«Quando si raggiungerà la soglia di produzione energetica desiderata, saranno gli operatori privati ad avere il controllo della produzione rinnovabile e a determinare l’offerta, con ricadute sulle bollette energetiche»
Imperia. Le dichiarazioni di Mauro Giampaoli di Attac Imperia:
«Mentre Regione Liguria tarda ad ottemperare alla definizione delle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili e in attesa del pronunciamento del Ministero (MASE) sul progetto dell’eolico Imperia Monti Moro e Guardiabella, cresce la grande preoccupazione delle comunità. Di fatto, per come è stata congegnata l’attuale transizione e per come vengono sacrificate le procedure per la Valutazione d’Impatto Ambientale, si tratta di una privatizzazione anticipata. Quando si raggiungerà la soglia di produzione energetica desiderata, saranno gli operatori privati, magari fusi tra loro o in accordo, ad avere il controllo della produzione rinnovabile e a determinare l’offerta, con ricadute sulle bollette energetiche.
Per questo motivo, mettere in relazione il costo dell’energia con le fonti di produzione, riportando alcuni dati incongruenti, è del tutto mistificante. In Italia si spende il 23% in più a parità di consumi della media europea, ma sono gli oneri di sistema che pesano per il 16% sull’ammontare complessivo della bolletta (fonte Altroconsumo). Si tratta di un contributo versato dai consumatori che viene utilizzato, fra le altre cose, per finanziare incentivi alle fonti rinnovabili, agevolazioni alle aziende energivore, coperture economiche per il settore ferroviario e la ricerca.
Per fare chiarezza, il costo dell’energia è stabilito dalla domanda e dall’offerta sul mercato della materia prima, qualunque sia la natura della fonte. Il nodo della questione è piuttosto che l’energia, invece di essere considerata un bene comune, è diventata una merce e come tale privatizzata, gestita secondo le quotazioni giornaliere e soggetta alle logiche finanziarie dei fondi di investimento e delle imprese che la producono. Dentro questo paradosso, tra inflazione e rincaro dell’energia, tra deroghe normative e spregiudicate speculazioni, c’è chi spende (i consumatori) e c’è chi spande con extra profitti (i produttori), a partire dalle società energetiche come Eni. Tutto ciò mentre le comunità vedono saccheggiare il proprio territorio con progetti speculativi e uscire di scena gli interessi collettivi. Stiamo parlando dell’impianto di 32 aerogeneratori, visibile dalla Corsica, con costi di realizzazione enormi anche per le opere infrastrutturali necessarie, in un territorio per il quale i dati forniti dall’Atlante eolico italiano, più volte citato nello studio progettuale, non evidenziano particolari attitudini allo sfruttamento energetico, in termini di ventosità e producibilità specifica.
Viene il dubbio, alla luce di questi elementi, che si possa trattare di un’operazione di rendita da parte della ditta proponente “18 Più Energia”, che peraltro aspira ai fondi del PNRR. Non si potrebbe piuttosto avviare un piano di sviluppo energetico, democratico, diffuso e radicato, che proceda di pari passo con quello socio-economico e di rivalutazione dei territori, senza svilirli riducendoli a meri spazi di sfruttamento delle risorse?
A tal proposito il rapporto annuale dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) stima la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, al netto di una serie di fattori come la presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici. Dai risultati emerge una superficie più che sufficiente a soddisfare le previsioni 2030 del Piano nazionale per l’energia, utilizzando aree già asfaltate o costruite, purché svincolate paesaggisticamente, regione per regione senza produrre nuovo consumo di suolo e danni all’ambiente.
Nel frattempo non si parla più di decrescita, di diminuzione dei consumi energetici, di efficientamento energetico degli edifici, di regolamenti edilizi incentivanti, ma della rincorsa a un sistema di sviluppo sempre più energivoro che non ci dice in nome di che cosa dovremmo sacrificare le nostre colline e il paesaggio intatto e “ossuto” narrato in tanti racconti di Italo Calvino. Aveva già visto lungo 40 anni fa, la speculazione edilizia e il depauperamento del territorio conoscono oggi nuove frontiere».
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