A un anno dalla sconfitta in Aula, quando la legge sul fine vita venne bocciata, il governatore si prende la sua rivincita: il tema ormai è diventato centrale a livello nazionale e anche il leader della Lega apre
Un sondaggio social sul fine vita: «Sarebbe giusto, secondo te, che il Parlamento approvasse una legge sul “fine-vita”, per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?». E, no, non è un’iniziativa delle associazioni come la Luca Coscioni che si battono per una normativa che consenta a pazienti terminali di decidere di porre fine alla propria vita attraverso il suicidio medicalmente assistito. L’autore, a sorpresa, è il vice premier e segretario federale della Lega. Matteo Salvini, infatti, ha pubblicato nei giorni scorsi una foto struggente, la mano fragile che regge una flebo, e la notizia del primo caso di suicidio assistito in Lombardia, una donna di 50 anni affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni. E poi la domanda formulata in termini neutri ma inequivocabili: «Serve una legge nazionale?». Di certo non è in cima alle priorità degli alleati, da FdI a FI, anzi. Ma è pur vero, che i nodi stanno venendo al pettine.
La legge approvata dalla Toscana sarà impugnata
Nelle stesse ore Luca Zaia, il grande sconfitto dal voto in Aula esattamente un anno fa, sulla proposta di legge per il fine vita promossa dal comitato Liberi Subito dichiarava: «Fine vita, serve una legge nazionale non si può più fingere! Su fine vita e temi etici non deve prevalere la casacca politica. La legge approvata dalla Toscana sarà impugnata, ma il punto è che non possiamo fare venti leggi regionali diverse, tutte a rischio». È uno Zaia che si prende la sua rivincita morale dato che anche Salvini, spesso su posizioni antitetiche, dal crocifisso brandito sul palco in giù, ora sembra aprire uno spiraglio tutt’altro che residuale sul tema. L’allineamento di una Lega che sembra tentata da un (parziale) ritorno alle origini, piglio laico incluso, vede schierato anche l’altro governatore di peso, il lombardo Attilio Fontana. Più freddo, invece, il presidente del Friuli Venezia Giulia (e della Conferenza delle Regioni) Massimiliano Fedriga: nella sua regione la legge non è stata approvata in nome della necessità – per molti un alibi – di una norma di rango nazionale.
Il sondaggio social di Salvini
Il Veneto, ancora una volta, riaccende un dibattito destinato a durare a lungo. Marzio Favero, consigliere-filosofo della Liga, un anno fa votò no e lo rifarebbe. Quanto al sondaggio social di Salvini dice: «Perché si è inventata la democrazia rappresentativa? Perché temi seri non possono essere affrontati a livello di massa ma nemmeno da una ristretta élite, bensì dai rappresentanti del popolo. Il sondaggio può essere utile per farsi un’idea ma non può essere la bussola». Favero difende la via della sedazione profonda «perché a differenza del suicidio assistito così si accetta la morte, non la si decide. Con una legge esiste il rischio di aprire porte che poi si faticherebbero a chiudere. Ciò detto, ho il massimo rispetto per la posizione espressa dal comitato Liberi Subito ma anche per Zaia che è coerente: 30 anni fa ero il suo assessore alla Cultura e la sua posizione era già chiara». E poi c’è la scelta del presidente di procedere in autonomia con un regolamento (o una circolare) scavalcando il consiglio regionale ma, dice Favero, «il ruolo del consiglio è cambiato, lo vediamo approvando quasi soltanto iniziative di giunta. È finita l’epoca delle democrazie astratte e stiamo tornando allo Stato giurisdizionale in cui, dopo una mediazione fra corpi sociali, il vero attore politico è la giunta e non il consiglio. In questo contesto è difficile discernere il margine di discrezionalità di cui godono i presidenti».
Un regolamento per dare tempi certi ai pazienti
Fra chi ha votato convintamente contro la legge sul fine vita un anno fa c’è anche Roberto Ciambetti che del consiglio regionale è presidente. «Del sondaggio lanciato dal segretario Salvini, – penso sia nel solco della libertà di coscienza da sempre garantita in Lega su temi etici come questi». E a Zaia impegnato con un regolamento che dia tempi certi di risposta ai pazienti sul fine vita dice: «Lo comprendo benissimo perché deve dare risposte alle istanze che gli arrivano dalle persone che vivono questa situazione. Un altro conto è una legge che non sarebbe di competenza regionale. Se l’avessimo votata saremmo diventati un mezzo per tornare davanti alla Consulta da parte dell’associazione Coscioni. No, Zaia non sta scavalcando il consiglio. La legge era scritta male, tanto che la Toscana l’ha rimaneggiata. E, ripeto, una legge regionale, è cosa diversa. Quella Toscana verrà impugnata e con tutta probabilità soccomberà. Penso all’introduzione di parametri come residenza e il domicilio che rischiano, per dirne una, di innescare un triste “turismo sanitario”». Di certo, però, il tema del fine vita, anche con il «sondaggio» salviniano e le bordate poderose di Zaia, è tornato al centro del dibattito.
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