Lo scialpinismo su pista – Sherpa

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Lo scialpinismo su pista: un esempio dal Tirolo che anche noi dovremmo seguire. Ne scrive il rifugio Orso Bruno 2200 m che, gestito dalla Famiglia Giacomoni, serve la clientela sulle piste da sci di Folgarida, Daolasa, Marilleva e Madonna di Campiglio.

Lo scialpinismo su pista
di Rifugio Orso Bruno
(pubblicato sul profilo fb del “Rifugio Orso Bruno” il 5 gennaio 2025)

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Il Land Tirol ha dimostrato come una gestione intelligente e collaborativa possa trasformare lo scialpinismo su pista in un’attività sicura e regolamentata. Con il modello “Sicher & Fair”, sono stati introdotti tre pilastri fondamentali:

1. Decalogo di comportamento, con regole chiare per tutti gli scialpinisti.

2. Sistema di segnaletica dedicata, per garantire flussi ordinati e prevenire incidenti.

3. Serate riservate agli scialpinisti, con piste disponibili in sicurezza grazie a una pianificazione degli orari.

Questo approccio ha permesso di ridurre i conflitti con le aree sciistiche, favorendo una convivenza armoniosa tra gli appassionati di scialpinismo e gli operatori del settore.

E qui in Trentino???

L’interno del rifugio Orso Bruno

Mentre in Austria questo sistema è già una realtà, nelle nostre zone – da Folgarida, Marilleva, Madonna di Campiglio, Pejo e Tonale – fatichiamo ancora a ottenere anche il minimo indispensabile. Eppure, questo territorio appartiene alla popolazione della Val di Sole, e non è giusto che non possa goderne appieno per un’attività tanto importante per i nostri giovani e le loro famiglie.

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Gli scialpinisti chiedono da anni un accordo con le Ski Area per:

  • utilizzare UNA pista da sci in sicurezza, una volta a settimana, per ogni località, per un paio d’ore la sera. Questo permetterebbe alla gente locale di praticare uno sport salutare anche dopo l’orario di lavoro, favorendo unione e distrazione in una valle che offre poche alternative per i giovani, offrendo loro un’opzione positiva e costruttiva per il tempo libero.
  • minimizzare l’impatto sul lavoro dei gattisti: basterebbe posticipare di qualche ora la battitura della pista interessata, lasciandola per ultima quella sera.
  • gestire la sicurezza in modo sostenibile: se non fosse possibile impiegare il personale del soccorso piste, si potrebbe contare sui ragazzi volontari, pronti a garantire supporto e intervento in caso di necessità.

Inoltre, gli scialpinisti sono disposti a pagare uno stagionale dedicato, dimostrando piena collaborazione e rispetto delle regole.

Un’alternativa per i giovani, una risorsa per il territorio.

Offrire ai giovani un’alternativa salutare e sportiva, evitando che passino le serate nei bar, non sarebbe solo un beneficio per loro, ma anche un’opportunità per valorizzare il nostro territorio, promuovendo un utilizzo responsabile e condiviso delle nostre risorse montane.

Un piccolo cambiamento, per un grande passo avanti.

È ora che anche da noi si prenda esempio da iniziative virtuose come quella del Tirolo! Collaborazione, rispetto e visione da parte di tutti possono fare la differenza.

Il commento
di Carlo Crovella
Mah… tutto ciò è ancora “scialpinismo”?

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Mi capita a volte di risalire con le pelli alcuni tratti di pista, standomene diligentemente sul bordo, per evitare di dare fastidio agli sciatori che sono i veri destinatari delle piste. Utilizzare questo stratagemma può aver senso in giornate di tempo incerto o in finestre temporali molto strette, giusto per fare due passi… Però praticare lo “scialpinismo” solo (o principalmente) su pista, cioè nel modo qui descritto, a me, vecchio scarpone, non pare proprio più scialpinismo.

Una versione regolamentata (con decalogo, pannelli informativi, serate dedicate…) mi sembra la negazione stessa dello scialpinismo: è un altro sport e occorrerebbe definirlo sganciandolo completamente dal termine “scialpinismo”. Infatti so che da altre parti si chiama Speedfit, ma alla fine il vero problema non è neppure il nome.

Non sono un sostenitore dei comprensori dello sci di pista, ma personalmente ritengo che, se questa specifica attività innesca polemiche e attriti con i gestori degli impianti (e connesse rivendicazioni “sindacali”, come sopra esposto), forse converrebbe non “spingere” su tale versione dello scialpinismo, che alla fine si rivela solo un ulteriore tassello della montagna luna park.



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