Terra dei fuochi: l’Europa condanna l’Italia

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La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato lo Stato per non avere tutelato i cittadini campani dai rischi ambientali e sanitari connessi alla gestione illegale dei rifiuti. Ora l’Italia ha due anni di tempo per sistemare le cose, ma intanto il governo valuta il ricorso contro la decisione di Strasburgo

Ciro OlivieroLibera Campania

17 febbraio 2025

Il 30 gennaio 2025 una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato lo Stato italiano per la mancata prevenzione dei rischi ambientali e sanitari connessi alla gestione dei rifiuti in Campania e, in particolar modo, nell’area meglio conosciuta come Terra dei fuochi. L’Italia ha ora due anni di tempo per procedere con interventi mirati a contrastare l’inquinamento. In caso contrario, come avviene con i provvedimenti comunitari, sono previste delle sanzioni.

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Terra dei fuochi: mea culpa con ricorso

Il 13 febbraio, ascoltato in commissione Ecomafie nell’ambito del filone d’inchiesta sul sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, pur ammettendo che il lavoro svolto sulla Terra dei Fuochi “non è stato sufficiente”, ha annunciato che è in corso una valutazione con l’avvocatura dello Stato circa la possibilità di presentare un ricorso alla Corte europea.

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Pichetto Fratin ha quindi spiegato che per le operazioni di bonifica “ci sono altri 200 milioni previsti dal contratto istituzionale di sviluppo per triennio 25-26-27″, facendo notare che a occuparsene deve essere la Regione Campania. “L’area della Terra dei fuochi non è identificata quale Sito di Interesse nazionale (Sin) e pertanto la competenza per la procedura di bonifica non è attribuita al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ma alla Regione Campania”.

Il ministro dell’Ambeinte Pichetto Fratin ha spiegato che per le operazioni di bonifica “ci sono altri 200 milioni previsti dal contratto istituzionale di sviluppo per triennio 25-26-27″, aggiungendo che deve occuparsene la Regione Campania

Riguardo alla vasta area di Giugliano (Napoli), considerata il cuore della Terra dei fuochi, il ministro ha detto che l’obiettivo “è quello di addivenire rapidamente ad una positiva conclusione della perimetrazione del Sin dell’area, al fine di dare un segnale immediato al territorio e anche alle richieste della stessa Corte europea”.

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Terra dei fuochi: cosa dice la sentenza europea

Il verdetto della Corte europea è arrivato dopo anni di battaglie e tentativi di minimizzare la portata del problema. Come quando, nel luglio 2018, durante la convention organizzata da Coldiretti dal titolo “Mai più terra dei fuochi: la Campania riparte dall’agricoltura”, il governatore Vincenzo De Luca aveva dichiarato: “Il termine Terra dei fuochi va cancellato. Lo dico anche al governo: eliminiamo questa espressione e parliamo di Napoli nord o di Caserta sud. Quella frase non ha più motivo di esistere”.

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In Europa però non la pensano così e l’Italia è ora obbligata ad adottare senza indugio misure generali adeguate per affrontare il fenomeno dell’inquinamento in quell’area. Parliamo del territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta, con una popolazione di circa 2,5 milioni di abitanti, denominato da Legambiente dal 2003, almeno sotto il profilo ambientale, Terra dei fuochi. Acerra, Caivano, Orta di Atella, Sant’Antimo, Casal di Principe, Cardito, Arzano, Marcianise, Qualiano, Succivo, San Cipriano d’Aversa sono i nomi più noti, anche se in realtà sono più di 57 i Comuni interessati dall’inquinamento.

In questi territori la Corte ha riconosciuto l’esistenza di un rischio per i residenti “sufficientemente grave, reale e accertabile”, qualificandolo come “imminente”. Inoltre i giudici hanno rilevato che non ci sono “prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione”. Come denunciato a più riprese dalle associazioni, i progressi nella valutazione dell’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, laddove sarebbe stata necessaria maggiore celerità.

La Corte ha riconosciuto l’esistenza di un rischio per i residenti “sufficientemente grave, reale e accertabile”, qualificandolo come “imminente”

“Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione – hanno scritto i giudici di Strasburgo – era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto, anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”.

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La sentenza della Cedu ricorda una precedente pronuncia del 2009 (Ricorso n. 67021/01, Tātar c. Romania ) su un caso di inquinamento causato da un impianto industriale in Romania. In quell’occasione la Corte aveva condannato lo Stato per non aver protetto adeguatamente la popolazione dai rischi ambientali, ma non aveva riconosciuto l’articolo 2 sul diritto alla vita. La decisione sulla Terra dei Fuochi segna quindi un’evoluzione giuridica significativa: per la prima volta la Corte ha stabilito che la mancata azione dello Stato di fronte a un disastro ambientale può rappresentare una minaccia diretta alla vita e non solo una violazione delle condizioni di vita dignitose.

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L’avvocata Raffaella D’Antonio, membra del Forum dei diritti umani e delle scienze sociali all’Università di Newcastle, ha spiegato che “la sentenza segna una svolta nella giurisprudenza europea sui danni ambientali. Per la prima volta la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che l’inazione dello Stato di fronte a una crisi ambientale diffusa può violare il diritto alla vita, andando oltre il tradizionale riferimento alla vita privata e familiare. Ciò rafforza il legame tra inquinamento e diritti fondamentali, chiarendo che l’assenza di un nesso scientifico immediato non può giustificare la mancata tutela della salute pubblica. La Corte ha anche sottolineato il ruolo essenziale delle associazioni e fornito indicazioni concrete sulle misure che l’Italia deve adottare, dai controlli alle bonifiche. La procedura pilota avviata blocca altri ricorsi per verificare l’efficacia delle azioni dello Stato, ma se queste saranno insufficienti il contenzioso potrà riaprirsi”.

Per la prima volta la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che l’inazione dello Stato di fronte a una crisi ambientale diffusa può violare il diritto alla vita

Terra dei fuochi: una sentenza storica

“Questa è una sentenza storica, un primo punto d’arrivo. Si inizia a dare giustizia a un territorio che la chiede da anni”. A dichiararlo è Alessandro Cannavacciuolo, il primo firmatario del ricorso presentato alla Corte europea (denominato Case of Cannavacciuolo and others v. Italy), che poi aggiunge: “Adesso ci aspettiamo che dalle chiacchiere si passi ai fatti. Abbiamo bisogno di azioni mirate, di bonifiche, di leggi dello Stato che vengano finalmente applicate. Di uno Stato che tuteli realmente un diritto sacrosanto dei cittadini: quello alla salute, alla vita. Credo che serva un vero e proprio Piano Marshall, che parta dallo stanziamento di fondi necessari per le bonifiche, ma anche uno studio specifico sullo stato di salute della popolazione”.

Per il vicepresidente della Camera ed ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che nella Terra dei fuochi ha condotto indagini per anni, “i governi guidati da Mario Draghi e Giorgia Meloni non hanno assolutamente dato priorità alle bonifiche, cancellando la direzione generale del Ministero e azzerando i fondi. Adesso sono costretti a intervenire, a prendersi carico di questa tragedia che non ha uguali in tutta Europa. Il ministero dell’Ambiente e il governo pongano la loro totale attenzione su questo dramma, hanno due anni di tempo per farlo”.

Per il vicepresidente della Camera ed ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa “i governi guidati da Mario Draghi e Giorgia Meloni non hanno assolutamente dato priorità alle bonifiche”

Secondo il referente di Libera Campania Mariano Di Palma, “la condanna dell’Italia certifica quello che denunciamo da anni: l’assenza di giustizia ambientale è una ferita aperta nella Terra dei fuochi. Per troppi anni lo Stato ha chiuso gli occhi mentre la criminalità organizzata avvelenava il nostro territorio, mettendo a rischio la salute di milioni di cittadini. Ora servono interventi concreti, una strategia chiara e un’assunzione di responsabilità immediata. Giustizia ambientale significa proteggere le persone prima degli interessi economici e criminali. Ogni giorno perso è una condanna per chi vive in queste terre”.

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Il presidente di Let’s do It! Italy Vincenzo Capasso ha osservato che “la sentenza della Cedu conferma una verità che le nostre comunità denunciano da anni: l’inazione dello Stato ha permesso alla criminalità organizzata di devastare il nostro territorio, mettendo a rischio la vita di milioni di persone. Ora l’Italia non ha più alibi: ha due anni per sviluppare una strategia globale e mettere in campo azioni concrete per fermare questa emergenza”.

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Intanto, lo scorso 8 febbraio, la rete Stop Biocidio si è riunita a Scampia per pianificare le azioni da mettere in campo dopo la sentenza, mentre sabato 15 febbraio le organizzazioni e i gruppi informali della rete si sono incontrati per costituire un comitato tecnico che li rappresenterà nelle interlocuzioni istituzionali, a partire da quelle necessarie con la Regione Campania.

Organizzazioni e i gruppi informali della rete si sono incontrati per costituire un comitato tecnico che li rappresenterà nelle interlocuzioni istituzionali

Terra dei fuochi: qui si muore ancora

“Oggi per noi è il giorno della memoria delle vittime della Terra dei fuochi”, ha detto all’agenzia stampa Agi Marzia Caccioppoli, che ha perso suo figlio Antonio di soli dieci anni per un tumore. Credeva di proteggerlo trasferendosi fuori Napoli, e invece è finita nel “triangolo della morte”: Nola, Marigliano, Acerra, Afragola. “Antonio è morto dieci anni fa. E ancora si continua a morire. Nel 2012, quando aveva nove anni, ha iniziato a stare male. All’ospedale Bambin Gesù di Roma gli hanno fatto una biopsia e la prima domanda è stata: dove vivete? Perché un glioblastoma multiforme in un bambino di quell’età non è normale”. Per anni, lei e altre madri hanno denunciato l’inquinamento della Terra dei fuochi, affrontando indifferenza e insulti. “Strasburgo ha detto che avevamo ragione, ora non possono più negare ma nulla mi ridarà mio figlio”.

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Enzo Tosti, residente a Orta di Atella (Caserta), è uno storico attivista e membro del comitato Terra dei fuochi, nonché uno dei firmatari del ricorso alla Cedu. I medici gli hanno diagnosticato un linfoma e nel suo sangue sono state rilevate concentrazioni preoccupanti di sostanze cancerogene, tra cui l’esaclorobenzene (Hcb), un composto organico che si trova nei suoli a causa degli scarichi industriali o sversamenti illegali di rifiuti tossici. “È passato molto tempo ma la sentenza è finalmente arrivata. Tuttavia, tra Caserta e Napoli la gente continua ad ammalarsi e a morire e c’è ancora chi sversa i rifiuti. È indispensabile avviare immediatamente la bonifica dei siti inquinati”.

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