Sanità: ecco quanto spendono gli italiani per curarsi

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Quanto spendono gli italiani per le cure? Sempre di più: stando ai dati 2023 le famiglie sborsano un ‘tesoretto’ da 40,6 miliardi. Ma attenzione: quasi il 40% finisce in servizi e prestazioni inutili. 
In parallelo, c’è chi rinuncia alle cure: lo fa il 13,7% degli abitanti della Sardegna. Ma cosa sta succendendo alla sanità italiana?

“L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica, ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al Ssn”, afferma Nino Cartabellotta, commentando l’ultimo report Gimbe.

L’indagine sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023 è stata commissionata dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (ONWS) e presentata al Cnel. Sfogliando il report scopriamo che gli italiani hanno pagato di tasca propria oltre 40 miliardi di euro nel 2023, con un +26,8% tra il 2012 e il 2022.  Ma troppo spesso questo esborso riguarda prestazioni a basso valore.

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E il secondo pilastro? Come spiega Ivano Russo, presidente di ONWS, “abbiamo affidato alla Fondazione Gimbe un’analisi indipendente sulla spesa sanitaria delle famiglie, con l’obiettivo di identificare la quota che può essere realmente intermediata dalla sanità integrativa“.

La spesa per la sanità

Ebbene, nel 2023, a fronte di una spesa sanitaria totale da 176,1 miliardi di euro, di cui 130,3 miliardi di spesa pubblica (74%), e di 40,6 miliardi pagati direttamente dalle famiglie (23%), si ferma a 5,2 miliardi la spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%). Considerando solo la spesa privata, l’88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l’11,4% è intermediata.

Numeri che per Cartabellotta “riflettono tre fenomeni chiave: il sottofinanziamento pubblico, l’ipotrofia del sistema di intermediazione e il crescente carico economico sulle famiglie. Siamo molto lontani dalla soglia suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: per garantire equità e accessibilità alle cure, la spesa out-of-pocket non dovrebbe superare il 15% della spesa sanitaria totale”.

La rinuncia alle cure

In questo quadro, quello dei connazionali che rinunciano a curarsi è un tema doloroso. Ma il fenomeno è di riliavo e il report Gimbe mostra che nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici, di cui 2,5 milioni per motivi economici, con un incremento di quasi 600.000 persone rispetto al 2022.

Le differenze regionali, ancora una volta, non mancano di far riflettere: 9 Regioni superano la media nazionale (7,6%), con la Sardegna (13,7%) e il Lazio (10,5%) oltre il 10%. Al contrario, 12 Regioni si collocano sotto la media, con la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli Venezia Giulia che registrano il valore più basso (5,1%) .

Regione che vai…

Ma come si declina la spesa sui territori? Parametrando la spesa sanitaria trasmessa al Sistema Tessera Sanitaria alla popolazione residente al 1 gennaio 2023, il valore nazionale è di 730 euro pro-capite, con un range che va dai 1.023 della Lombardia ai 377 della Basilicata.

Non solo: le Regioni con migliori performance nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) registrano una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno o in Piano di rientro si collocano al di sotto.

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Mentre in Europa ecco chi spende di più

La spesa sanitaria out-of-pocket degli italiani, pari a 1.115 dollari a testa, supera sia la media Ocse che quella dei paesi Ue (entrambe pari a 906 dollari). In Europa solo Portogallo, Belgio, Austria e Lituania spendono più dell’Italia. Tuttavia, il nostro resta nettamente indietro rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda la spesa intermediata: con un valore pro-capite di 143 dollari, il dato italiano è meno della metà della media Ocse (299 dollari) e ben al di sotto della media Ue (262 dollari). Tra gli stati membri dell’Ue, ben 12 spendono più dell’Italia, dalla Danimarca all’Irlanda.

Cura e riabilitazione: le voci di spesa

Non solo: se guardiamo alle principali voci di spesa delle famiglie, troviamo l’assistenza sanitaria per cura (comprese le prestazioni odontoiatriche) e riabilitazione, che rappresenta il 44,6% del totale (18,1 miliardi di euro). Seguono i prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (36,9%, pari a 15 miliardi) e l’assistenza a lungo termine, che assorbe il 10,9% della spesa complessiva, per un totale di 4,4 miliardi.

Ma “le stime effettuate nel report indicano che circa il 40% della spesa delle famiglie è a basso valore, ovvero non apporta reali benefici alla salute. Si tratta di prodotti e servizi il cui acquisto è indotto dal consumismo sanitario o da preferenze individuali quali ad esempio esami diagnostici e visite specialistiche inappropriati o terapie inefficaci o inappropriate”, sottolinea Nino Cartabellotta.

La sanità integrativa intanto langue

Fondi sanitari, polizze individuali e altre forme di finanziamento collettivo hanno un peso limitato: nel 2023 la spesa intermediata ammonta a 5,2 miliardi, ovvero il 3% di quella  sanitaria totale e l’11,4% di quella privata.

Non solo, il 31,6% della spesa intermediata viene assorbito dai costi di gestione, mentre poco meno del 70% è destinato a servizi e prestazioni per gli iscritti. Inoltre tra il 2020 e il 2023 i fondi sanitari integrativi hanno progressivamente aumentato le risorse destinate all’erogazione di prestazioni, riducendo il margine rispetto alle quote incassate.

I rischi

“La crisi della sanità pubblica e, soprattutto, la sua incapacità di garantire prestazioni tempestive stanno spostando sempre più bisogni di salute sui fondi sanitari, mettendo a rischio la loro stessa sostenibilità“, dice Cartabellotta.

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“La sanità integrativa sostiene la salute dei lavoratori e delle loro famiglie, si alimenta grazie alle scelte delle parti sociali in sede di contratto nazionale di lavoro e rappresenta una forma avanzata di welfare sussidiario a supporto di quello pubblico. Tuttavia, può svilupparsi solo se realmente integrativa rispetto ad un Ssn in buona salute, per intermediare la quota di spesa ad elevato valore delle famiglie, grazie alle auspicate riforme”, conclude Russo. Riforme che “il settore attende da anni”.

Sanità e sostenibilità: il ruolo dei fondi integrativi al Forum One Health



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