BRESCIA Uno scontro tra cugini, tra famiglie legate alla ‘ndrangheta calabrese. Dagli esiti sempre imprevedibili. Non siamo in Calabria ma a Brescia, in Lombardia, regione in cui la presenza della criminalità organizzata calabrese si è fatta strada negli ultimi anni, contaminando soprattutto il tessuto economico ed imprenditoriale. È qui che gli inquirenti della Distrettuale antimafia – a partire dal luglio 2020 – iniziano a registrare le frizioni tra alcuni appartenenti alle ‘ndrine calabresi. L’ultima inchiesta, quella che ha portato all’arresto di 12 persone, avrebbe documento l’esistenza di due consorterie che si sarebbero succeduta l’una all’altra nella gestione di alcune società. In un ideale schieramento, da una parte ci sono i fratelli Giovanni Natalino Cambareri (cl. ’69) finito in carcere, e Domenico Cambareri (cl. ’59) tra gli indagati; dall’altra Giuseppe Zeli (cl ’76) di Brescia, finito in carcere, e Giang Vu Hung detto “Gianni” (cl. ’79), arrestato anche lui. L’oggetto del contendere è la gestione della “Dante Srl”, dopo i contrasti col cugino dei Cambareri, Filippo Leuzzi (cl. ’74), tra gli indagati, originario di Delianuova, riconosciuto dai collaboratori di giustizia contiguo alla cosca di ‘ndrangheta Italiano-Papalia, egemone proprio a Delianuova.
I primi due, per creare una frattura insanabile all’interno della originaria consorteria criminosa, decidono di inscenare una finta rapina ai danni di Mariano Oliveri (cl. ’94) di Reggio Calabria, finito in carcere, incaricato da Vu Hung e Zeli «di ritirare, come già avvenuto in passato, una cospicua somma di denaro» da utilizzare per la «monetizzazione delle fatture per operazioni inesistenti presso i referenti cinesi nella città di Milano». I due Cambareri avrebbero potuto contare sulla complicità di Oliveri e del padre, Mario (cl. ’61) tra gli indagati, oltre che di Antonino Sgarlato, i quali, secondo l’accordo originario, si sarebbero dovuti spartire il ricavato della finta rapina, insieme ad altre famiglie in Calabria quali i Vizzari, i Cacciola e gli Utano, prontamente informate. «Con questa botta dobbiamo sistemare tutti», ma il piano non andrà proprio come previsto.
Come è emerso dall’inchiesta, la nuova articolazione operava anche in Calabria proprio in considerazione del fatto che l’obiettivo principale era destinare il denaro sottratto, o almeno una parte, alle famiglie di giù dove peraltro Sgarlato e Mariano Olivero si recheranno a bordo di un’autovettura a noleggio. Nei giorni precedenti al “colpo”, intanto, a Brescia arrivano Domenico Cambareri e Mario Oliveri, «con l’intento di individuare un luogo idoneo, a Milano, dove ricevere il denaro contante» da Mariano dopo il «ritiro della provvista da parte di quest’ultimo nella Chinatown milanese». Un primo tentativo non andrà a buon fine a causa di un potenziale malloppo di scarsa entità, così il gruppo ci riprova il giorno successivo. È il 22 luglio 2020 quando Mariano Oliveri si rende conto che stavolta il carico è ben più consistente, poco più di 600mila euro. Scortato a distanza da Domenico Cambareri e Mario Oliveri e una volta ritirato il denaro dai referenti di nazionalità cinese, si appresta a contattare il padre e i fratelli Cambareri: «tre e tre», riferendosi a due pacchi da 300mila euro ciascuno.
Una volta ricevuto l’assenso, quindi, i membri del “nuovo” sodalizio criminale portano il denaro sottratto dalla Fiat Tipo di Mariano Oliveri alla Toyota Aygo di Domenico Cambareri e Mario Oliveri. Poi lasciano Milano con il bottino da 600mila euro e tornano in provincia di Brescia, rifugiandosi in un immobile a Lonato sul Garda. Qui, come è emerso dall’inchiesta, resteranno nascosti fino al 25 luglio. Contemporaneamente, Mariano Oliveri – per rendere quanto più credibile la rapina subita agili occhi dei sodali cinesi e di Zeli e Vu Hung, abbandona la Fiat Tipo ad Arese, getta le chiavi nelle vicinanze e si provoca alcune lesioni al viso per fingere di aver subito un’aggressione, poi verrà recuperato ad Arese da Zeli, Cambareri e Sgarlato. È a questo punto, come ricostruito dagli inquirenti, che Zeli, intimorito da quanto avvenuto, dice a Cambareri che entro la fine del 2020 avrebbe lasciato la “Dante Srl” anche perché, per rientrare del denaro sottratto, «avrebbero dovuto lavorare gratis per sei mesi ed ogni “squadra” avrebbe dovuto contribuire all’ammanco apportando 200mila euro».
Il trasporto dei 600mila euro avverrà il 27 luglio 2020 ma, contemporaneamente, le forze dell’ordine organizzano un servizio di osservazione controllo pedinamento e a Scilla, gli uomini della Guardia di Finanza (allertati la sera precedente) beccano l’auto con a bordo Sgarlato e Mariano Oliveri e, dall’attività ispettiva, trovano e sequestrano all’interno dell’abitacolo denaro contante per il valore complessivo di 433.050 euro occultato nei bagagli. Zeli, nel frattempo, mangia la foglia e al telefono con Campolo gli confida la sua convinzione che, ad organizzare il colpo, sia stato proprio il gruppo Cambareri. «Non si è fatto sentire, sai dov’era? In Calabria, con Tonino e Mariano, per far la scorta…». (g.curcio@corrierecal.it)
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