all’Adriatico l’Abruzzo dentro dei vini di Santone

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In un territorio fatato per il vino come quello italiano la viticoltura abruzzese e una di quelle che forse, non è ancora uscita alla ribalta per quello che effettivamente meriterebbero i valori delle sue produzioni.

Tutti gli appassionati di vino abruzzesi sono senz’altro legati ai loro prodotti enologici ostentandoli come vanto del territorio, ma a parte il campanilismo enoico, al di fuori della regione vini non hanno ancora ricevuto pienamente l’apprezzamento che meritano. I motivi sono diversi a partire dagli aspetti promozionali e organizzativi, che fanno sì che la presenza nei banchi d’assaggio delle degustazioni che si organizzano su tutto il territorio nazionale non sia così frequente.

Inoltre c’è da considerare anche il fatto che spesso i produttori dedichino principalmente le loro attenzioni sul Montepulciano d’Abruzzo, con il risultato che la grande massa lo percepisca quasi cono l’unico vino di livello prodotto in questa regione.

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Nella realtà invece il territorio è punteggiato di tante piccole realtà che producono vini di ottima fattura, e del cui si viene spesso a conoscenza solamente attraverso segnalazioni casuali di amici e conoscenti. Così è capitato con l’Azienda Santone nata dalla passione di Tito Gabriele, una vita in vigna in aziende di grandi proprietari locali per poi nel 1988 tentare l’avventura di mettersi in proprio, trasmettendo la passione ai tre figli Massimo, Pasqualino e Carlo Alberto che oggi portano avanti l’Azienda.

Il vigneto si compone di 180 ettari distribuiti tra Silvi, Atri, Roseto e Notaresco nella provincia Teramana dove si trova l’azienda, collocata tra il massiccio del Gran Sasso e l’Adriatico. All’ombra del Montepulciano d’Abruzzo prendono vita anche Cabernet Sauvignon, Pinot Grigio, Merlot, Pecorino, Trebbiano, Malvasia e Chardonnay, un mix di vitigni autoctoni ed internazionali capaci di leggere al meglio le condizioni pedoclimatiche.

L’ampiezza del vigneto consente all’Azienda una pluralità produttiva che spazia, dalla vendita di vino ad importanti brand italiani fino alla propria produzione, dal Bag in box Box all’imbottigliamento. Tra gli assaggi il Pecorino Santone 2024 ha rivelato tutta la sua immediata piacevolezza giocata sulle note fresche della frutta a polpa bianca, con mela e pera in evidenza, seguite dalla lieve sfumatura erbacea. Rispondente al palato, dinamico e di buona struttura, con la quota alcolica perfettamente integrata, gustoso e persistente.

L’altro assaggio è stato dedicato al Cerasuolo, uno dei vini abruzzesi più interessanti in assoluto su cui colpevolmente, a livello regionale, non c’è un progetto di promozione adeguato al potenziale che questo vino può esprimere.

Il Cerasuolo Santone 2024, Si presenta nel rosa vivo e invitante tipico di questi vini, e nel profilo olfattivo dolce arriva prima l’intensità del lampone, seguita dal ribes e degli altri frutti Rossi. Il sorso è intenso e di grande intensità, anche questo dotato di buona struttura è sostenuto in lunghezza dalla grande freschezza.

Un rosso travestito che si presta a grandi capacità di impiego. Per gli aperitivi sì ma, a patto di “mangiare”. Dal finger food alla cucina asiatica ma anche con delle zuppe di pesce che impieghino il pomodoro, fino alle carni bianche salsate e il ragù di cortile.

Due piccoli grandi vini capaci di donare gusto alla convivialità quotidiana in un bicchiere, che poi al di là di mode, orpelli vari, tendenze e discussioni spesso inutili, sarebbe uno dei compiti primari del vino.

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Bruno Fulco

 

 

 

 

 

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