La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla Legge di Bilancio del 2023, nella quale in Governo aveva introdotto misure cosiddette di raffreddamento della rivalutazione delle pensioni superiori a quattro volte il minimo.
La sentenza è stata depositata nella giornata di venerdì, 14 febbraio, con la quale la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità e dove non vengono violati i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza che tutelano i trattamenti pensionistici.
Nell’articolo, troverai maggiori dettagli.
Cosa stabilisce la sentenza della Corte Costituzionale
Con la sentenza n. 19/2025, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla Legge di Bilancio del 2023 e ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sollevate dalla Corte dei conti delle regioni Toscana e Campania.
Per la Consulta, la garanzia della perequazione delle pensioni non annulla la discrezionalità del legislatore nel fissare il quantum di tutela di volta in volta necessario.
La sentenza sottolinea, tra l’altro, che la rivalutazione è uno strumento tecnico pensato per assicurare che le pensioni restino adeguate nel tempo e contrastino gli effetti dell’inflazione, e per garantire il rispetto dei principi di sufficienza e proporzionalità rispetto alla retribuzione.
Cosa era successo?
La sentenza riguarda due ricorsi presentati sulle norme di adeguamento delle pensioni all’indice ISTAT del costo della vita.
Nel 2023 e nel 2024, la rivalutazione degli importi è stata applicata integralmente solo alle pensioni più basse, ossia a quelle che non superano le quattro volte l’importo del minimo INPS.
Era stato previsto che gli assegni tra le quattro e le cinque volte il minimo, ovvero tra 2.102,52 euro e 2.626,90 euro lordi al mese, fossero rivalutati in misura pari all’85% del tasso di indicizzazione.
A seguire, furono rivalutati gli assegni:
- Tra le cinque e le sei volte il minimo al 53%;
- Tra sei e otto volte il minimo al 47%;
- Tra otto e volte il minimo al 37%.
Invece, per quanto riguarda gli assegni superiori a dieci volte il minimo, il recupero dell’inflazione si era fermato al 32%.
Parliamo di un taglio che permise allo Stato di ottenere un risparmio di 37 miliardi di euro fino al 2032.
I ricorsi contestano questo taglio della rivalutazione che, in via ordinaria, andrebbe applicato: al 100% alle pensioni fino a tre volte il minimo; al 90% tra tre e cinque volte; al 75% a quelle superiori a cinque volte.
Cosa cambia nel 2025
Non ci resta che spiegare qual è la situazione attuale, considerando la rivalutazione delle pensioni e la perequazione. Dal 2025, il meccanismo di perequazione è tornato a essere quello che era in vigore nel 2022.
I pensionati che percepiscono assegni fino a quattro volte il trattamento minimo, otterranno una rivalutazione del 100%. Per quanto riguarda, invece, i trattamenti tra le quattro e le cinque volte l’importo minimo, la rivalutazione è del 90%. Infine, per gli assegni superiori a cinque volte il minimo, la percentuale scende al 75%.
È importante prestare attenzione alle differenti percentuali:
- Per il 2024, la variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni era del 5,4%;
- Dal 1° gennaio 2025 è scesa allo 0,8%.
Per il 2025, ciò significa che la rivalutazione dello 0,8% riguarderà solo gli assegni superiori a quattro volte il minimo. Per quelli compresi tra 4 e 5 volte il minimo, che recuperano il 90%, l’aumento sarà dello 0,72%. Lo stesso vale per chi percepisce oltre 5 volte il trattamento minimo, con un incremento del 75%, pari allo 0,60%.
Concludiamo parlando delle pensioni inferiori o pari al trattamento minimo, fissato a 603,40 euro grazie all’aumento dello 0,8% dal 1° gennaio 2025. È previsto un incremento del 2,2%, corrispondente a 13,27 euro. In questo modo, gli assegni mensili saliranno a 616,67 euro.
Per riassumere
La Corte Costituzionale ha esaminato la Legge di Bilancio 2023 e ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sollevate dalle regioni Toscana e Campania, confermando che la rivalutazione delle pensioni non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
La sentenza stabilisce che il legislatore ha discrezionalità nel determinare il quantum della perequazione. Nel 2023 e 2024, le pensioni più basse sono state rivalutate integralmente, mentre quelle superiori hanno subito una riduzione. Dal 2025, il meccanismo di perequazione torna alle percentuali in vigore nel 2022, con rivalutazioni del 100% per le pensioni più basse e riduzioni progressiva per quelle più alte.
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