Da quando la gestione del servizio idrico non risulta più affidata in via esclusiva alla Pubblica Amministrazione, numerose sono le perplessità generatesi tra gli operatori del settore circa la scelta dello strumento più idoneo per il recupero delle poste non corrisposte ai Gestori da parte degli utenti finali morosi.
Così come accaduto in passato per la fornitura di energia elettrica e gas, la progressiva “privatizzazione” del servizio di fornitura idrica (che oggi vede, accanto alle Municipalizzate società che operano in regime privatistico) ha reso necessario un intervento del Regolatore chiamato ad adottare, progressivamente, specifiche disposizioni volte a tutelare le Società Fornitrici dal rischio legato alla mancata corresponsione dei canoni dovuti per il consumo di acqua.
Con la delibera REMSI (ossia il Testo per la “Regolazione della morosità nel servizio idrico integrato”) ARERA ha introdotto una disciplina dedicata al recupero del credito che pone in capo al Gestore del Servizio l’obbligo di attivarsi previamente – in via stragiudiziale – verso l’utente finale moroso mediante l’invio di un primo sollecito bonario di pagamento per procedere poi con una successiva lettera di costituzione in mora. Entrambe le missive, secondo la disposizione normativa, non possono essere inoltrate al destinatario se non trascorsi almeno dici giorni (nel primo caso) e venticinque giorni (nel secondo) decorrenti dal termine di esigibilità della fattura non saldata.
Qualora i tentativi volti alla definizione bonaria della pendenza (e al rientro dell’esposizione debitoria dell’utente finale) non dovessero sortire esito positivo, il Gestore del Servizio potrà procedere con le azioni giudiziali di recupero del credito mediante il consueto ricorso all’azione monitoria o ordinaria, oppure avvalendosi, in via alternativa, della più celere “ingiunzione fiscale” di cui al Regio Decreto n. 639 del 1910 in grado di garantire al creditore un’accelerazione dell’iter di recupero in quanto anticipatoria della fase esecutiva.
Quest’ultimo strumento sarà adottabile solo nel caso in cui la Fornitura Idrica risulti essere gestita da un Ente Pubblico che provvede autonomamente alla riscossione dei relativi canoni legati all’erogazione del servizio o per il tramite di società concessionarie della riscossione a capitale interamente pubblico (c.d. in house providing[1]) oppure quando il Gestore risulti autorizzato in tal senso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (e sia stato, all’uopo, registrato negli appositi elenchi in pubblica consultazione).
Il Regolatore ha ritenuto però opportuno bilanciare le legittime attese di recupero da parte delle Società Fornitrici con le necessarie garanzie per i consumatori (al fine di evitare – per quanto possibile – il rischio che l’erogazione di un bene essenziale come l’acqua potabile venga limitata, sospesa o addirittura disattivata) mediante una serie di disposizioni ad hoc in grado di valorizzare anche legittime e specifiche esigenze del cliente finale.
Ne sono un esempio l’individuazione di soggetti considerati “non disalimentabili” (utenze ad uso pubblico, scuole, ospedali o case di cura ed assistenza) nei riguardi dei quali sarà possibile procedere semplicemente con una mera limitazione della fornitura, ma anche l’imposizione di vincoli – in capo al Fornitore – limitanti o ostativi alla sospensione del servizio in presenza, ad esempio, di esposizione debitoria inferiore al corrispettivo annuo dovuto per la fascia di consumo agevolato, ovvero di intervenuto pagamento o intervenuta richiesta di rateizzazione del debito da parte dell’utente finale (che deve sempre essere garantita – a specifiche condizioni – dal Gestore del Servizio).
In tal direzione va letta anche la previsione che impone – in questi casi – l’erogazione di un quantitativo minimo vitale volto ad assicurare un flusso d’acqua sufficiente al sostentamento stabilendo, ad ogni modo, un immediato ripristino o riattivazione del servizio nel caso in cui la morosità venga saldata.
[1] La Corte di Cassazione Civile, Sez. III, con le recentissime sentenze n. 7365/2024 e n. 29781/2023 ha statuito come le società “in house providing” non siano soggetti distinti dalla P.A. ma vadano parificate ad un organo di questa in quanto, pur rivestendo la forma di società privata, svolgono funzioni di rilievo pubblico.
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