Vertenza Versalis a Siracusa e Ragusa. No allo smantellamento della chimica di base

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Il governo eserciti un ruolo da protagonista con un tavolo che assuma la vertenza nel suo complesso. In Sicilia a rischio quasi 2.000 posti di lavoro tra Priolo e Ragusa e l’intera industria. A Priolo la terza iniziativa della campagna di mobilitazione nazionale.

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La dismissione della chimica di base rischia di avere effetti dirompenti. Nel Paese, tra diretto e indotto impatterebbe su 20 mila lavoratori. Dopo Ferrara e Brindisi, la Cgil e le categorie interessate, hanno tenuto oggi a Priolo il terzo incontro del percorso di mobilitazione per dire No a un piano “sbagliato per la chimica, per il lavoro e per  il Paese”.

 “Una scelta miope, scellerata- ha detto il segretario confederale nazionale Pino Gesmundo– che fa saltare un asse strategico e rischia di compromettere l’intero sistema industriale italiano”. Una scelta che il sindacato chiede venga modificata, ed è pronto per questo a proseguire con la mobilitazione, già sotto il ministero dell’industria il 26.  “Siamo pronti a stare al tavolo – ha sostenuto Marco Falcinelli, segretario generale nazionale Filctem – ma non per essere complici di una dismissione che peraltro renderebbe il nostro Paese dipendente dall’estero”.

Il sindacato chiede dunque al Governo di esercitare un ruolo da protagonista, convocando un tavolo ministeriale che assuma la vertenza nel suo complesso, visto l’impatto  su tutta l’industria, su diretto e indotto, quindi su più categorie di lavoratori e in definitiva su tutto il Paese.

In Sicilia

Per quanto riguarda la Sicilia, secondo le stime della Cgil, rischiano di venire meno tra diretto e indotto nell’area direttamente interessata – Siracusa e Ragusa.  quasi 2 mila posti di lavoro, 600 circa diretti e il resto indotto, considerando che per ogni lavoratore diretto se ne contato 3 dell’indotto. Un effetto domino travolgerebbe inoltre i settori collegati, non solo dell’industria chimica: dall’alimentazione alla mobilità, dalla comunicazione all’igiene e salute, coinvolgendo oltre 15 mila lavoratori .  “E’ assurdo- ha detto Gabriella Messina, segretaria confederale Cgil Sicilia coordinatrice del dibattito – che questo progetto sia avallato dal Governo nazionale dal momento che Eni è un’azienda partecipata dallo Stato e non contrastato dal governo regionale, visti gli effetti devastanti che rischia di avere. Questa industria- ha aggiunto- può avere un ruolo cruciale per realizzare concretamente la transizione ecologica senza sacrificare il benessere e la coesione sociale. Ad oggi non si hanno  invece certezze su eventuali piani di reindustrializzazione”.

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Marco Falcinelli

Del resto lo ha detto a chiare lettere Falcinelli: “Siamo stanchi di giocare una partita in cui il primo tempo è fatto di chiusure e dismissioni e il secondo non si gioca mai. Per tornare a fidarci e avere credibilità, dunque al tavolo, l’Eni deve cominciare  col fare le cose di cui ha parlato in passato e modificare completamente l’attuale piano”.

La scelta di Eni, si evince dalle slide proiettate all’inizio della manifestazione, coinvolge in Sicilia 30 imprese della chimica di base, il 10% del totale nazionale e nel complesso. Rischia inoltre di avere ricadute su 727 imprese della filiera, incluse le materie plastiche, che contano  10.366 addetti dati 2022) con i maggiori insediamenti insediate in tre a Catania, Siracusa e Ragusa (283 unità locali e 6.496 addetti), più le aziende della manutenzione e dei servizi. Il valore aggiunto dei settori indicati (più quello del comparto «minerali non metalliferi), ha totalizzato in Sicilia, nel 2022, oltre 4,2 miliardi di euro, ovvero il 4,7% del totale realizzato in regione. Il valore aggiunto delle imprese del comparto dei prodotti chimici, ha registrato in Sicilia una tendenza espansiva mediamente superiore a quella dell’Italia in complesso.

“La  chimica – ha sostenuto Falcinelli – è strategica, lo dicono sia l’Europa che il Governo italiano, allora perché non produrre più etilene e propilene? I mercati – ha aggiunto – sono ciclici, se oggi si perde domani no. Diciamo no dunque  a questo piano, non possiamo avallarlo. Possiamo stare al tavolo per gestire il cambiamento – ha proseguito- definendo bene prima il perimetro della discussione,  ma non per essere complici di una dismissione che metterebbe tutta l’industria in ginocchio. Noi guardiamo agli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori e del Paese. Questa invece è una scelta spinta dagli azionisti privati per il loro tornaconto. Ma la finanza – ha sottolineato – non può prevalere sull’industria, il nostro Paese non può consentire scelte di questo tipo”.

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Barbara Tibaldi, Fiom Cgil

“Ci batteremo fino in fondo – ha detto Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom – perché i 4.500 metalmeccanici che lavorano all’interno del polo abbiano un futuro. Chiederemo un tavolo che comprenda tutti con soluzioni credibili, non accettiamo che il futuro del siracusano venga archiviato dai piani di un’azienda pubblica”. Tibaldi ha sottolineato che “questo piano non dà speranze di futuro”, aggiungendo che “la Sicilia non ha bisogno di altre cattedrali nel deserto, che consegnerebbero interi territori alla disperazione”.

Eventuali accordi separati sul diretto, per il sndacato, oscurerebbero il problema complessivo e dell’indotto si finirebbe col non parlare più. “Non è peraltro vero – ha rilevato Falcinelli – che il diretto non è mai stato toccato, se negli anni ’80 contava 20 mila lavoratori oggi solo 7.500”.

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Alfio Mannino, Cgil Sicilia

Il segretario della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, ha detto  che “invece che smantellato il settore ha bisogno di investimento. Eni deve fare la sua parte – ha detto Mannino -, del resto se non la fa un’azienda di Stato è difficile chiedere ad altri di farlo. Questa è una vertenza strategica – ha sottolineato – una battaglia più generale per il futuro dell’industria e dei lavoratori”.

Pino Gesmundo, segretario confederale della Cgil

“Dagli incontri tenuti a Ferrara, Brindisi e ora Priolo – ha sostenuto Gesmundo – emerge grande preoccupazione anche da parte di soggetti politici e del mondo dell’imprenditoria. La chimica incide per l’80% ed è trasversale rispetto a tutta l’industria e se salta – ha rilevato – saremmo assoggettati per gli approvvigionamenti ad altri paesi, come Cina e Usa. Chiediamo una strategia industriale, se è vero come dice l’Europa che la chimica è l’industria dell’industria, in cui la chimica di base abbia ancora un ruolo. Il governo  in questo contesto – ha sostenuto – deve giocare da protagonista, in un confronto  complessivo, con l’obiettivo di non perdere un solo posto di lavoro. Dobbiamo rilanciare, non smantellare”. (a cura della Cgil Sicilia)

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