La programmazione di Fuori Orario dal 16 al 22 febbraio



BANDO CRITICA DIGITALE, chiusura anticipata al 17 febbraio!


Corso Trimestrale di Montaggio in presenza, da 19 marzo

Domenica 16 febbraio dalle 2.30 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IL SILENZIO È D’ORO

L’avventurosa storia delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (4)

a cura di Paolo Luciani

Le notti del 2/8/9/16 febbraio 2025 sono dedicate da fuori orario alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Non si tratta solo del dovuto tributo a quella che, ormai da tanti anni, è riconosciuta   come la manifestazione più importante al mondo dedicata al cinema muto. Rappresenta, infatti, anche l’occasione per raccontare la storia meravigliosa di un gruppo di amici da sempre vicini alla nostra trasmissione, anche prima che fuori orario andasse in onda! Lo faremo grazie ai materiali, tanti e spesso rari, individuati e messi a disposizione dalla Cineteca del Friuli di Gemona, da Cinemazero di Pordenone (le anime di questa avventura fin dal 1982) e dal Centro Rai di Trieste, che ha sempre dato ampio spazio a questo appuntamento.

Sono più di quaranta anni che le Giornate lavorano alla riscoperta, salvaguardia, diffusione del cinema muto; diventando un punto di riferimento non solo di storici ed esperti, ma di appassionati, curiosi, studenti; senza dimenticare il rapporto ormai indissolubile costruito con la città di Pordenone.

Nelle prime tre notti saranno trasmessi anche tre film – GOOD MORNING BABILONIA, CHAPLIN, HUGO CABRET – tutti titoli che hanno affrontato un particolare momento della storia del cinema, raccontando le vicende di uomini comuni come quelle di personalità straordinarie che hanno fatto parte di quel mondo e di un’intera epoca storica in tutta la sua complessità.

Nel corso delle notti saremo accompagnati da una lunga intervista che ci ha concesso Jay Weissberg, dal 2016 Direttore delle Giornate, incentrata non solo sul suo personale rapporto con le Giornate, ma anche sulle prospettive di crescita della manifestazione.

LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO

PORDENONE SILENT FILM FESTIVAL

Si può entrare nel gotha dei maggiori festival internazionali anche senza tappeto rosso e una copiosa presenza di star. Lo dimostrano le Giornate del Cinema Muto di Pordenone (conosciute all’estero come Pordenone Silent Film Festival), che Variety ha inserito nella lista dei 50 festival imperdibili al mondo Nate nel 1982 dalla collaborazione tra la Cineteca del Friuli di Gemona e Cinemazero di Pordenone, organizzate con un budget minimo e alla presenza di pochi esperti,  oggi un migliaio fra studiosi, archivisti, collezionisti, giornalisti, studenti, appassionati e semplici curiosi confluiscono in Friuli ogni anno, a ottobre, per una maratona cinematografica e culturale di una settimana .
Accanto alle proiezioni con accompagnamento musicale dal vivo – eseguito da un pianista, da un ensemble o da un’orchestra – e agli ospiti di prestigio, sono motivo di interesse e curiosità per il pubblico eventi collaterali come i seminari quotidiani del Collegium, le Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto, le presentazioni di novità editoriali e gli stand di FilmFair, con libri, video, rarità e cimeli da collezione.

da: PASSIONE MUTA (SILENT PASSION)

(Italia 2008/2009 b/n e colore, 50′)

Scritto, diretto e prodotto da Pasqualino Suppa; montaggio Nicola Pittarello

Con questo bel documentario di Pasqualino Suppa viene fatto il punto sulla storia delle Giornate, ormai riconosciuto da tempo come il più importante appuntamento dedicato al cinema muto. Non solo ricordi e   testimonianze di molti dei protagonisti dell’avventura del festival,   ma soprattutto un ragionamento sulla importanza dello studio del cinema muto per una conoscenza complessiva ed approfondita della storia e non solo di quella  del cinema. Una attenzione particolare viene messa nel documentario su quella che è una delle caratteristiche più importanti delle Giornate, l’accompagnamento musicale di tutti i film che vengono presentati, “perché il cinema muto non è mai stato muto, ma sempre musicato”.

da: I GIOIELLI DELLA CINETECA

(Italia 1995 b/n e colore, 40′)

di Noemi Calzolari ed Euro Metelli

nel 1995 la sede regionale Rai Friuli Venezia Giulia dedica 4 puntate speciali al lavoro della Cineteca del Friuli. In particolare, attraverso il racconto di Livio Jacob, si mette in luce come la Cineteca, a quasi venti dalla sua nascita, sia diventata non solo  un centro di ricerca sullo specifico del periodo muto  ed il motore dell’appuntamento annuale rappresentato dalle Giornate di Pordenone (con tutto il lavoro di studio, salvaguardia, restauro e riproposizione di quel cinema), ma anche un importante momento di coinvolgimento del territorio regionale attraverso il recupero della sua identità cinematografica.

In questa selezione delle puntate presentiamo integralmente la terza, dove Jacob e Sergio Grmek Germani commentano la proiezione proprio di una riscoperta della Cineteca, il film del 1915 LA SAMARITANA, esempio di cinema di propaganda antiaustriaco, curiosamente assai simile al romanzo di Ernest Hemingway ADDIO ALLE ARMI,   per l’occasione accompagnato al piano in diretta dal maestro Carlo Moser. Della quarta puntata vengono presentati ampi brani, nei quali Alberto Farassino ragiona sul senso del restauro cinematografico, anche sui suoi limiti e sulle sue opportunità spettacolari e didattiche.

L’INFORMAZIONE REGIONALE E LE GIORNATE

Antologia dei servizi giornalistici della sede Rai de Friuli   Venezia Giulia dedicati alle Giornate. In particolare, tra gli altri, quelli relativi alle edizioni del 1989 (incentrata sui 100 anni dalla nascita di Charlie Chaplin, su Augusto Genina e Harold Lloyd), 2006 (con gli omaggi per i centenari della divina Louise Brooks e della casa di produzione Nordisk Film). All’interno di questo segmento presentiamo anche una puntata della trasmissione MOVIEXTRA di Raimovie dell’ottobre 2013, dedicata alla riscoperta da parte delle Giornate del film muto di Orson Welles TOO MUCH JOHNSON, con una rara intervista al collega Ciro Giorgini di fuori orario, che ebbe una parte significativa nel recupero della pellicola.

da: NASCITA DI UN’ARTE

(Italia 2012 b/n, colore, 20′)

di Fulvio Toffoli

Giunte alla trentunesima edizione le Giornate, più che maggiorenni si interrogano sul loro futuro. Lo sviluppo dell’interesse cinetecario per il periodo muto  e a cui tanto ha contribuito il lavoro del Festival, ha accompagnato anche una diffusione ampia e non prevista verso  appassionati, studenti e pubblico indistinto; questo è dovuto anche alle forme nuove di socializzazione dovute al digitale, decisivo quindi non solo  per restauri i più ardui. In questa edizione vanno almeno segnalate la retrospettiva dedicata a Charles Dickens e la straordinaria proiezione del restauro di GIOVANNA D’ARCO di Dreyer nel Duomo di Pordenone. 

LA PASSIONE COMICA

(Italia 1984 b/n, 30′)

Regia di Sergio Grmek Germani, voce narrante Piero Tortolina

Seconda  delle quattro puntate che Sergio Germani realizza su Mack Sennett, protagonista, con la riscoperta dei suoi film, della edizione 1983 delle Giornate. Grazie alla grande disponibilità di materiali messi a disposizione dalla Cineteca del Friuli ed alla generosità del “principe dei collezionisti” Piero Tortolina, viene realizzato uno studio esemplare sul linguaggio della comicità cinematografica, muta e non solo. 

QUANTE STRADE –  CINEMA … CHE AFFARE!…

Terza puntata – I critici

(1980  colore)

di Fulvio Toffoli e Giampaolo Penco

Quale è lo stato di salute del cinema e della critica cinematografica in una città come Trieste, certo considerata di provincia, ma ricca di una storia culturale importante e cinematografica non da meno? Siamo all’inizio di un decennio dove nel cinema non assistiamo solo alla ennesima crisi, ma ad una   radicale trasformazione del ruolo storico e sociale del cinema stesso, delle sue modalità di fruizione e produzione. Basti pensare che sono gli anni dell’affermazione definitiva delle tv private, anche con la massa di film di ogni tipo che si   rovesciano verso i telespettatori, dell’avvento delle multisale, dello sviluppo di manifestazioni, festival specializzati ed eventi cinematografici, fenomeno che è certamente il portato delle iniziative che sul settore sono state realizzate negli anni ’70 dalla politica culturale di numerosi enti locali. Di tutto questo discutono, in   questa ficcante e ormai rara inchiesta, critici cinematografici di diverse   generazioni, come Mario Quargnolo, Alberto Farassino, Sergio Grmek Germani.

 

Venerdì 21 febbraio dalle 1.40 alle 6.00

OZU, VARDA: STATI DI GRAZIA

a cura di Lorenzo Esposito

INIZIO D’ESTATE     VERSIONE RESTAURATA

(Bakushū, Giappone, 1951, col.,  dur. 120’, v.o. sott. it.,)

Regia: Yasujirō Ozu

Con: Setsuko Hara, Shūji Sano, Chikage Awashima, Chishū Ryū, Kuniko Miyake, Haruko Sugimura

Altrimenti conosciuto come Il tempo del raccolto del grano, Inizio d’estate è il secondo capitolo della cosiddetta “trilogia di Noriko”. Ozu lo racconta così: “In questo film, più che la storia in sé, volevo illustrare qualcosa di più profondo, come il samsara o l’impermanenza di ogni cosa. Quindi ho faticato molto. […] Ho cercato quindi di non raccontare ogni cosa esaustivamente, e di lasciare piuttosto qua e là un che di indefinito per dare al film un gusto piacevole da assaporare successivamente” (Y. Ozu, Scritti sul cinema, a c. di F. Picollo e H Yagi, Donzelli 2016).

Noriko, segretaria a Tokyo, vive a Kamakura, Kanagawa, con la sua famiglia allargata Mamiya, che comprende i genitori Shūkichi e Shige, il fratello maggiore Kōichi, medico, la moglie Fumiko e i due giovani figli Minoru e Isamu. Un anziano zio arriva e ricorda a tutti che Noriko, che ha 28 anni, dovrebbe sposarsi. Al lavoro, il capo di Noriko, Satake, le consiglia di sposarsi con un suo amico quarantenne, il signor Manabe, uomo d’affari e giocatore di golf. Ma Noriko è di un diverso avviso e quando rivela la sua decisione, la famiglia è silenziosamente sconvolta.

CLEO DALLE 5 ALLE 7                               

(Cléo de 5 à 7, Francia, 1962, b/n, dur., 87, v. o. sott., it)

Regia: Agnès Varda

Con: Corinne Marchand, Antoine Bourseiller, Dominique Davray, Dorothée Blamk, Michel Legrand, Jean-Luc Godard, Anna Karina

Prodotto come film “nouvelle vague” a basso costo da Georges de Beauregard sulla scia di A bout de souffle  di Godard e Lola di Jacques Demy. Alle 5 del pomeriggio, il 21 giugno 1961, Cléo scoppia a piangere da una cartomante. Attende il risultato di un esame medico. Ha paura di avere un cancro. Per novanta minuti, in mezzo a orologi a pendolo che segnano il trascorrere del tempo, non la abbandoniamo per un istante.  La paura l’ha svegliata. Inizia a osservare gli altri, i passanti, gli avventori dei caffè e un’amica premurosa. Va in un parco a guardare gli alberi e incontra un soldato a fine licenza. La complicità che nasce tra i due, in questo momento pericoloso delle loro vite, placa Cléo. Lui l’accompagna all’ospedale prima di ripartire per la guerra d’Algeria. Vivono un momento di grazia nel giorno più lungo dell’anno.

“Un ritratto di donna inserito in un documentario su Parigi, ma anche un documentario su una donna e l’abbozzo di un ritratto di Parigi (…). Il film si snoda al presente. La macchina da presa non abbandona mai Cléo dalle cinque alle sei e mezzo. Se il tempo e la durata sono reali, lo sono anche i tragitti e le distanze. All’interno di questo tempo meccanico, Cléo sperimenta la durata soggettiva: “il tempo non passa mai” o “il tempo si è fermato”. Lei stessa dice: “Ci resta così poco tempo” e, un minuto dopo: “Abbiamo tutto il tempo”. Mi è sembrato interessante far sentire questi movimenti vivi e diseguali, come una respirazione alterata, all’interno di un tempo reale in cui i secondi si misurano senza fantasia”. (Agnès Varda, 1962)

 

Sabato 22 febbraio dalle 1.10 alle 7.00

ANNA ANNO ZERO (1) 

a cura di Fulvio Baglivi

ANNA (versione restaurata)                             primavisioneTV    

(Id., Italia, 1972-1975, b/n, dur., 213’40’’)

Regia: Alberto Grifi e Massimo Sarchielli

Con: Anna, Massimo Sarchielli, Vincenzo Mazza, Stefano Cattarossi, Louis Waldon

Nel 1972 l’attore Massimo Sarchielli, attore, conosce Anna, una ragazza sedicenne, incinta, che fa uso di eroina e vive per strada, a Roma, nella zona di Piazza Navona, dopo aver vagato per l’Europa ed essere stata rinchiusa in vari istituti.

Sarchielli aiuta la giovane e allo stesso tempo pensa di realizzare un film sulla sua vita, scrive una sceneggiatura e coinvolge il suo amico Alberto Grifi. All’inizio usano una Arriflex 16mm ma presto si accorgono che i soldi non sarebbero stati sufficienti per realizzare un film che, nelle intenzioni, guardava al cinema di Jean Rouch e Edgar Morin. Il passaggio al video permette a Grifi di registrare in continuazione, seguire l’idea “filmica” di Sarchielli, una sorta di regista in campo, anche se Anna si rifiuta di reinterpretare la propria vita, ma allo stesso tempo riprendere la vita di un gruppo di persone che sta provando a fare un film. Le vicende passate e presenti di Anna, la vita di strada nella Roma anni ’70, le dinamiche della troupe sono i protagonisti di un film che mette in discussione e- spesso distrugge, le regole imposte al cinema, a partire dal confine invalicabile che separa il campo e il fuori. Quando Vincenzo, l’elettricista della troupe, innamoratosi di Anna, entra di fatto tra i “protagonisti”, compie un passo radicale verso lo smantellamento del “rito del cinematografo”, come lo aveva definito Rossellini, e porta ancora più in profondità il rapporto tra cinema e mondo. Il risultato è una cosa mai vista, un film unico, un’altra verifica incerta che inventa frammento dopo frammento un nuovo modo di vivere il cinema.

Finito di girare nel 1973, Anna fu presentato nel febbraio del 1975, esattamente 50 anni fa, al Forum di Berlino, nelle stesso anno fu alla Mostra del Cinema di Venezia e l’anno successivo, maggio ’76, a Cannes. Ovunque fu accolto da ottime critiche, pur rimanendo sempre un film underground. Il Filmstudio 70, allora diretto da Adriano Aprà e Enzo Ungari, lo tenne in programmazione per mesi, facendo del film un’opera esemplare di un “nuovo cinema”.

“Grifi è il nostro Griffith”, ha scritto successivamente Aprà, perché Anna è letteralmente il capo-lavoro che dà inizio a una messa in scena del reale attraverso il video, di cui Grifi, insieme al collettivo Videobase, è un pioniere assoluto, che oggi è diventata “norma”.

GIRATI DI ANNA – PRESENTRAZIONE A VENEZIA, SETTEMBRE 1975 primavisioneTV

(Id., Italia, 1972-1975, b/n, dur., 78’)

Regia e produzione: Alberto Grifi e Massimo Sarchielli

Dopo la prima al Forum della Berlinale nel febbraio ’75, Anna viene presentato anche a Venezia, al film segue un dibattito molto partecipato, accanto ad Alberto Grifi c’è Adriano Aprà, tra i presenti si riconosce Tatti Sanguineti, autore di un intervento critico molto articolato.

Il girato di questo incontro fa parte delle 30 cassette contenenti i girati video da cui è stato montato il film, grazie al lavoro di Anna Maria Licciardello, la Cineteca Nazionale con la Fondazione Grifi e il laboratorio La camera ottica di Gorizia, queste 13 ore circa di materiali sono stati restaurati e resi accessibili.

Queste 13 ore non sono tutto il girato, che in origine era in video ½ e ¼ di pollice più alcune bobine 16mm, ma una selezione, le parti ritenute migliori o più funzionali alla realizzazione del film. Nelle prossime puntate Fuori Orario manderà in onda, per la prima volta, tutti i materiali che hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera fondamentale per la storia del cinema in Italia, nonché documenti “vivi” della Roma degli anni ’70, una città che da tempo non esiste più.


Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale





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