Un ritratto di Olly, il vincitore del Festival di Sanremo 2025

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«Zena si prende tutto», scrive Bresh su una storia Instagram a pochi minuti dalle due di notte di domenica 16 febbraio 2025. Olly ha appena vinto il 75° Festival della canzone italiana, incredulo, nonostante il quartetto con lui sul palco del teatro Ariston – Fedez, Simone Cristicchi, Brunori Sas e Lucio Corsi – fosse prettamente composto da outsider. I favoriti della vigilia (vedasi Giorgia e Achille Lauro) erano già fuori. Olly era il nuovo favorito e non solo perché gestito da Marta Donà, la manager già vincitrice di tre degli ultimi quattro Festival coi Måneskin, Mengoni e Angelina Mango. Così, il palco di un evento ospitato in Liguria, inizialmente al Salone delle feste del casinò municipale di Sanremo (dal 1951 al 1976) e ora presentato da un conduttore toscano, c’erano un ligure, un lombardo, un laziale, un calabrese e un toscano. La cabala dava Cristicchi – il Lazio è la prima regione italiana per vittorie al Festival, 19 – ed eventualmente Fedez – la Lombardia ha vinto 17 volte, tutte milanesi a parte il monzese Roberto Vecchioni: Fedez è nato a Milano – mentre i liguri profeti in patria erano semmai stati della riviera di Levante: i Ricchi e Poveri nel 1985, i Matia Bazar nel 1978 e nel 2002, la spezzina Alexia nel 2003 e Arisa nel 2014. Nessun imperiese né savonese (peccato per Annalisa). Ma Olly è genovese.

Chi è Olly, il vincitore di Sanremo 2025

La prima volta in cui a memoria ho sentito (parlare di) Olly, al secolo Federico Olivieri, nato a Genova il 5 maggio 2001, dev’essere stata nell’autunno 2022 quando sull’emittente genovese Radio Babboleo Lab girava L’anima balla, uno dei pezzi del suo album di debutto (Gira, il mondo gira, uscito a inizio 2023 e comprendente anche Bianca, Fammi morire e Tutto con te). Figlio di un avvocato e una magistrata, Olly ha vissuto nel quartiere della Foce e nel 2022 si è laureato in Economia e management d’impresa presso l’Università di Milano. La partecipazione al Festival di Sanremo 2023 con Polvere e il duetto con Lorella Cuccarini (La notte vola) lo hanno affermato, mentre il secondo album (Tutta vita, fuori nel 2024, che contiene Per due come noi con Angelina Mango, Quei ricordi là, Noi che e Devastante) è valso a Olly la definitiva ascesa con cui ha spiccato il volo e vinto il Festival nel 2025: «Ciao ma’, ciao pa’, è assurdo ma è successo». Alla fine, preso d’assalto dai fan davanti al suo albergo sanremese, Olly ha dedicato la vittoria «a tutte le persone che credono in quello che fanno e ogni giorno si impegnano come ho fatto io».

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MARCO RAVAGLI//Getty Images

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Come ricorda su Facebook Edmondo Anselmi, un’istituzione storico-statistica sul Festival della canzone italiana, Olly è il decimo vincitore baffuto di Sanremo – escludendo chi portasse barba e baffi o il pizzetto – dopo i campioni del 1958, 1959, 1962, 1966 (in tutti e quattro i casi, Domenico Modugno), 1978 (Aldo Stellita dei Matia Bazar), 1985 (Franco dei Ricchi e Poveri), 2013 (Marco Mengoni), 2017 (Gabbani) e 2020 (Diodato, che pure aveva la barba di qualche giorno). Centonovantacinque centimetri d’altezza, d’aiuto se fai il rugbista – Olly ci ha giocato per dodici anni ed è stato capitano del CUS Genova, per cui giocava da terza linea centro –, tifa per la Sampdoria e una delle domande che gli hanno posto in conferenza stampa riguardava proprio questo: «Nonostante io sia doriano, riconosco che quello che ha fatto Bresh – ironia della sorte, lui è cresciuto nella città (Bogliasco) dove si allena la Sampdoria, ndr – ed è molto bello, indipendentemente dalla rivalità calcistica. La Sampdoria però ha già una canzone che si canta allo stadio, che si chiama Lettera da Amsterdam, dei fratelli De Scalzi, ed è molto, molto bella. Non credo che al momento ci sia questa necessità o, almeno, io non ho questa urgenza». Niente Guasto d’amore in versione blucerchiata, insomma. Peraltro, Olly ha aggiunto semmai di voler dedicare un pezzo alla sua squadra del cuore dopo vent’anni di stadio, magari, e non cinque.

Come Bresh aveva dichiarato di preferire lo scudetto del Genoa alla sua vittoria al Festival di Sanremo, pure Olly si era detto disposto a barattare la sua vittoria a Sanremo con la promozione della Sampdoria in Serie A. La Samp è lontana dalla Serie A, per ora: «Quando ieri sera l’ho chiamato, mio papà stava passeggiando coi cani e mi ha detto: “Belin, non so cosa dire”. Gli ho risposto: “Neanche io”», ha raccontato Olly in conferenza stampa: «Nascondo una grande timidezza che a volte può essere scambiata per diffidenza. Da genovese, un po’ ce l’ho nel DNA, ma sono molto sensibile». Il videoclip di Balorda nostalgia era finito in cima alle tendenze su YouTube e, dopo undici anni, la bandiera genovese con la Croce di San Giorgio – rossa su sfondo bianco, di origine crociata, che secondo un mito l’Inghilterra nel medioevo avrebbe chiesto di poter utilizzare tramite pagamento di un canone d’affitto mai saldato, o almeno nel 2018 il sindaco genovese Bucci ironizzò dicendosi disposto a «chiedere alla Regina gli arretrati dell’affitto di 280 anni della croce di San Giorgio» – è tornata a sventolare a Sanremo. Anche se la storia degli inglesi e della bandiera genovese è stata largamente smentita.

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Classe 1997, genovese e genoano (pure non in quest’ordine), ha studiato a Savona spaziando tra il giornalismo e la SEO. Collabora dal 2018 con Esquire Italia, di cui dal 2022 è Digital Content Editor e dal 2024 è Digital Brand Officer. Ha scritto tra gli altri per La Gazzetta dello Sport, Rivista Undici, PianetaGenoa1893 e Cronache di Spogliatoio. Nel 2018 ha pubblicato ‘Narrami, o Dellas‘, un libro sulla Grecia vincitrice dell’Europeo 2004. Fin qui solo calcio, ma c’è tanto altro: playlist di musica elettronica, biografie, una genuina ossessione per l’IKEA e le storie scandinave.   



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