In Giappone le mense dei bambini sono un posto di ritrovo per i genitori

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Ti aspetti (solo) dei bambini, e vi ritrovi (anche) giovani genitori. E persino, spinti dal desiderio di compagnia, tanti “capelli bianchi”. I tavoli delle “mense per bambini” (“kodomo shokudô”) – iniziative solidali che offrono pasti gratuiti o a basso costo – hanno una vocazione intimamente “narrativa”: raccontano molto del Giappone di oggi.
A cominciare da una domanda urgente e sempre più diffusa: non solo di cibo, ma di vicinanza, di relazione, di contatto umano. Lo testimonia il loro numero: le “mense per bambini” spuntano ovunque come funghi. Lo scorso anno ne sono nate 1.734, portando così a 10.866 il loro numero complessivo. Il più alto di sempre, superiore anche del numero di scuole medie pubbliche (circa 9.200) presenti nel Paese. «Perché vengo qui? Perché ho la possibilità di parlare con lo staff e ricevere consigli sulla genitorialità», ha raccontato, al quotidiano Mainichi, Takemi Sakikawa, una dipendente aziendale di 34 anni in maternità, impegnata a rincorrere la filgioletta. «Non è solo un posto dove mangiare; è un posto dove stare in compagnia», spiega Rin Hiraoka, una volontaria di 22 anni alla “Minna no mame no ki shokudo” (“la mensa per tutti del fagiolo magico”), nella città di Takamatsu, prefettura di Kagawa.
Cosa spiega il successo delle mense? Secondo il Japan Times, alla base della loro diffusione c’è un mix di fattori. Innanzitutto la facilità con cui è possibile avviarle: non serve alcuna certificazione o registrazione. Chiunque può iniziare a gestire una mensa all’interno di strutture pubbliche, case private, ristoranti o negozi vuoti che siano organizzazioni non profit o individui singoli. Le dimensioni, la frequenza, il numero dei pasti da servire vengono decisi dal proprietario.
L’altro fattore decisivo, che ha contribuito all’aumento del numero di mense per bambini, «è il sostegno del governo giapponese: vengono forniti sussidi ai governi locali per sostenere il suo funzionamento».
Queste istituzioni filantropiche testimoniano l’esistenza di un Giappone silenzioso, solidale che si mette in moto, con il sorriso, per offrire risposte immediate a due “voragini” che insidiano la vita sociale del Paese: la povertà strisciante e la solitudine. Due mali accompagnati, spesso, dallo stigma della invisibilità. Nonostante sia una delle nazioni più ricche del mondo, riporta la Ap, il Giappone ha uno dei tassi più alti di povertà infantile tra i Paesi ricchi del mondo, «con un bambino su sette che vive in povertà. Circa la metà delle famiglie monogenitoriali vive al di sotto della soglia di povertà».
L’altro dramma è quello della solitudine, con il “dimagrimento” sempre più spinto delle famiglie. Un rapporto pubblicato dal National Institute of Population and Social Security Research del Giappone ha messo il dito nella piaga: le famiglie mononucleari rappresenteranno il 44,3% del totale nazionale entro il 2050. La cifra schizza al 54,1% a Tokyo. Si stima poi che il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni che vivono da sole salirà a 10,83 milioni entro il 2050, un aumento di 1,5 volte rispetto alla cifra del 2020. Di qui la vocazione “aperturista” delle mense, che si offrono come punti di ritrovo e accoglienza non solo per i bambini. Il settanta percento di esse non ha limiti di età e dei 18,9 milioni di utenti annuali stimati, il 70%, ovvero 13 milioni, sono bambini mentre l’altro 30% (5,9 milioni) adulti.
Come scrive il sito Nippon, «in un contesto di crescente disparità economica, le mense forniscono pasti gratuiti o a basso costo, principalmente per aiutare i bambini di famiglie monogenitoriali a uscire dalla povertà alimentare. Tuttavia, a causa della domanda sempre più diversificata, stanno iniziando a essere utilizzate di più come luoghi multigenerazionali, dai bambini agli anziani».
Lo conferma Yuasa Makoto, il presidente dell’organizzazione non-profit Musubie: «Le relazioni umane e i legami con la comunità si stanno perdendo a causa del calo del tasso di natalità e dell’invecchiamento della popolazione, insieme alla diffusione dei social. Anche le persone single e gli anziani cercano un posto in cui andare nella comunità, non solo i bambini».
Insomma le mense per bambini come piccoli laboratori di socialità. «Ho iniziato a frequentare la loro dispensa alimentare quando mia figlia era ancora all’asilo, in un periodo particolarmente difficile per me», racconta Marie Fujishima, una madre single con una bimba che ora frequenta la terza elementare. «Le persone – continua – qui sono gentili e accoglienti. Ed è stato particolarmente utile durante la pandemia, quando non potevamo incontrare altre persone».

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