Il Premio Internazionale Alexander Langer 2024 è stato assegnato congiuntamente all’organizzazione israeliana Ta’ayush e al collettivo palestinese Youth of Sumud, riconoscendo il loro impegno nella resistenza pacifica e nonviolenta nei Territori Palestinesi Occupati. Guy Butavia, portavoce di questa lotta, continua a svolgere un ruolo attivo come testimone delle gravi violazioni dei diritti umani. Il suo operato, avviato quindici anni fa, è focalizzato sull’accompagnamento di contadini e pastori palestinesi nella difesa delle loro terre e nell’esposizione pubblica degli abusi perpetrati dai coloni. Dalla sua partecipazione a un incontro organizzato a Genova da Assopace Palestina emerge il quadro drammatico della situazione attuale.
Attività sul campo e testimonianze di violenze
Butavia, insieme ai membri di Ta’ayush, ha dedicato gran parte della sua vita a documentare e combattere le forme di violenza e discriminazione a cui sono sottoposti i palestinesi. La sua testimonianza è inquietante: “Assistiamo e denunciamo demolizioni, molestie, arresti arbitrari“, racconta. È particolarmente attivo nel documentare le violenze quotidiane che riguardano non solo gli attacchi contro i coltivatori e gli allevatori, ma anche le devastazioni inflitte alle loro abitazioni. La situazione si aggrava ulteriormente in seguito agli eventi recenti, che hanno visto un’escalation della violenza nelle città palestinesi.
L’impatto dell’attacco di Hamas del 7 ottobre
Butavia esprime preoccupazione per gli sviluppi dopo l’attacco di Hamas avvenuto il 7 ottobre, che ha rappresentato un cambiamento nel panorama geostrategico per Israele. In base alla sua analisi, questo attacco ha offerto al governo di Netanyahu una “finestra di opportunità” per intensificare gli sgomberi forzati e gli attacchi diretti alla popolazione palestinese. La realtà descritta da Butavia è quella di un ecosistema di violenza crescente, con persone che subiscono arresti di massa e vivono nella paura costante di ritorsioni. “L’obiettivo sembra essere quello di eradicare la presenza palestinese dalla Cisgiordania“, sottolinea Butavia, enfatizzando il dramma che coinvolge la popolazione locale.
La repressione nei territori occupati durante la tregua
La cosiddetta tregua su Gaza, secondo l’attivista, ha avuto come risultato un’accelerazione della repressione nelle aree palestinesi occupate piuttosto che una vera diminuzione della violenza. Le testimonianze e i video mostrati da Butavia documentano come i raid non riguardino solo i campi ma anche le abitazioni, creando un clima di terrore tra le famiglie. “Coloni e soldati attaccano con sempre maggiore aggressività, mettendo in pericolo famiglie e bambini”, riferisce. L’immagine che emerge è quella di una realtà in cui la vita quotidiana per i palestinesi è caratterizzata da minacce costanti e violenze impunite.
Le difficoltà del dissenso in Israele
Il contesto di attivismo per i diritti umani in Israele è complicato. Butavia riconosce che, sebbene esistano attivisti che denunciano crimini di guerra e pratiche di pulizia etnica, molti evitano termini come “genocidio” per descrivere la situazione attuale. Questa scelta, spiega Butavia, rivela una certa ipocrisia poiché le prove della brutalità sul campo non possono essere negate. La sua posizione di attivista gli costa caro: “Accettano di essere considerati nemici dello Stato, e affrontano minacce, violenze e arresti per il loro impegno”. La pluralità di visioni su questo tema è limitata, con solo una ristretta percentuale di israeliani che sostiene le sue posizioni.
Una prospettiva di convivenza sempre più difficile
Durante l’incontro di Genova, Butavia ha discusso con Haytham Alhourani, un giovane ortopedico palestinese di Gaza, le possibilità di una coesistenza pacifica tra i due popoli. Tuttavia, in un clima di polarizzazione crescente, il futuro di tale convivenza appare incerto. “Dobbiamo avere la forza di prendere posizione, dire la verità e agire per la giustizia in modo pacifico”, afferma Butavia. La sua convinzione è che la violenza non porti mai a soluzioni durature, ma solo ad un ulteriore inasprimento dei conflitti e della sofferenza umana.
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