Caso Paragon: giornalisti e attivisti spiati, la società israeliana rescinde il contratto con l’Italia

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Paragon Solutions, l’azienda israeliana produttrice dello spyware Graphite, ha interrotto il suo contratto con l’Italia dopo le rivelazioni secondo cui il software sarebbe stato utilizzato per spiare giornalisti e attivisti. Tra i nomi coinvolti figurano Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e Luca Casarini, tra i fondatori della Ong Mediterranea Saving Humans.

La decisione di Paragon è stata riportata dal Guardian, che cita fonti vicine alla vicenda. La società israeliana, specializzata in tecnologie di sorveglianza avanzate, aveva due clienti in Italia: un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence. Entrambe sono state disconnesse dall’accesso a Graphite, un software in grado di hackerare smartphone crittografati e accedere a dati sensibili.

Il caso: spyware nei telefoni di giornalisti e attivisti

La vicenda è emersa dopo che Meta e WhatsApp hanno notificato agli interessati che i loro dispositivi erano stati infettati dal software spia. Secondo quanto dichiarato dall’azienda di Mark Zuckerberg, Graphite avrebbe potuto intercettare messaggi, foto e video senza che le vittime cliccassero su alcun link.

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Uno scandalo che coinvolge mezza Europa

L’azione di Paragon non si sarebbe limitata all’Italia. Secondo il governo, almeno 90 persone in 14 Paesi europei – tra cui Belgio, Germania, Spagna e Svezia – sarebbero state vittime dello spyware. L’Unione Europea ha preso posizione sulla vicenda: “L’accesso illegale ai dati dei cittadini è inaccettabile”, ha dichiarato il portavoce della Commissione Markus Lammert, sottolineando le tutele previste dallo European Media Freedom Act per i giornalisti.

Anche l’Ordine dei Giornalisti italiani ha denunciato la gravità dell’accaduto, ribadendo che “intercettare giornalisti è vietato dalle normative europee e contrario ai principi di libertà di stampa”.

Salvini: “Scontro tra Servizi, serve chiarezza”

Alla Camera, le opposizioni – AVS, PD e M5S – hanno chiesto un’informativa urgente per chiarire se siano stati sorvegliati anche altri giornalisti. Palazzo Chigi ha confermato che almeno sette italiani sono stati vittime di un attacco hacker tramite WhatsApp, ma ha smentito il coinvolgimento dell’intelligence italiana, escludendo che giornalisti o altre figure protette dalla legge sui servizi segreti siano stati sottoposti a controllo. Il vicepremier Matteo Salvini ha commentato la vicenda con toni critici: “Non conosco questa società, ma sembra un regolamento di conti all’interno dei Servizi di intelligence. È necessario fare chiarezza”. Anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha deciso di affondare il colpo: «Se accettiamo che si intercetti un giornalista, dotato di uno status speciale, vi immaginate che cosa può fare uno Stato con dei singoli e privati cittadini? È in gioco la privacy, che significa libertà», sottolinea l’ex premier, che in una interrogazione presentata al ministro della Giustizia Carlo Nordio vuole sapere «che tipo di attività di intercettazione svolge la Polizia penitenziaria, per escludere che abbia avuto un ruolo nella vicenda Paragon. Sono certo – scrive Renzi sulla sua newsletter Enews – che Nordio smentirà. E finalmente ci dirà qual è il corpo di polizia che ha comprato il trojan da Israele. Magari scopriremo anche se qualche italiano si è prodigato per far acquistare questo materiale e ha ricevuto compensi per questo. Io non mollo».

Mentre il governo cerca di contenere le polemiche, il Copasir ha convocato per la prossima settimana un’audizione con i vertici dell’intelligence italiana per chiarire l’uso del software Graphite. Sullo sfondo resta l’interrogativo più preoccupante: quanti altri giornalisti, attivisti e cittadini europei sono stati sorvegliati senza saperlo?


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