Nadia Terranova: è importante che la religione e l’arte trovino dei punti di contatto

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Ai media vaticani parla la scrittrice messinese, l’ultimo romanzo “Quello che so di te” (Guanda), che avrebbe dovuto partecipare all’incontro con il Papa a Cinecittà. “Credo in una memoria creatrice, sprigionatrice di futuro. Non qualcosa che ingabbia, ma che libera, costruisce, potenzia”, confida. E sul rapporto tra i più giovani e i libri, scardina qualche luogo comune: “I ragazzi leggono molto, più degli adulti, se ben stimolati. È la mia generazione che ha smesso e non dà più nessun esempio”

Antonella Palermo – Città del Vaticano

La ricerca nel potere della memoria, individuale e collettiva, una memoria liberante. È quanto fa Nadia Terranova nel suo ultimo romanzo “Quello che so di te” (Guanda) in cui si sperimenta nell’autofiction e corre a perlustrare a ritroso un passato familiare dove il manicomio della sua città, Messina – dove viene internata la bisnonna -, non è rimosso ma è tassello che contribuisce alla comprensione di sé, come figlia, nipote, madre, moglie, donna e autrice. Mettere a fuoco nelle stratificazioni di un vissuto polifonico, fuori dagli stigmi e da riduttive ricostruzioni identitarie: questo fa la scrittrice, pluripremiata, che avrebbe partecipato, lunedì 17 febbraio, all’incontro degli artisti e del mondo della cultura con Papa Francesco. Con i media vaticani condivide qualche impressione sulla dimensione creativa e intellettuale nella società contemporanea. 

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Importante che religione e arte trovino punti di contatto

Di fronte a tentativi non rari, anche nel dibattito pubblico, in cui la memoria più che aprirsi allo sconfinamento è esercizio in cui tracciare muri respingenti, Terranova crede “in una memoria creatrice, sprigionatrice di futuro. Non qualcosa che ingabbia, ma che libera, costruisce, potenzia. Conoscere il passato – precisa – significa imparare a vedere il futuro anche nel presente”. La sua apertura si esprime anche nel modo con cui guarda ai rapporti tra le diverse dimensioni dell’interiorità: “Mi sembra importante che la religione e l’arte, che si interrogano entrambe anche se in modo diverso su limiti e possibilità del mondo umano e della sfera spirituale, trovino dei punti di contatto”. E sottolinea come in fondo “uno scrittore è qualcuno che ricrea un mondo visibile attingendo a una visione interiore. È sempre un mago, uno sciamano, un intermediario tra due mondi”.

I conflitti sono disumani e ci riguardano

Nelle pagine del libro si legge che “scrivere è appiccare incendi, bombardare città, stanare i prigionieri. I figli invece si proteggono, si strappano alle rovine, si portano via dai roghi”. È la doppia faccia della generatività. Ma cosa è l’immaginazione? “Immaginare significa percepire una realtà aumentata: vedere anche ciò che non c’è ancora, e così contribuire a renderlo possibile, o narrabile”, osserva Nadia. Follia e scrittura è un crinale non nuovo, in cui l’autrice risolve le sue paure “lasciandole esplodere, lasciando che attraversassero la pagina senza giudicarle. E così hanno trovato una forma che faceva meno paura”. Una scrittura acuminata, ostinata ma anche avvolta di profonda eleganza. In un’epoca fortemente segnata da conflitti, Terranova avverte in pieno l’impatto che questi hanno nella coscienza intellettuale: “È orribile, ingiusto e disumano vivere in un mondo costellato da guerre e genocidi. Ogni violenza mi riguarda, se non fosse così ne sarei complice”, scandisce.

La generazione degli adulti che ha smesso di leggere

Che l’Intelligenza Artificiale possa alterare il processo creativo al punto da intaccarne l’autorialità è una questione che interpella fino a preoccupare diversi artisti. Terranova non mostra particolari timori, sotto questo profilo: “Potrà scrivere tutti i romanzi del mondo, a me continueranno a interessare sempre e solo il punto di vista delle persone e la poetica degli artisti”, confida. E conclude con uno sguardo benevolo alle nuove generazioni, così spesso stigmatizzate con l’appellativo di soggetti apatici e non appassionati alla lettura. Da autrice prolifica nell’ambito della letteratura per ragazzi, conclude con una lucida riconsiderazione del tema: “Credo che i ragazzi leggano molto. Più degli adulti, quando ben stimolati. È la mia generazione che ha smesso di leggere e non dà più nessun esempio: i ragazzi chi dovrebbero imitare, se gli adulti stanno sempre al telefonino?”.



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