Le mani della mafia sui rifiuti, il Piemonte all’ottavo posto in Italia. L’allarme di Legambiente: «Inasprire le sanzioni»

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di
Teresa Cioffi

Il Rapporto Ecomafia 2024 fotografa un campo d’azione sempre più ambito dalle organizzazioni criminali e un giro d’affari che ruota attorno allo sfruttamento dell’ambiente

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Traffico e smaltimento illegale di rifiuti, abusivismo edilizio, ciclo illecito di cemento. Legambiente ha dato un nome a questo tipo di reati e lo ha fatto per la prima volta trent’anni fa. Ha introdotto il termine Ecomafie, un neologismo che fotografa un campo d’azione sempre più ambito dalle organizzazioni criminali. Un giro d’affari che ruota attorno allo sfruttamento dell’ambiente, al sud come al nord. Il fenomeno nasce nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia), ma nel tempo si è ben diffuso e radicato anche al nord.

Il Piemonte, secondo il Rapporto Ecomafia 2024, si colloca all’ottavo posto per l’illegalità nel ciclo dei rifiuti con 466 reati accertati nel 2023, in crescita del 58,5% rispetto al 2022. Per quanto riguarda il ciclo illegale del cemento nel 2023 si sono contati 533 reati, con un aumento del 13,7% sull’anno precedente. «Il Piemonte, inoltre, è la quinta regione d’Italia per incendi agli impianti di trattamento e ai capannoni abbandonati — spiega Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente —. E anche nella nostra regione c’è lo zampino della ‘ndrangheta per la gestione illegale dei rifiuti». In questo quadro, Torino si piazza al quindicesimo posto nella classifica delle province italiane per il ciclo illegale dei rifiuti.
 
Un dato in realtà poco rassicurante se si considera che in graduatoria quella torinese è prima provincia del nord Italia con 127 reati e 130 illeciti amministrativi. «Un ambito, quello ambientale, dove le organizzazioni mafiose sono sempre più presenti e questo accade anche sul territorio piemontese — afferma Giovanni Bombardieri, procuratore capo di Torino —. Lo smaltimento dei rifiuti è tra i settori che si presta maggiormente agli appetiti della criminalità organizzata: garantisce ricchezza, a scapito però della salute delle comunità e dell’ambiente. Il problema non si risolve solo con le pene più alte, con l’intervento della magistratura e delle forze di polizia. Si affronta anche con una forte sensibilizzazione della collettività e un’educazione alla legalità. Ecco perché trovo fondamentale il lavoro di monitoraggio di Legambiente».




















































Associazione che, alla luce dei dati, stila delle proposte per rendere più efficace il sistema di prevenzione e di repressione dei fenomeni di criminalità organizzata che minacciano l’ambiente: «Recepire la direttiva europea per la tutela penale dell’ambiente con l’introduzione di nuovi delitti nel codice penale — fa sapere l’associazione —. Approvare il disegno di legge contro le agromafie; introdurre sanzioni adeguate per i crimini contro gli animali; inasprire le sanzioni per la gestione illecita dei rifiuti, trasformandoli in delitti di natura contravvenzionale». 

In risposta nasce l’idea di costruire un protocollo di Legalità tra Arpa Piemonte, la Prefettura di Torino, Regione Piemonte e in particolare la Commissione Legalità, presieduta da Domenico Rossi, segretario regionale Pd: «I dati non sono confortanti per il Piemonte – dice Rossi -. Non mancherà il mio impegno affinché la commissione regionale sia sempre di più un luogo di approfondimento ed elaborazione di proposte migliorative, sia dal un punto di vista legislativo che per l’attività amministrativa. Come ogni anno il rapporto Ecomafie dimostra che non bisogna mai arrendersi e che la lotta alle mafie non si può delegare, ma richiede l’impegno di ciascuno».

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