Danilo Coppola sta per morire in prigione? L’intervista shock al figlio Paolo: “Ha perso 25 chili, non mangia, ma gli rifiutano i domiciliari in clinica. La sua vita è a rischio, perché nessuno interviene? Ho scritto a politici, ma…” – MOW

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“Papà è clinicamente claustrofobico. Rifiuta il cibo, e se prova a mangiare, vomita tutto. Non riesce a riprendere peso, non sta facendo alcuno sciopero della fame volontario, come dicono i giudici. Ogni volta che lo vedo è uno shock: con due dita riesci a fargli il giro delle caviglie. È spaventoso”

Paolo, suo padre, condannato nel 2022 a sette anni di carcere con l’accusa di bancarotta, è stato estradato dagli Emirati Arabi in Italia nell’agosto 2024 e portato nel carcere Mammagialla di Viterbo per scontare un residuo di pena di 6 anni, 5 mesi e 12 giorni della condanna definitiva per il fallimento di Gruppo Immobiliare 2004 e delle società Mib Prima e Porta Vittoria. Come avete vissuto e state vivendo la cosa?

Dal punto di vista familiare – spiega il figlio dell’immobiliarista, che ha cominciato ad avere guai con la giustizia nel 2007, quando era all’apice della carriera e della ricchezza – è una sofferenza, anche perché io e papà abbiamo un rapporto che non è quello classico tra padre e figlio. Vivevamo in simbiosi e avevamo un rapporto veramente unico. Da quando è tornato in Italia è straziante.

Ma logisticamente come funzionava? Perché voi come famiglia vivete in Svizzera, mentre suo padre era negli Emirati Arabi, tecnicamente da latitante per la giustizia italiana.

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Certo, certo. Io vivo in Svizzera, papà era negli Emirati e quindi già lì soffrivamo tanto la distanza, perché io vado a scuola qui, lui stava lì, però comunque bene o male riuscivamo a tenerci in contatto, con i telefoni, con le videochiamate. Poi appena potevo andavo a trovarlo, e quindi il rapporto c’era ancora. Adesso questo rapporto è sicuramente un po’ più complicato e quando lo vado a trovare in carcere ci sono due emozioni contrastanti. Sicuramente sono felice di rivederlo, ma c’è anche una sofferenza nel vederlo così. Adesso papà sta veramente male, sta in sedia a rotelle…

Cos’ha in particolare suo padre?

Papà è clinicamente claustrofobico, con una serie di patologie acclarate sia dai nostri periti che dai periti del tribunale. Rifiuta qualunque cibo, e anche se mangia, vomita tutto.

Nell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma, che pure riconosce le condizioni precarie del detenuto, si legge che “la mancata assunzione di cibo o di integratori sia volta a rafforzare e amplificare le conseguenze del quadro psicologico in essere e quindi deve essere ricondotta alla volontarietà dell’evento finalizzata all’ottenimento della scarcerazione”. In sostanza i giudici sostengono che suo padre abbia smesso di mangiare apposta.

Non è così. Papà non riesce a riprendere peso, ha perso ormai 25 chili e non sta facendo alcuno sciopero della fame volontario. Noi dal primo momento in cui è rientrato in Italia abbiamo cercato di ottenere i domiciliari, perché c’erano già state situazioni precedenti come questa, perché la sua condizione è riconosciuta da tempo. Dopo che ce li hanno rifiutati, abbiamo fatto ricorso e il Tribunale di sorveglianza ha nominato dei consulenti medici (ctu), che hanno depositato una perizia in cui si certificava che la situazione era grave e che mio padre doveva uscire dal carcere perché incompatibile con la detenzione e che necessitava assolutamente di un percorso di recupero in una struttura sanitaria, in regime di domiciliari. La perizia, depositata a gennaio, riguardava la situazione del 17 dicembre. Situazione che da allora si è ulteriormente aggravata. Ciononostante, i domiciliari in struttura sanitaria (con braccialetto elettronico) gli sono stati negati.

Nell’ordinanza di rigetto del Tribunale si parla di “pericolosità sociale del condannato” e di “attuale ed elevato pericolo di commissione dei reati, prima tra tutti l’evasione” e di rischio di fuga nonostante il dispositivo elettronico, “che non impedisce assolutamente lo spostamento”: Inoltre, secondo i giudici, “non sussiste alcuna incompatibilità con il regime carcerario”, vista “la possibilità di gestione delle sue problematiche psicofisiche tramite viste periodiche da parte dello psicologo, dello psichiatra, del nutrizionista”.

La verità è che non c’è modo che in carcere possa migliorare, per questo è incompatibile. È il contrario di quello che hanno scritto i giudici, che si sono sostituiti ai medici da loro stessi nominati, senza mai vedere mio padre. Ma è un accanimento che è iniziato tantissimo tempo fa, questa è solo la vicenda più recente. Si parla di pericolo di fuga nonostante il braccialetto, di pericolosità sociale come fosse un boss mafioso o un terrorista, quando gli contestano reati finanziari e quando è uscito innocente da quasi tutti i continui processi a cui lo hanno sottoposto, come nel gioco “Ritenta e sarai più fortunato”. Come si può parlare di pericolosità sociale per un reato finanziario?





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