Come sta cambiando il lavoro del traduttore con l’intelligenza artificiale

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Quello delle traduzioni è stato uno dei primi ambiti in cui è stata applicata l’intelligenza artificiale, dapprima con risultati molto approssimativi e poi, nel tempo, sempre più sofisticati e affidabili. Sono molte però le questioni che si sono aperte, dal rischio per il futuro professionale dei traduttori alla criticità che si lega alla responsabilità morale e giuridica delle traduzioni, fino alla considerazione generale delle ripercussioni ambientali dell’uso dell’intelligenza artificiale. Ne parliamo con Alessandra Molino, docente di Lingua inglese, linguistica e traduzione al Dipartimento di Lingue e letterature straniere e Culture moderne dell’Università di Torino e membro del gruppo di ricerca IA.T.EL che si occupa proprio di traduzione automatica. 

Quali sono i limiti principali dei sistemi basati sull’IA nei vari contesti di traduzione?

Se da un lato, grazie all’IA, la traduzione automatica (TA) ha fatto notevoli progressi nella velocità e nella resa del significato complessivo della frase, dall’altro fenomeni come la polisemia, l’ambiguità, il linguaggio figurato, la coerenza e la coesione continuano a essere problematici. Anche a livello terminologico, soprattutto nel caso di termini molto settoriali, la TA lascia a desiderare. Questo problema può essere in parte risolto con la customizzazione dei programmi di traduzione. Se un’azienda multinazionale deve produrre documenti tecnici o materiale promozionale in più lingue, può utilizzare i testi tradotti in precedenza per addestrare il proprio sistema di TA. Si otterranno così risultati più accurati dal punto di vista terminologico e stilistico, riducendo gli interventi di post-editing. Tuttavia, la customizzazione non è sufficiente per i testi che richiedono un’elevata competenza interpretativa. Pensiamo, ad esempio, alla traduzione giuridica. Le norme ISO 207771:2020 annoverano tra le competenze dei traduttori giuridici non solo quelle linguistica e traduttiva, ma anche competenze in ambito legale, la capacità di effettuare ricerche e acquisire informazioni e un’approfondita conoscenza dei sistemi giuridici delle lingue e culture in questione. Tutto questo la TA non è in grado di offrilo. 

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E per la traduzione letteraria?

Spostandoci  alla traduzione letteraria, la TA non può essere equiparata alla traduzione umana, perché la traduzione letteraria implica un atto creativo. Lo ha spiegato bene Silvia Pareschi, scrittrice e traduttrice dall’inglese, in un recente seminario dottorale dell’Associazione Italiana di Anglistica (AIA) dedicato agli Scenari dell’Intelligenza Artificiale, (Università di Roma Tre, 17 gennaio 2025).  Nel suo intervento intitolato La traduzione non è un problema da risolvere, Pareschi ha sottolineato come la traduzione letteraria si nutra della memoria del vissuto del traduttore, dell’interazione tra l’individuo e la società, elementi che la macchina non può replicare. 

L’IA offre però anche delle opportunità in termini, per esempio, di abbattimento delle barriere linguistiche?

Forse il contributo principale della TA è permettere la comprensione generale di un testo in una lingua che non si conosce. Oggi esistono numerose applicazioni sui dispositivi mobili che consentono, ad esempio, di estrapolare il testo da una fotografia e di tradurlo, una funzione molto utile per chi deve orientarsi in un paese straniero. Esistono poi strumenti di TA integrati nei software di messaggistica che agevolano la comunicazione multilingue, traducendo automaticamente i messaggi tra utenti di lingue diverse. In ambiti più specifici, la TA è impiegata in situazioni di emergenza per supportare le squadre di soccorso che non parlano la lingua del posto. Questo, ad esempio, è un settore che riceve ingenti investimenti negli Stati Uniti. 

Quali sono i problemi che si sollevano dal punto di vista delle responsabilità implicate dal processo di traduzione?

I problemi sono diversi e in alcuni casi molto complessi da affrontare. Li ha illustrati Mikel Forcada nel suo recente saggio Harmful Effects of Machine Translation and Their Mitigation: A Preliminary Taxonomy, pubblicato nel volume The Social Impact of Automating Translation. An Ethics of Care Perspective on Machine Translation a cura di Esther Monzó-Nebot e Vicenta Tasa-Fuster. Un problema riguarda l’uso non regolato delle traduzioni esistenti per addestrare i sistemi di TA, con il rischio di violazioni del diritto d’autore e danni economici per traduttori e autori. Alcuni scrittori hanno infatti citato in giudizio giganti come OpenAI e Microsoft per aver utilizzato i loro testi per addestrare i propri LLM (Large Language Models, modelli linguistici di grandi dimensioni). Un altro rischio è la disseminazione di informazioni parzialmente o totalmente errate. Se in ambiti d’uso come i siti di e-commerce, il danno maggiore è forse quello di immagine per le aziende, le conseguenze in ambiti giuridici, sanitari o legati alla sicurezza potrebbero essere ben più gravi. Per questo, oltre alla revisione umana, sarebbe utile adottare politiche di trasparenza, come avvisi che segnalino l’assenza di post-editing, una pratica ad esempio già impiegata dalla Commissione europea sulle sue pagine web tradotte senza revisione. Anche le università hanno una responsabilità. In particolare, la formazione dei futuri traduttori dovrebbe includere lo sviluppo di competenze tecnologiche. Sapere tradurre senza l’ausilio delle macchine è essenziale, così come lo sono le conoscenze relative alla linguistica, alla sociolinguistica, alla comunicazione interculturale, alla storia e alla teoria della traduzione. Tuttavia, è innegabile che la padronanza degli strumenti digitali e delle relative pratiche sia ormai indispensabile, soprattutto nella traduzione specialistica.

E poi ci sono criticità più generali, che ne pensa?

Una nota dolente è certo quella dell’impatto ambientale: l’addestramento delle macchine consuma enormi quantità di energia, emette gas serra e produce scarti tossici, con conseguenze particolarmente gravi per le comunità più vulnerabili. Anche l’uso quotidiano da parte degli utenti genera emissioni, meno intense ma sicuramente molto diffuse. Esiste poi il problema degli stereotipi di genere, molto noto e documentato. Tali stereotipi sono contenuti nei testi con cui si addestrano i sistemi di TA e sono poi riprodotti nell’output. Oltre a sensibilizzare gli utenti e a intervenire con il post-editing, le soluzioni proposte includono fornire alla macchina testi ‘virtuosi’ in grado di contrastare il bias e migliorare gli algoritmi affinché selezionino traduzioni più inclusive. 

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L’uso dell’IA mette in crisi il primato dell’inglese?

In realtà, il dibattito sull’IA applicata al linguaggio evidenzia il rischio che essa rafforzi la dominanza delle lingue più diffuse, in particolare l’inglese. Essendo la lingua più presente online e dotata di maggiori risorse digitali (corpora, testi digitalizzati, siti web), l’inglese è meglio supportato dagli strumenti di TA e dall’IA generativa. Di conseguenza, le lingue meno diffuse rischiano una crescente invisibilità, con ripercussioni sulla loro evoluzione e sopravvivenza. Nella traduzione automatica, in particolare, in assenza di dati sufficienti per tradurre tra coppie di lingue meno comuni, si utilizza spesso l’inglese come lingua ponte. Questo sistema introduce nel testo di arrivo elementi lessicali e sintattici propri di questa lingua. Ciò rischia di portare a una progressiva standardizzazione delle lingue d’arrivo secondo il modello dell’inglese. Per contrastare questo fenomeno, è fondamentale documentarlo e promuovere una maggiore consapevolezza del suo impatto, in particolare nei percorsi di formazione per traduttori. A livello tecnologico, si stanno sviluppando soluzioni per ampliare le risorse digitali delle lingue meno rappresentate. Un esempio è il progetto European Language Equality che mira a sostenere le lingue europee puntando al raggiungimento di una piena uguaglianza digitale entro il 2030. 

Quali sono dunque gli scenari che si profilano per il lavoro di traduzione? Si può considerare un settore a rischio?

Secondo l’ultima indagine annuale sullo stato dell’industria linguistica in Europa, pubblicata nel 2024 con dati riferiti al 2023 (European Language Industry Survey, ELIS), l’uso della TA sta crescendo e si prevede che diventerà presto la norma. Di fronte a questa trasformazione, le reazioni degli operatori variano: mentre le agenzie di servizi linguistici mostrano un atteggiamento generalmente positivo, i traduttori freelance si dichiarano scettici e spesso preoccupati. Il timore principale è che la crescente accettazione dell’IA possa portare a una progressiva svalutazione del lavoro umano, con conseguenze già visibili oggi. Il rapporto ELIS 2024 evidenzia infatti una crescita negativa nel 2023 per i traduttori autonomi, con una perdita netta del 4% rispetto all’anno precedente. Nel settore della traduzione letteraria, Silvia Pareschi ipotizza una segmentazione del mercato in tre livelli con ripercussioni sulla qualità dei testi: una fascia ‘bassa’, caratterizzata da traduzioni generate senza intervento umano; una fascia ‘media’, in cui l’uso della TA sarà accompagnato dalla revisione da parte di un traduttore; e una fascia ‘alta’, riservata alle traduzioni eseguite interamente da traduttori professionisti. Il settore della traduzione, quindi, è fortemente sensibile ai mutamenti in corso. Non sarà destinato a scomparire, ma si sta di sicuro trasformando. Chi lavora in questo ambito dovrà adattarsi, sviluppando competenze tecnologiche e specializzandosi nei segmenti in cui la componente umana resta un elemento imprescindibile. 



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