IL CASO
La protesta è esplosa quando i familiari erano già in fila per le visite. E anche quella è stata una parte di emergenza non semplice da gestire. Una giornata dura, durissima, quella di ieri per la casa circondariale di Pescara, dopo la morte di un giovane detenuto egiziano, che si è ucciso impiccandosi in cella. Ventiquattro anni, con qualche problema di adattamento, a Pescara era arrivato da fuori regione.
LA PROTESTA
Di fatto, tutti gli allarmi lanciati dal personale di polizia penitenziaria negli ultimi anni si sono concretizzati ieri: appena si è sparsa la voce della morte del 24enne egiziano, il clima di tensione si è fatto sempre più fitto. La protesta è partita proprio dal nucleo dei connazionali del ragazzo, che hanno iniziato ad appiccare il fuoco ai materassi all’interno delle celle. Si è sprigionato un fumo acre che ha invaso tutta la sezione. È stata applicata immediatamente la procedura di sicurezza e anche gli esterni che erano arrivati per le visite sono stati fatti allontanare. Intanto, alcuni detenuti sono riusciti a raggiungere il tetto della sezione interna e il camminamento del muro di cinta: non ci sono stati comunque tentativi di evasione. Anche all’esterno è stato attivato un dispositivo, coordinato dal dirigente dell’ufficio prevenzione generale della questura, Pierpaolo Varrasso, per gestire le aree immediatamente vicine alla casa circondariale. Preoccupazione anche per la presenza dei familiari arrivati per le visite. All’interno del carcere, intanto è partita la lunga trattativa per convincere i rivoltosi a scendere dal tetto, andata a buon fine dopo qualche ora. La protesta sembrava rientrata quando, dall’interno delle celle, sono partiti nuovi incendi al piano terra, in spazi già devastati qualche settimana fa: per i vigili del fuoco, già intervenuti nella prima fase, non è stato semplice effettuare gli interventi anche tenendo conto del sovraffollamento della struttura. Le ambulanze inviate dalla centrale operativa del 118 hanno trasportato in ospedale nove agenti di polizia penitenziaria rimasti intossicati dal fumo. Medicati anche alcuni detenuti. La protesta, che avrebbe coinvolto oltre duecento persone, è rientrata nel pomeriggio, ma i vigili del fuoco in serata erano ancora al lavoro.
LA DENUNCIA
Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, sottolinea: «Sono quotidiane le nostre denunce con le quali evidenziamo che la situazione penitenziaria è sempre ad alta tensione. Alla teoria di chi parla di carceri conoscendoli poco, ossia dalla parte della polizia penitenziaria, vogliamo rispondere con la concretezza dei fatti. Che parte da un dato incontrovertibile: la polizia penitenziaria continua a “tenere botta”, nonostante le quotidiane aggressioni. Servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di tensione e violenza». Invece, il segretario della Uilpa Pp Gennarino De Fazio spiega: «Con quello di oggi, sono ben 12 i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno, cui bisogna aggiungere un operatore, mentre non si contano le tensioni. Va subito deflazionata la densità detentiva, va garantita l’assistenza sanitaria e vanno avviate riforme complessive dell’intero sistema d’esecuzione penale». Una politica di deflazione necessaria anche per Nicola Di Felice, segretario regionale di Osapp, che ribadisce come «la situazione all’interno del carcere di Pescara sia sempre più esplosiva, resa critica dal sovraffollamento». «L’esplosione di rabbia e disperazione seguita a questa drammatica perdita è il segnale di un malessere profondo che non può più essere ignorato. Non si tratta di episodi isolati: è evidente che la condizione dei detenuti sia insostenibile e che il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena venga disatteso nella realtà quotidiana» affermano Saverio Gileno, Silvia Sbaraglia ed Emanuele Castigliego dei Giovani Democratici. «Considerata la gravità dei fatti, stiamo seguendo con attenzione l’attuazione dei provvedimenti approvati di recente dal governo» aggiungono Vincenzo D’Incecco e Carla Mannetti, consiglieri regionali della Lega. In serata è trapelata la notizia del trasferimento della direttrice del carcere, Armanda Rossi, in Campania: la dirigente è indagata per omissione di atti d’ufficio e la Procura le ha notificato nei giorni scorsi l’avviso di conclusione delle indagini.
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